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Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda pianogrande il 03/08/2015, 1:31

flaviomob ha scritto:Un atto simbolico estremamente forte, secondo me. M5S a un passo dalla conquista dell'isola.

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/08/ ... po/400790/


Li vorrei tanto vedere i 5S al governo della Sicilia.

Che ci provino pure anche loro tanto, peggio di così, ma con dei politici veri.
Politici veri non significa politici come quelli che hanno governato la Sicilia fino a oggi se no non ci capiamo.

Ce l'hanno i 5S qualcuno in grado di governare la Sicilia al di là delle chiacchiere e delle ritirate strategiche (e schifate)?

Se ce l'hanno è davvero ora di metterlo in campo.

Se invece pensano di governare una regione sfuggendo i problemi reali perché non li hanno creati loro, allora, tanto vale tenersi quell'altro chiacchierone che si chiama Crocetta.

Ecco.
Costruire alternative asfaltando i sentieri invece di affrontare (stanno anche loro in regione) il toro per le corna e vedere perché il viadotto è crollato e cercare di punirne i colpevoli e cambiare le cose perché non succeda ancora, significa essere una manica di criature con in mano il giocattolo.

Governare è tutt'altra cosa.
Una regione (tutta intera) è più grossa di "Via dell'onestà" ed è tutt'altra cosa che un giocattolo.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda flaviomob il 03/08/2015, 7:07

Fare peggio di chi ha governato la Sicilia in questi anni mi sembra piuttosto arduo... e M5S mi pare molto più difficile da avvicinare da parte di certi personaggi "con la coppola" rispetto ai PD, PDL o quel che ne rimane. Certo, ci vogliono competenze, esperienza, dovranno farsele in fretta sul campo, ma se io fossi siciliano non vedrei alternative. Ci potrebbe essere una (apparente) recrudescenza mafiosa perché, dove l'onorata società non riesce "con le buone", passa volentieri alla lupara.

Stesso discorso per Roma.


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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda franz il 03/08/2015, 8:25

Questa storia delle statistiche svimez impazza nella rete.
Ottima cosa perché sto raccogliendo diversi spunti interessanti.
Uno da parte di un antico iscritto ai tempi delle prime mailing list (non dico vecchio perché è piu' giovane di me :-) e lo conosco di persona).


Alberto Lusiani, su FB:
Come in altre occasioni, la sintesi delle anticipazioni del rapporto SVIMEZ, su cui molti poi commentano, e' allarmistica sulle condizioni del Sud, per sollecitare l'immancabile intervento dello Stato, ma non del tutto appropriata per comprendere cosa stia realmente accaadendo nel Sud Italia.
Un'interpretazione piu' appropriata di quanto accaduto nel Nord e nel Sud Italia negli ultimi 10 anni circa e' la seguente:

1) il Sud e il Nord Italia arrancano agli ultimi posti di tutto il mondo come crescita economica, conseguenza di una crisi generale dello Stato italiano che e' evidente statisticamente almeno dal 1995 in poi. Non ci sono grandi differenze tra Sud e Nord Italia (vedi: hhttp://scenarieconomici.it/pil-pro-cap ... 2000-2012/ ), sono entrambi in crisi di lungo periodo.

2) La vera differenza tra Sud e Nord e' l'andamento del numero degli abitanti, e la principale differenza sta in due fatti:
- gli immigrati, i cui numeri sono ai vertici mondiali in Italia dal 2002, vanno quasi tutti al Nord (a spanne l'85% al centro-nord, il 15% al Sud)
- c'e' una significativa emigrazione da Sud a Nord, come sempre, mentre non c'e' movimento significativo da Nord a Sud (come sempre).

Come conseguenza di (2) il Sud ha gli stessi abitanti di 10 anni fa circa, mentre il Nord ne ha il 10% in piu'. Vedi http://scenarieconomici.it/i-dati-demog ... 2002-2013/

Il 10% di residenti in piu' nel Nord sono praticamente tutti solo immigrati, perche' se e' vero che la natalita' del Sud, un tempo significativamente superiore a quella del Nord, e' oggi inferiore (di molto poco), le differenze di natalita' (dovute peraltro agli immigrati nel Nord) non contano per ora nulla, tutta la differenza viene dalla differente immigrazione.

Di conseguenza, quando SVIMEZ lamenta che il Sud ha perso il 13% del PIL rispetto al Nord, fa un'operazione di confusione lagnona, e non aiuta a capire le linee principali di cosa sia successo, che e' invece questo: le condizioni materiali dei residenti del Sud e del Nord arrancano penosamente nello stesso modo, ma nel Nord ci sono il 10% circa di abitanti in piu' rispetto a 10 anni fa, tutti immigrati, e questa e' la differenza principale che fa si' che in 10 anni il PIL del Nord e' aumentato il 13% piu' di quello del Sud, senza - ripeto - alcun miglioramento relativo delle condizioni dei residenti del Nord.

Il sottosviluppo del Sud e' una caratteristica permanente dell'Italia dall'unificazione in poi ed e' fuori luogo sottolinearla ora. Il problema evidente e' lo Stato italiano, che funziona male.

In sintesi, Alberto afferma che la popolazione del sud ristagna mentre quella del nord è aumentata del 10%
Ecco perché ristagnndo il PIL al nord è rimasto uguale ed al sud è calato.
Se poi si esaminano i dati di pil procapite allora emerge che il nord, con l'aumento della popolazione, risulta aver perso piu' del sud.
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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda flaviomob il 03/08/2015, 13:03

Segno che gli immigrati portano ricchezza, mentre i soliti Salvini (membri di partiti che rubano) li accusano esattamente del contrario.


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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda franz il 03/08/2015, 15:19

Sicuramente gli immigrati portano ricchezza: lavoro, consumi, imposte.
Tanto che secondo alcune stime avremmo bisogno tra i 20 ed i 25 milioni di immigrati nei prossimi 10 o 15 anni.
In italia pero' i pochi immigrati non hanno compensato le perdite.
Mi spiego. Due milioni di residenti secondo ISTAT se ne sono andati tra il 2001 ed il 2011. Per l'esattezza 2'182'088. Solo per i consumi questo vale, a spanne, il 3.6% del PIL se fossero cittadini normali. Nel caso in cui come ritengo siamo in presenza di persone di buon reddito, lavoratori qualificati, imprenditori, laureati, come tante statistiche raccontano, credo che siamo attorno al 5% del PIL (direi come reddito e come consumi). Per contro nello stesso periodo sono arrivate dall'estero 4,8 milioni di persone. Brava gente (siamo d'accordo che non sono tutti criminali) e molti lavorano sodo, come emerge dalla varie statistiche.
Vero che molti di loro se ne sono andati e fanno parte delle partenze per l'estero, ma siamo in presenza di un esercito di badanti, di lavori umili e poco qualificati, di lavoro duro in agricoltura e nel secondario piu' pesante. Anche se una piccola parte ha formato una imprenditoria fiorente il saldo netto (+2.6 milioni) non basta a compensare ed infatti il PIL ristagna e quello procapite cala. Insomma partono italiani qualificati e partono stranieri di passaggio ma il saldo è dato da 2.6 milioni di stranieri a basse qualifiche con lavoro decisamente poco qualificati e mal pagati.
Il risultato è che dato che come sappiamo il PIL ristagna, se non addirittura cala, quello procapite non piu' che calare vistosamente, con 2.6 milioni in piu' che guadagnano poco e consumano ancora meno, per mandare soldi a casa.
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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda franz il 03/08/2015, 15:32

Da notare che nello stesso periodo 2001-2011 ci sono state 5'545'342 e 5'708'399 decessi, con un saldo negativo pari a -163'057 residenti. Un altro indicatore del declino italiano. Se non fosse per i 2'601'057 nuovi residenti, frutto della differenza positiva tra arrivi e partenze, la nostra popolazione sarebbe diminuita.
E questo fino al 2011, per la banca dati ISTAT
Secondo diverse fonti recentemente non solo le morti superano le nascite ma anche le partenze superano gli arrivi.
Questo forse incrementerà il PIL procapite ma non ci sarà da festeggiare.

http://www.repubblica.it/cronaca/2014/1 ... -97541785/
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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda flaviomob il 03/08/2015, 22:52

Tiraboschi non è uno qualunque. E' il ricercatore che ha portato avanti l'eredità di Biagi in tutto e per tutto.
____

Jobs Act, Tiraboschi: “Renzi è partito dal tetto invece che dalle fondamenta. E ora improvvisa”

Per il presidente di Adapt, il centro studi sul lavoro fondato da Marco Biagi, la riforma "si sta rivelando un fallimento" perché il premier "si è fatto prendere dalla frenesia del fare". E ha iniziato a liberalizzare, eliminando l'articolo 18, prima di costruire le necessarie tutele . In più, "il decreto sulle politiche attive e sulla ricollocazione è disastroso e andrebbe riscrittto"
di Giorgio Velardi | 31 luglio 2015


“Non c’è stata alcuna svolta: di fatto, per ora, il Jobs Act si sta rivelando un fallimento”. Michele Tiraboschi, docente di Economia all’università di Modena e Reggio Emilia e presidente di Adapt, il centro studi sul lavoro fondato da Marco Biagi, non usa mezzi termini per commentare i nuovi dati sulla disoccupazione diffusi oggi dall’Istat. Il tasso generale è al 12,7%, la quota di quella giovanile addirittura 44,2%. Il livello più alto dall’inizio delle serie storiche nel primo trimestre del 1977. Insomma, nonostante i trionfalistici annunci del presidente del Consiglio la realtà sembra essere rimasta la stessa. Il motivo? “Renzi si è fatto prendere dalla frenesia del fare”, spiega Tiraboschi a ilfattoquotidiano.it. “Il problema sta nel fatto che per ‘cambiare verso’ al mercato del lavoro il suo governo ha iniziato dal tetto e non dalle fondamenta. E su alcuni temi, come quello della ricollocazione, si sta andando avanti improvvisando”.

Professore, i numeri dell’Istat dicono che questa riforma non sta dando i risultati sperati.
Tutti i dati di scenario nazionale e internazionale dicono che non avrà alcun effetto. Dopo sei mesi di applicazione del generosissimo esonero contributivo per i nuovi assunti e dopo i primi tre di assunzioni liberalizzate non c’è stata alcuna svolta. Si tratta di interventi che hanno un effetto shock legato alla fiducia delle imprese e del mercato del lavoro, ma neppure con la somma delle misure messe in campo sono stati finora raggiunti risultati tangibili.

Lei è arrivato addirittura a definire il Jobs Act come il “nuovo apartheid”.
Sì, perché al momento trovo che la riforma sia tutta nel superamento dell’articolo 18 e nient’altro. Ciò ha moltiplicato i dualismi fra Nord e Sud, dove ci sono due mercati del lavoro completamente diversi e paralleli, ma anche fra nuovi e vecchi assunti, lavoro pubblico e privato, lavoratori e lavoratrici. Non si è creato un mercato con opportunità universali. Per invertire la rotta, il governo dovrebbe puntare su politiche attive, ricollocazione e Garanzia Giovani, che non sta funzionando.

A proposito della Garanzia Giovani: anche questo progetto si sta rivelando un fallimento.
Dopo più di un anno dal lancio del progetto crescono la disoccupazione e l’inattività giovanile. Ma basta collegarsi sul sito del ministero del Lavoro per rendersi conto dello scandalo: tirocini “usa e getta” pagati dallo Stato che non permettono in alcun modo ai ragazzi di farsi conoscere e rimanere in azienda. Di fatto sono finti: non rappresentano reali opportunità per migliorare la loro situazione. Lo Youth Guarantee rappresentava l’antipasto del Jobs Act, perché se fallisci con i giovani è poi evidente che succederà lo stesso con l’intera platea di coloro che cercano un impiego. Un segnale di allarme che il governo ha ignorato.

A questo punto, dunque, cosa dovrebbe fare l’esecutivo?
Renzi si è fatto prendere dalla frenesia del fare, ma il Paese non cambia con leggi che poi rimangono sulla carta. Sul fronte lavoro l’errore è stato quello di partire dal tetto e non dalle fondamenta. Chiunque si occupi un minimo di flexsecurity sa che prima si costruiscono le tutele sul mercato e poi si liberalizza quest’ultimo. Il governo ha cominciato eliminando l’articolo 18, che sarebbe stata l’ultima cosa da fare, e poi in sei mesi ha prodotto otto decreti legislativi, quattro già pubblicati in Gazzetta ufficiale, improvvisando.

Continui.
Fossi in loro prenderei più tempo: il decreto sulle politiche attive e sulla ricollocazione, attualmente in discussione, è disastroso e andrebbe riscritto daccapo. Il secondo tema, la ricollocazione appunto, è passato in questi mesi da un decreto all’altro per poi essere abrogato prima ancora che fosse in funzione. Inoltre l’accordo sulle politiche attive raggiunto giovedì fra Stato e Regioni è semplicemente una spartizione di potere nell’ottica di chi detiene le competenze e non della funzionalità del servizio.

Il rapporto dello Svimez, presentato ieri, è tornato a fare luce sulla disastrosa situazione del Mezzogiorno. Per giovani e donne si parla addirittura di “frattura senza paragoni in Europa”.
Al Sud c’è ormai una desertificazione tale da portare i giovani a cercare lavoro al Nord o negli altri Paesi. Personalmente ho provato più volte a portare un centro di ricerca nel Mezzogiorno trovando però un contesto – rappresentato da istituzioni, politica e università – chiuso, diffidente, rivolto solamente al tornaconto personale che non aiuta a crescere. Tutto è basato sulle clientele politiche. Ed è proprio la cattiva politica che sta uccidendo quel territorio. Le conseguenze di questa situazione, però, le paghiamo tutti.

(Il Fatto Quotidiano)


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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda franz il 03/08/2015, 23:17

Tiraboschi ha scritto:... Tutto è basato sulle clientele politiche. Ed è proprio la cattiva politica che sta uccidendo quel territorio. Le conseguenze di questa situazione, però, le paghiamo tutti.

Come dicevo, il sud è male amministrato. Muore di cattiva politica (e perché quei politici vengono votati).
Acqua calda o fredda che sia, vedo che siamo d'accordo.
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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda flaviomob il 04/08/2015, 0:16

Io credo che il Sud sia solo l'anticipazione di ciò che avverrà al Nord. L'euro (questo euro) e la malapolitica porteranno alla meridionalizzazione dell'Italia in Europa. Siamo noi il malato più grande.


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Re: Svimez: al Sud pericolo di «sottosviluppo permanente»

Messaggioda Robyn il 04/08/2015, 1:04

La riforma Fornero andava bene non serviva toccarla perche era una legge per un paese in fase di crescita bastava modificare solo alcune cose come l'intervallo tra un contratto e l'altro modificare diversamente l'art 18 cosa che avrebbe permesso anche l'estensione e far rimanere la prova di un'anno aggiungendo il rmg come comletamento.Poi che siano state introdotte norme semplificate traducibili in inglese quella è un'altra cosa chevà bene che non crea precarietà non c'entra niente .La prova di tre anni non esiste da nessuna parte bisognerebbe prendersela con chi ha inventato il contratto a tutele crescenti.Tre anni di prova significa precarietà precarietà è danneggiare la competitività
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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