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Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda franz il 29/02/2016, 10:12

mariok ha scritto:
franz ha scritto:
mariok ha scritto:P.S. franz non considerarmi petulante. Ma continui a riferirti a dati in percentuale sul pil.

Lo faccio perché normalmente è questo che si guarda.

Sì d'accordo, ma un abbassamento della spesa pubblica in percentuale sul pil non significa che essa sia diminuita, significa solo che è cresciuta meno del pil.

Guardare solo alle percentuali è un'arma a doppio taglio.

Per esempio, è una pratica utilizzata dal partito della spesa secondo cui una diminuzione del debito (in % sul pil) va perseguita attraverso l'aumento del pil e non mediante i tagli della spesa.


Chiaro, c'è comunque una dinamica da rispettare. La spesa ha dei componenti di costo (stipendi, consumi intermedi, investimenti, sussidi) che sono legati al PIL sia reale sia a prezzi costanti. Una spesa costante ha degli adeguamenti legati al costo della vita (per i salari) ed al costo dei beni comprati (siringhe, vetture della polizia, carta igenica). Osservare una diminuzione è quindi comunque un segno che rispetto alla nostra capacità di produrre e consumare lo stato spende un po' di meno. Ora che questo sia avvenuto grazie all'aumento della nostra capacità di produrre o tramite una diminuzione della spesa dello stato (o un misto di entrambe) mi sta bene, ci si ragiona e si vede. Se invece notiamo un aumento (anche qui vuoi per la diminuzione del PIL o l'aumento della spesa o un mix di entrambe) mi sta male ma anc he qui si ragiona e si vede perché.
Ad essere piu' precisi la riduzione della spesa poi puo' essere originata da varie azioni
1) tagli lineari su tutto
2) eliminazione di sprechi e corruzione
3) ridefinizione dei compiti dello stato
4) trucchi contabili, come il non pagare le fatture dei fornitori
e ovviamente un mix delle prime tre cose tranne l'ultima, moralmente inaccettabile.

Credo che il problema pero' cardine sia la discussione sul fatto che una spesa alta (e di conseguenza una tassazione alta) unita ad un elevato debito, siano tutti e tre fattori che deprimono la crescita della nostra capacità di produrre e consumare.
Io ne sono convinto, non so tu ed altri.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda mariok il 29/02/2016, 11:52

franz ha scritto:
Credo che il problema pero' cardine sia la discussione sul fatto che una spesa alta (e di conseguenza una tassazione alta) unita ad un elevato debito, siano tutti e tre fattori che deprimono la crescita della nostra capacità di produrre e consumare.
Io ne sono convinto, non so tu ed altri.


Spesa alta è un concetto relativo. Alta quanto? E come e chi lo stabilisce?

E poi dipende dal tipo di spesa e dal ciclo economico. In occasione delle crisi si è avuta spesso un'impennata della spesa (in % sul pil) dovuta più alla caduta del pil che ad un aumento assoluto della spesa. Attuare una politica anti-ciclica talvolta può essere più saggio che comportarsi da ragionieri.

Nota: è quello che è accaduto in Europa, dove un mercato comune, una moneta comune, istituzioni finanziarie comuni, senza un governo comune, hanno finito per affidare la necessaria politica comune all'eurostat ed ai parametri di Maastricht. Lo stesso fatto che la commissione europea ha come compito statutario e prevalente quello del controllo del rispetto dei parametri, la dice lunga sui problemi che stiamo vivendo.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda mariok il 29/02/2016, 12:32

l’analisi
Deficit, il confronto europeo
In Italia cala, ma gli altri
Paesi lo tagliano di più

L’andamento degli ultimi 7 anni in rapporto all’Europa. L’austerity non è servita
di Federico Fubini

Pochi argomenti negli ultimi anni sono stati oggetto di tante parole e di così scarsa sostanza in Italia come il deficit pubblico. Non sarà questa l’impressione di decine di milioni di contribuenti chiamati a grandi sacrifici personali per ridurlo. Né probabilmente è l’impressione di decine di governanti, i quali sul disavanzo e le relative tasse hanno messo in gioco carriere, reputazioni, eredità politiche. Non può essere un caso se Matteo Renzi non perde occasione per scagliarsi contro «l’austerità». Eppure esiste un altro punto di vista, quello della realtà letta attraverso i numeri. Osservata così la vicenda della finanza pubblica in Italia appare del tutto diversa: negli ultimi sette anni si è fatto un gran parlare del deficit dello Stato, eppure è successo poco.

Poco, per la precisione, a confronto di qualunque altro governo dell’area euro entrato nella crisi con dei problemi di bilancio. In questo affollatissimo gruppo solo Malta e la Slovenia hanno risanato meno dell’Italia. Poco importa che lo sforzo degli italiani a questo scopo sia stato (e resti) debilitante per l’economia, le imprese, le famiglie. Il grafico in pagina, sulla base dei dati del Fondo monetario internazionale, riassume ciò che è successo negli ultimi sette anni. In particolare, mostra i punti cumulati di riduzione nel rapporto percentuale fra deficit e Pil fra il 2009 e il 2015. Il 2009 è il momento più difficile perché l’Europa, ancora sotto il trauma del crash di Lehman, deve far fronte all’esplodere delle bolle immobiliari in Spagna e Irlanda e delle frodi sui conti greci. In quel momento quindici dei diciannove Paesi oggi inclusi nell’euro hanno un deficit pubblico «eccessivo», cioè sopra al 3% del loro reddito di un anno (il Pil).

In quell’anno sono tutti in recessione e il loro bilancio pubblico è nelle condizioni peggiori. Da allora però questi quindici prenderanno strade diverse. Ci sono governi che negli ultimi sette anni hanno ridotto il deficit di moltissimo, come l’Irlanda o la Grecia (per quest’ultima un risultato stupefacente, raggiunto malgrado un crollo del Pil del 29,5%). Altri governi hanno tagliato il disavanzo pubblico di molto, come Portogallo, Spagna o Slovacchia. Altri ancora lo hanno fatto un po’, e fra questi Olanda, Francia e Austria. Infine c’è il gruppo che ha risanato meno di tutti negli ultimi sette anni, cioè ha coperto meno punti di riduzione del passivo di bilancio rispetto al Pil. L’Italia è fra questi. È dietro al Belgio e davanti solo Slovenia e Malta. Naturalmente c’è una buona ragione per un’asimmetria del genere: il punto di partenza nel 2009 è diverso, alcuni governi avevano deficit al 10% o al 7% del Pil e dovevano coprire molta più strada.

È stato il caso di Spagna, Portogallo, Francia e Irlanda. Il fatto che Madrid o Parigi o Lisbona ancora oggi abbiano deficit più alti di Roma dipende dal diverso livello di partenza nel 2009, ma non implica che oggi quei tre crescano più dell’Italia perché praticano meno «austerità». Al contrario negli ultimi sette anni Spagna, Portogallo e Francia hanno raddrizzato il bilancio più dell’Italia anche in termini strutturali, cioè al netto della congiuntura economica. In realtà l’Italia ha risanato meno anche di altri Paesi che sette anni fa avevano un deficit simile (attorno al 5% del Pil) come Austria, Belgio, Cipro o Olanda. E comunque aveva anch’essa un interesse pressante a farlo, visto il debito pubblico fuori da tutte le medie. Per capire perché un Paese che ha parlato (e sofferto) tanto di austerità abbia fallito così clamorosamente gli obiettivi, forse dunque bisogna guardare altrove. Per esempio all’andamento dell’economia nello stesso periodo. Negli ultimi sette anni l’Italia, che è terzultima per la riduzione del deficit, lo è anche per i risultati del Pil. Solo Cipro e la Grecia decrescono ancora di più. Altri Paesi che hanno corretto il deficit maggiormente – Spagna e Francia su tutti - sono andati molto meglio anche sulla crescita. È probabile dunque che l’economia italiana non sia andata male perché i governi hanno ridotto troppo il deficit, ma che il deficit sia sceso poco perché l’economia resta bloccata.

Cercare di risanare un bilancio pubblico sulla base di un sistema produttivo malato ormai è uno sforzo vano. Se questo fosse vero, per rilanciare la ripresa allora non basterebbe ridurre il deficit più lentamente, o per nulla. Aiuterebbero soprattutto tante misure che il governo ha già varato per cercare di rivitalizzare il sistema produttivo. E tante altre delle quali, per adesso, ha soltanto parlato.
28 febbraio 2016 (modifica il 29 febbraio 2016 | 07:57)
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda franz il 29/02/2016, 14:08

mariok ha scritto:
franz ha scritto:
Credo che il problema pero' cardine sia la discussione sul fatto che una spesa alta (e di conseguenza una tassazione alta) unita ad un elevato debito, siano tutti e tre fattori che deprimono la crescita della nostra capacità di produrre e consumare.
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Unione sovietica = 100% di spesa pubblica su PIL, anzi è addirittura concepire il concetto di PIL.
Sull'altro versante mi pare che il dati piu' basso isa oggi quello dei Giappone.
Chi lo stabilisce? In democrazia i cittadini/lettori/contribuenti.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda franz il 29/02/2016, 16:20

Italia in deflazione a febbraio, si complica discesa debito
lunedì 29 febbraio 2016 13:34

di Elvira Pollina e Antonella Cinelli

MILANO/ROMA (Reuters) - L'Italia non fa eccezione al resto della zona euro e scivola in deflazione a febbraio, complicando ulteriormente il percorso di discesa del debito pubblico che dovrebbe avviarsi quest'anno, obiettivo su cui già grava una prospettiva di crescita che si sta rivelando meno brillante di quanto messo in conto dal governo.

Secondo i dati provvisori resi noti da Istat, su base annua l'indice nazionale dei prezzi al consumo si è contratto di 0,3% su base annua da +0,3% di gennaio, a fronte di attese per una variazione nulla.L'inflazione acquisita per il 2016 è -0,6%.

In negativo anche l'indice armonizzato ai parametri europei, che scende a -0,2% da +0,4%, a fronte, anche in questo caso, di attese per una variazione nulla.

Come anticipato dal presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, a seguito della netta flessione dei prezzi del greggio e del deterioramento delle prospettive di crescita globale, anche nella zona euro l'indice dei prezzi al consumo è scivolato in territorio negativo.

Per febbraio Eurostat ha certificato una flessione di 0,2% dopo +0,3% di gennaio, rafforzando le attese per il varo di nuove musure da parte di Francoforte per scongiurare una deriva deflattiva.

Tornando al dato italiano, Istat sottolinea come la forte flessione tendenziale dei prezzi al consumo sia frutto di una dinamica mensile caratterizzata da cali diffusi in tutte le tipologie di prodotto.

Lo scenario con cui deve fare i conti il governo è dunque meno rassicurante di quanto previsto dall'ultimo aggiornamento del quadro macroeconomico inserito nella legge di Stabilità.

Lì si presupponeva una crescita del Pil di 1,6% in termini reali e di 2,6% in termini nominali, cioè considerando l'inflazione, che avrebbe portato a una discesa del debito al 131,4% dal 132,8 del 2015.

Ora gli economisti si aspettano che il Pil, che è tornato ad espandersi ma sotto le attese nel 2015, cresca appena oltre l'1% quest'anno, mentre l'inflazione è con buona probilità destinata a restare poco oltre lo zero, dopo aver segnato una variazione positiva di 0,1% nel 2015.

"E' chiaro che la discesa del rapporto debito/Pil si complica, sia per quest'anno che per il 2017", dice Loredana Federico, economista di UniCredit, che vede il rischio di uno scenario di sostanziale stabilizzazione.

Proprio l'elevato livello del debito pubblico italiano, reduce da 8 anni di crescita ininterrotta, é l'elemento che porta la Commissione europea a monitorare da vicino i conti pubblici italiani, tenendo in sospeso il giudizio sulla legge di Stabilità per quest'anno.

Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, al G20 finanziario di Shanghai, ha ribadito che il debito scenderà.

Il suo vice Enrico Morando, intervistato stamane dal Corriere della Sera, ha riconosciuto tuttavia come anche a causa della bassa inflazione, oltre che delle mutate prospetttive di crescita e del rinvio della privatizzazione di Ferrovie dello Stato, il governo sia a caccia di 7-8 miliardi per onorare gli impegni sul calo del debito presi con Bruxelles, "assolutamente da mantenere".

http://it.reuters.com/article/topNews/i ... dChannel=0


Nota. Se la pressione fiscale 2015 è aumentata (+25 miliardi, pari a circa 1.5% del PIL) piu' della nostra capacità di produrre (+0.8%) è chiaro che le persone hanno meno soldi da spendere e ... spendono forzatamente di meno. Quindi ci sono due fattori che si congiungono: da un lato alcuni prezzi internazionali scendono (greggio, materie prime) e dall'altro malgrado questo le persone hanno meno soldi da spendere perché devono pagare piu' tasse. Questo spinge i prezzi al ribasso. Ottima cosa per noi consumatori ma pessima cosa per chi si è fatto prestare soldi per tirare avanti e deve pagare gli interessi. Naturalmente per i debiti futuri ci sarà un aggiustamento dei tassi (in caso di inflazione i tassi salgono per ricuperare quello che si perde, in caso di deflazione devono scendere) ma qui abbiamo uno stock notevole di debito, emesso negli ultimi anni a tassi piu' elevati (in periodi inflattivi) di quando valgono oggi.

Una cosa pero' non mi è chiara. Inflazione o deflazione, quello che conta è il PIL reale (al netto dei fenomeni inflattivi e deflattivi).
E' quello che cresce poco. E se cala allora devono calare in termini reali anche le spese dello stato.
Quindi devono calare i prezzi dei consumi intermedi. devono calare gli stipendi pubblici, devono calare i costi degli investimenti.
Solo cosi' possono calare le tasse e le persone avranno piu' soldi intasca da spendere. MI sbaglio?
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda ranvit il 01/03/2016, 9:14

Michele Salvati fa come qualche ns amico qui sul forum....dice "a mali estremi estremi rimedi", ok ma quali? Questo non lo dice....troppo comodo! Perchè se gli "estremi rimedi" consistono nel tagliare gli stipendi pubblici, le pensioni, le tredicesime, la Sanità, etc etc bisogna avere il coraggio di dirlo...

Un'alternativa è quella come dice Giavazzi di sforare alla grande il limite del 3% per tagliare fortemente le tasse e fare investimenti pubblici; il tutto accompagnato da un "credibile" piano di tagli alla spesa pubblica da attuare in 4/5 anni...

Ma gli "estremi rimedi" li puo' fare solo un Governo molto forte: sono certo che REnzi confida nel fatto che alle prossime politiche possa vincere e governare senza dover dare conto a questo o a quel partitino/minoranza interna. E allora vai con gli "estremi rimedi"....o con l'applicare (finalmente) il "piano Giavazzi".

Non dovesse riuscirci....populisti ed euroscettici faranno quello che bisognava fare 4 anni fa: uscire dall'Euro (con le buone o le cattive)! Sarebbe un massacro (ma non solo per l'Italia), ma poichè qualsiasi soluzione lo è, tanto vale liberarsi dalle pastoie di Bruxelles: l'eurozona è nata male (a partire dal cambio Lira/Euro, passando per le troppe differenze economiche, sociali, culturali, istituzionali) e fa ingrassare solo i Paesi del Nord Europa.


PS Se questo è il prossimo futuro, consiglierei agli ottusi ragionieri di Bruxelles di riflettere bene sulla proposta italiana di questi giorni....
...................................................................................



http://www.corriere.it/opinioni/16_marzo_01/italia-puo-uscire-vicolo-cieco-cambiando-l-europa-se-stessa-ed316116-df16-11e5-8660-2dd950039afc.shtml

L’Italia può uscire dal vicolo cieco se fa autocritica costruttiva
Il governo fa bene ad attaccare la rigidità della Ue ma deve sviluppare anche una riflessione interna radicale sulle difficoltà di crescita e sull’asfissia del credito: con il rischio, paradossale, che Matteo Renzi possa apparire un «gufo»
di Michele Salvati
............................................
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda gabriele il 01/03/2016, 9:47

ranvit ha scritto:Un'alternativa è quella come dice Giavazzi di sforare alla grande il limite del 3% per tagliare fortemente le tasse e fare investimenti pubblici; il tutto accompagnato da un "credibile" piano di tagli alla spesa pubblica da attuare in 4/5 anni...


Esattamente. Investimenti. Cioè spese per averne un ritorno.

Come prima cosa occorre dare soldi a chi non ne ha (RMG) e incentivare la mobilità, cioè tagliare pesantemente le accise sui carburanti. Due provvedimenti che metterebbero in circolo liquidità sia in forma diretta ai cittadini che indiretta alle imprese
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda mariok il 01/03/2016, 10:58

franz ha scritto:
mariok ha scritto:
franz ha scritto:
Credo che il problema pero' cardine sia la discussione sul fatto che una spesa alta (e di conseguenza una tassazione alta) unita ad un elevato debito, siano tutti e tre fattori che deprimono la crescita della nostra capacità di produrre e consumare.
Io ne sono convinto, non so tu ed altri.


Spesa alta è un concetto relativo. Alta quanto? E come e chi lo stabilisce?

Unione sovietica = 100% di spesa pubblica su PIL, anzi è addirittura concepire il concetto di PIL.
Sull'altro versante mi pare che il dati piu' basso isa oggi quello dei Giappone.
Chi lo stabilisce? In democrazia i cittadini/lettori/contribuenti.


Siamo d'accordo, anche se non in maniera diretta, ma indiretta, cioè attraverso rappresentanti che presentino un progetto complessivo, che non è fatto solo di spesa pubblica, di cui rispondono.

Non a caso, secondo me giustamente, la nostra costituzione non prevede referendum in materia fiscale.

Il punto è che da qualche anno è prevalsa l'idea, soprattutto in Europa, che i limiti di spesa li stabiliscano gli economisti o i burocrati.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda trilogy il 01/03/2016, 11:09

mariok ha scritto:l’analisi
Deficit, il confronto europeo
In Italia cala, ma gli altri
Paesi lo tagliano di più

L’andamento degli ultimi 7 anni in rapporto all’Europa. L’austerity non è servita
di Federico Fubini

Cercare di risanare un bilancio pubblico sulla base di un sistema produttivo malato ormai è uno sforzo vano. Se questo fosse vero, per rilanciare la ripresa allora non basterebbe ridurre il deficit più lentamente, o per nulla. Aiuterebbero soprattutto tante misure che il governo ha già varato per cercare di rivitalizzare il sistema produttivo. E tante altre delle quali, per adesso, ha soltanto parlato....


Finalmente uno che ha capito il problema! :mrgreen:
La conseguenza però è: occorre coniugare crescita della produttività con crescita dell'occupazione...operazione tutt'altro che facile :?
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda ranvit il 01/03/2016, 12:19

Quello che sta facendo Renzi sul versante dell'economia sono palliativi che avrebbero potuto avere un certo successo se l'economia europea e mondiale non fosse stata cosi' debole.

Ho detto in un post precedente cosa penso sia nella testa di Renzi, perchè è evidente che se non riparte il Paese, il debito non potrà essere abbattuto, e il Paese non riparte se non si fanno scelte molto forti....è un circolo vizioso.
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