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Il Governo de L'Ulivo: Romano Prodi e il viaggio de L'Ulivo:
si riparte dalla prima tappa
17 gennaio 1998
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L'ITALIA IN EUROPA

Oggi l’Italia è un Paese che ha risanato i suoi conti e si presenta in Europa con una finanza pubblica assolutamente in ordine rispetto ai parametri di Maastricht.

E’ un Paese che sta dando prova di una grande stabilità, non solo perché il governo dell’Ulivo è in carica ormai da quasi ventiquattro mesi ma anche perché in questo periodo ha governato davvero, incidendo profondamente sulla realtà, attuando il suo progetto, dimostrando che anche in Italia ora esiste un governo capace di essere la guida democratica e autorevole del Paese.

Infine gli italiani sono oggi un popolo che ha riacquistato fiducia nel suo futuro.

Per la prima volta dopo più di venti anni di inutili sforzi, il dibattito sulla riforma delle nostre istituzioni costituzionali approda in Parlamento.

Per la prima volta dopo molti anni il Paese sente che è di nuovo possibile impegnarsi per progettare il proprio avvenire.

Noi non diciamo che tutto questo è solo merito nostro ed è tutto frutto dell’Ulivo.

Non lo diciamo perché non sarebbe vero e quindi non sarebbe giusto.

I risultati raggiunti e le nuove condizioni che si sono create sono il frutto di una grande impegno di tutti gli italiani.

Un impegno che ha dimostrato coi fatti che il popolo italiano è capace di grandi sforzi e di grandi sacrifici purché esso sappia a che cosa i sacrifici devono servire. Purché abbia chiaro il progetto che si persegue. Purché sia chiamato a partecipare al raggiungimento di un obbiettivo preciso, condiviso, serio, concreto, importante per sé e per i propri figli.

I risultati raggiunti sono poi il frutto di un impegno che, nel rispetto dei diversi ruoli e della logica bipolare, ha visto sia la maggioranza, l’Ulivo e i suoi alleati, che l’opposizione capaci di lavorare per il bene del Paese.

Più di una volta in questi anni l’opposizione ha saputo mostrarsi all’altezza dell’interesse vero del Paese e ha fatto prevalere il senso di lealtà nazionale sullo spirito di parte. E del resto lo stesso contesto nel quale si è svolta la discussione sulle riforme istituzionali dimostra questa ritrovata maturità della classe politica.

I risultati che abbiamo ottenuto sono però anche, e certamente, merito del nostro lavoro.

Oggi, in questo giorno che è innanzitutto un giorno di bilanci, lo voglio dire con pacatezza ma anche con convinzione: noi abbiamo governato bene.

Il governo dell’Ulivo ha mantenuto le promesse fatte.

L’Ulivo ha meritato la fiducia che ha ricevuto.

Da qui dunque partiamo oggi. O, meglio, da qui, da questa tappa intermedia, prosegue il nostro cammino e il nostro "viaggio".

Siamo riusciti a portare l’Italia in Europa.

L’Italia che volevamo e vogliamo, un’Italia europea che possa vivere dentro il circuito positivo del futuro degli europei, c’è.

Abbiamo salvato il nostro Paese dalla minaccia concreta e imminente di un degrado irreversibile.

E siamo riusciti a portare in Europa tutta l’Italia. L’Italia unita che abbiamo ereditato dalla nostra storia e che, proprio perché unita, può essere un grande Paese europeo.

E’ fallito il disegno di chi pensava che Maastricht avrebbe spaccato in due l’Italia, costringendo la nostra Nazione a dividersi intorno a due diverse monete e a due diversi Stati.

Ma proprio perché abbiamo portato l’Italia in Europa, e siamo riusciti a mantenerla tutta unita dentro alla nuova grande avventura che segnerà il nostro futuro, dobbiamo ora impegnarci in uno sforzo straordinario per metterci in condizioni di reggere alla nuova realtà che ci si apre davanti.

Ora dobbiamo costruire questa nuova Italia europea.

Fatta l’Europa dobbiamo fare gli europei.

Fatta l’Italia europea dobbiamo fare gli italiani europei.

Costruire la nuova Italia europea significa innanzitutto portare definitivamente a compimento l’unificazione profonda del nostro Paese.

In questa nuova fase della nostra storia nazionale, che possiamo davvero considerare come il nostro terzo risorgimento, noi dobbiamo innanzitutto chiudere le nostre antiche ferite nazionali.


 

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