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Il Governo de L'Ulivo: Romano Prodi e il viaggio de L'Ulivo:
si riparte dalla prima tappa
17 gennaio 1998
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IL MEZZOGIORNO
 
Il problema del Mezzogiorno è dunque la prima grande questione che dobbiamo affrontare.

Il Mezzogiorno è la grande questione nazionale ancora irrisolta. L’Italia europea la deve risolvere una volta per tutte.

Noi non possiamo permetterci di sprecare la grande risorsa di potenzialità e di capacità umana e produttiva che il Mezzogiorno rappresenta.

L’internazionalizzazione della nostra economia; le opportunità nuove che l’Unione ci offre; la sfida che tutti i "sistemi-Paese" devono affrontare nella nuova realtà europea e mondiale; tutto questo ci obbliga risolvere innanzitutto la questione meridionale.

Vi sono le condizioni per poterlo fare.

La ripresa economica in corso è sostenuta dalla crescita della domanda estera proveniente dall’Europa e dal maggior peso del potere di acquisto che le famiglie italiane hanno ora a disposizione anche come conseguenza del successo della lotta all’inflazione.

Dobbiamo accompagnare la ripresa, renderla più duratura.

Dobbiamo evitare che si riaccendano focolai di inflazione legati alla piena occupazione nelle aree più sviluppate del Paese.

Dobbiamo evitare che la crescita della nostra economia lasci ancora una volta indietro il Mezzogiorno.

Noi non potremo reggere alla sfida del futuro se due quinti del Paese continueranno a vivere ai margini dello sviluppo dell’economia produttiva nazionale.

Il Mezzogiorno deve essere vissuto oggi da tutti i meridionali e da tutti gli italiani come una grande risorsa e una grande opportunità.

L’allargamento della nostra base produttiva e quindi la capacità duratura della nostra economia di sapersi adattare davvero alla nuova competizione mondiale passa attraverso la crescita del Mezzogiorno.

Per questo la lotta alla disoccupazione meridionale ma soprattutto la capacità di mettere in gioco le potenzialità del Mezzogiorno sono oggi un interesse vitale per tutto il Paese.

E quando dico per tutto il Paese mi riferisco sì al Governo ma guardo soprattutto agli imprenditori del Sud, alle imprese che devono nascere, ai giovani di queste regioni che hanno potenzialità imprenditoriale e capacità manageriale.

Guardo all’imprenditoria delle altre aree del Paese: una imprenditoria che con sempre maggiore chiarezza comprende che il Mezzogiorno non è e non può essere solo un mercato per i propri prodotti o un’occasione di incentivi per insediamenti produttivi di dubbia utilità.

Guardo alle regioni e alle città di questa parte di Italia che con fatica ma anche con sempre maggiore consapevolezza cercano di svolgere un ruolo positivo di guida e di governo dell’innovazione.

C’è però una cosa, cari amici, che deve essere detta e ripetuta sempre e in ogni occasione, specialmente in realtà come quelle meridionali che sono chiamate a scegliere oggi come costruire il loro futuro.

E’ finita per sempre l’idea che lo sviluppo possa dipendere da un intervento pubblico capace di sostituirsi all’impresa.

Anche al Sud, come al Centro, come al Nord, come in tutto il mondo, il lavoro è creato dalle imprese.

I governi, tutti i governi, da quello europeo che ancora deve pienamente nascere a quello nazionale a quelli regionali e locali che noi vogliamo rafforzare e irrobustire, possono e devono operare per garantire le condizioni dello sviluppo. Ma lo sviluppo, quello vero e duraturo, è assicurato soltanto da una capacità produttiva forte e capace di reggere il confronto sul mercato.

Per costruire l’Italia europea dobbiamo dunque operare su due fronti.

Sul fronte della società civile dobbiamo svolgere un lavoro continuo di presenza politica e culturale. La lotta a tutti i fenomeni di degrado morale e sociale che minacciano le nostre realtà deve essere senza tregua. Il nostro continuo impegno deve essere quello di spiegare ai nostri concittadini, e soprattutto ai nostri giovani, che il loro futuro sta nella loro capacità, individuale e collettiva, di liberare le energie di questa parte di Italia.

Sul fronte del governo nazionale e dei governi locali, specie là dove abbiamo la responsabilità anche della guida delle nostre comunità locali, il nostro sforzo deve essere quello di creare e difendere le condizioni dello sviluppo.

Rispetto al Mezzogiorno io vedo oggiquattro grandi priorità per la azione di governo.

  • La prima priorità:
Dobbiamo continuare senza tregua la lotta alla criminalità.

Lo Stato ha il dovere di avere il pieno controllo del territorio proprio perché solo a queste condizioni i cittadini sono davvero liberi e le imprese possono davvero svilupparsi.

La nostra gratitudine verso le forze di polizia e verso una magistratura coraggiosa e impegnata a fare fino in fondo, e a ogni costo, il proprio dovere è immensa.

  • La seconda priorità:
Dobbiamo rendere più moderna, più efficiente, più responsabile, più flessibile la nostra amministrazione.

La pubblica amministrazione, sia quella nazionale che quella regionale e locale, deve diventare un elemento di sostegno e non di intralcio allo sviluppo delle imprese e dell’economia.

E’ necessaria una rivoluzione strutturale e culturale profonda.

In un Paese che ha sempre concepito l’amministrazione come esercizio di un potere da temere e da cui difendersi dobbiamo introdurre l’idea opposta dell’amministrazione come un servizio e una risorsa su cui contare.

In un Paese che ha sempre visto l’amministrazione come la lunga mano di un lontano e temuto potere centrale, il potere di Roma, dobbiamo introdurre la convinzione che l’amministrazione è legata alla realtà sociale, culturale, economica, in cui opera ed è al servizio immediato e diretto dei cittadini.

Per questo siamo così impegnati nella riforma dell’amministrazione pubblica. Per questo crediamo così fortemente nel trasferimento di poteri, di competenze, di risorse dal centro alle regioni e alle autonomie locali.

Per questo siamo così impegnati a riformare tutto lo Stato italiano, alleggerendo l’amministrazione dei compiti diventati inutili e aumentando la capacità di flessibilità delle nostre strutture di governo.

Questa sfida è essenziale per tutto il Paese. Ma è vitale per il Sud.

Ed ecco qui una nuova grande occasione di impegno per tutti noi, donne e uomini dell’Ulivo.

Noi, il governo, la maggioranza, i partiti della coalizione, tutti stiamo facendo la nostra parte.

Alla riforma dell’amministrazione italiana stiamo dedicando un impegno pari a quello che ha caratterizzato e caratterizza la nostra azione di governo sul versante economico.

Ma la riforma dell’amministrazione è anche e soprattutto una grande questione culturale.

E’ un problema di "testa" e di "cuore".

Si tratta di cambiare il rapporto fra cittadini e potere.

Si tratta di fare fino in fondo il salto culturale necessario affinché le comunità locali sappiano e vogliano sfruttare fino in fondo le loro potenzialità.

Per questo salto culturale l’impegno dell’Ulivo è indispensabile.

L’Ulivo è nato per affrontare con la "testa" anche le questioni che riguardano prima di tutto il "cuore" e per mettere "cuore" anche dove sembra che basti la "testa".

Dare finalmente all’Italia un’amministrazione pubblica moderna e capace è una delle sfide più entusiasmanti per tutti noi.

  • La terza priorità:
Dobbiamo modernizzare di tutte le reti infrastrutturali e garantire la crescita della qualità dei nostri servizi urbani.

Noi stiamo puntando molto, non solo nel Mezzogiorno, sui sistemi-città: è questa una caratteristica della modernità e un aspetto comune alle grandi aree di sviluppo dell’Europa e del mondo.

La capacità di avere sistemi-città forti, legati da una rete moderna di infrastrutture di servizio è ormai condizione dello sviluppo.

Per questo vediamo con favore la crescita delle nostre città. L’Ulivo è anche il movimento che più di ogni altro ha saputo cogliere e capire la nuova realtà delle città impegnate a rafforzare la comunità locale ma anche a diventare fattore di crescita e di sviluppo.

Noi abbiamo dato al Paese alcuni grandi sindaci e una robusta rete di amministratori locali che, soprattutto al Sud, ha segnato la più grande innovazione di questi anni.

Sul rafforzamento delle città dobbiamo continuare a puntare.

Una moderna economia vive però non solo sulle città ma anche, e soprattutto, sulla possibilità di potenziare e di diffondere lo sviluppo nelle diverse aree del Paese.

Una moderna economia vive infine della capacità di collegamento con il resto del mondo.

Di qui l’importanza delle infrastrutture e delle reti di servizi.

Di qui le ragioni dell’impegno che mettiamo a consolidare e rafforzare il sistema di interconnessioni fra le diverse realtà del Paese.

  • La quarta priorità:
Dobbiamo assicurare una maggiore flessibilità e dinamicità dei rapporti di lavoro.

Anche su questo terreno siamo impegnati fin dall’inizio della nostra esperienza di governo. Anche su questo terreno abbiano fatto passi avanti.

La recente riforma del mercato del lavoro, che entrerà a regime nei prossimi mesi, si muove nella direzione di rendere più flessibile e più adattabile alle diverse realtà locali il mercato del lavoro.

L’obiettivo di mettere a punto strumenti e istituti che consentano di adattare la massa salariale alle necessità di nuovi investimenti o alla salvaguardia di settori in difficoltà va in questa stessa direzione.

I patti territoriali e i contratti di area, i partnernariati, la costruzione di nuove, più moderne, più leggere forme di intervento pubblico a guida e sostegno delle capacità imprenditoriali orientate allo sviluppo, tutto questo va nel medesimo senso.

La stessa questione della riduzione dell’orario di lavoro a trentacinque ore deve essere in questo senso collocata in una strategia di incentivazione e di flessibilità.

Anche per questa parte il Mezzogiorno è l’orizzonte primario di intervento.

Proprio nel Mezzogiorno noi stiamo stimolando ogni iniziativa che sia utile a favorire l’incontro fra le parti sociali in un patto oriento allo sviluppo. E’ questa del resto la filosofia che regge i patti d’area.

Dieci o quindici iniziative territoriali ben avviate valgono più di ogni legge che non abbia interlocutori reali nel mondo degli operatori.

E ogni intervento che favorisca lo sviluppo di nuove realtà produttive vale nella lotta alla disoccupazione più di mille inutili discorsi.

Nell’ambito dei Programmi istituzionali e dei Programmi regionali per le regioni meridionali abbiamo previsto per il Mezzogiorno 9.532 miliardi di agevolazioni a fronte di investimenti previsti di 20.281 miliardi con la previsione di un incremento occupazionale di 77.000 unità.

In questo terzo quadro abbiamo previsto 198 miliardi per la imprenditorialità giovanile. Abbiamo poi previsto 709 miliardi per infrastrutture stradali (Messina-Palermo; Salerno-Reggio Calabria; Cagliari-Sassari; Brindisi-Lamezia Terme). 768 miliardi sono stati stanziati per il raddoppio della dorsale ferroviaria adriatica. 15 miliardi per interventi di ammodernamento negli aeroporti del Sud. 796 milardi di investimenti nel settore delle telecomunicazioni nel Mezzogiorno. 378 miliardi di investimenti nell’ambito del Programma Risorse Idriche, per la diga di Monte Nieddu in Sardegna e per l’acquedotto di Palermo. 790 miliardi, di cui 380 già relativi a investimenti in corso di realizzazione riguardano le innovazioni negli istituti professionali di Stato e lo sforzo per ridurre la dispersione scolastica nel Mezzogiorno.

Nel dicembre 1997 poi a fronte di un costo di 200 miliardi sono stati già effettuati interventi di bonifica della discarica in Campania per un importo di 38 miliardi e 15 miliardi sono stati destinati a finanziare gli interventi contro il dissesto idrogeologico a Crotone, Messina e nelle regioni Basilicata e Molise.

Per quanto riguarda poi i Patti d’area ricordo quelli di Enna, di Siracusa, di Brindisi, di Benevento, di Lecce, delle Madonie e di Caserta. Tutti i Patti prevedevano investimenti per cifre che vanno dai 52 miliardi (le Madonie) ai 118 miliardi (Lecce) con oneri per lo Stato che vanno dai 36 miliardi (Madonie) a 76 miliardi (Lecce) a 97 miliardi (Enna) e con incrementi occupazionali previsti che vanno dalle 279 nuove unità di Benevento fino alle 2000 nuove unità di Lecce. E’ infine imminente la definizione di altri 5 Patti relativi a Nuoro, Vibo Valentia, Palermo, Miglio d’Oro e Caltanissetta.

Cari amici abbiamo parlato di Mezzogiorno, come era giusto fare oggi, in questa realtà dalla quale tre anni fa è partito il nostro lungo viaggio che ancora continua.

Ma, voi la avete capito, abbiamo parlato del Paese.

La lotta alla disoccupazione; la modernizzazione dell’amministrazione pubblica; la creazione di forti sistemi urbani; la creazione di grandi reti infrastrutturali che diffondano le occasioni di sviluppo; l’individuazione di forme moderne che disciplinino i rapporti di lavoro; la ricerca di modi nuovo di concertazione fra le parti; l’individuazione di strumenti flessibili adatti a favorire lo sviluppo delle diverse aree del Paese: tutte queste sono cose che interessano tutto il Paese, non solo il Mezzogiorno.

Fare l’Italia europea significa affrontare e risolvere positivamente queste questioni.


 

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