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Il Governo Letta

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Il Governo Letta

Messaggioda ranvit il 07/05/2013, 7:50

E solo pochi giorni fa ha subìto un taglio del 15%. Da 542mila euro ridotto a 512.

Il 15% di 542mila fa 81.300 euro quindi il nuovo stipendio dovrebbe essere 542mila meno 81300 uguale 460.700 e non 512mila :roll: :lol:


Nel merito invece concordo al 100%! Ma in Italia TUTTI i posti pubblici di vertice, politici o meno, sono superpagati! :twisted:
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda Iafran il 07/05/2013, 10:51

Iafran ha scritto:Secondo lei, Suttora, da dove dovrebbe cominciare a risparmiare il presidente?
“Dagli stipendi d’oro. Il segretario generale Donato Marra guadagna il doppio del presidente. E solo pochi giorni fa ha subìto un taglio del 15%. Da 542mila euro ridotto a 512. Ci sono una marea di funzionari. I presidenti passano, ma i grandi burocrati rimangono…”. Povero Marra.
Napolitano ha tagliato 460 dipendenti. Poca roba, rispetto allo scialacquamento generale.

Una volta qualcuno diceva: "lavorare meno, lavorare tutti".
La situazione di oggi, e di sempre, "per il bene dell'Italia" (naturalmente) è: "molti da tassare (e ridurre alla fame) per convogliare altissimi introiti a pochi". :o
Un "bel programma politico" per la classe dirigente che lo sostiene, altamente negativo per i sudditi che lo votano!
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda franz il 07/05/2013, 11:54

Iafran ha scritto:Una volta qualcuno diceva: "lavorare meno, lavorare tutti".

Era ed rimane una solenne stupidata, chiunque la sostenesse, frutto del modello economico "superfisso".
In realtà è il contrario. Piu' si lavora, piu' si ha reddito, piu' si puo' spendere e far guadagnare altri.
Iafran ha scritto:La situazione di oggi, e di sempre, "per il bene dell'Italia" (naturalmente) è: "molti da tassare (e ridurre alla fame) per convogliare altissimi introiti a pochi".

L'ho sempre sostenuto. In Italia vige il modello robin hood alla rovescia. Togliere ai poveri per dare ai ricchi. E non tanto con le imposte, che almeno sono progressive, quanto con i contributi previdenziali, che sono proporzionali (stessa alioquota per tutti) ed elevatissimi: sommati arrivano nell'industria al 50% del salario lordo azienda. Il povero poi avrà una pensione di vecchiaia da fame mentre i benestanti (casta politica ma non solo) potevano andare in pensione prima, vedi Di Pietro, Amato e compagnia cantante, come Celentano, la moglie di Bossi e quella di Tremonti.
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda Iafran il 07/05/2013, 12:00

franz ha scritto:
mauri ha scritto:mi meraviglio che gli italiani subiscano supinamente tutto ciò, con rassegnazione
...
come mai non accade nulla?
ciao mauri

Il popolo italiano è abituato a chiedere protezione. Non a ribellarsi.

In Italia c'è la volontà (oggi come ieri, dal 1861 con il Regno d'Italia) della classe egemone di depredare il popolo e sono numerosi i manutengoli che la sostengono e la facilitano (con le buone e con le cattive).
Per avere percezione della voglia di ribellarsi basta il solo nome di Giovanni Passannante (visto che 5-600.000 morti si fanno passare per briganti e per "vaiuolosi"), e il fatto che compì a Napoli il 17 novembre 1878.
I "torti" della classe egemone perpetrati al popolo si tende, invece, a non farli conoscere.
Intanto, per rimanere alla vicenda Passannante, dopo l'attentato al re, il suo paese natale (Salvia di Lucania) è stato rinominato Savoia di Lucania (con R.D. del 3 luglio 1879), ed i membri della sua famiglia perseguitati ed internati in manicomi: la mano del potere è stata sempre dura verso i sudditi ribelli. (http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Passannante).
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda Iafran il 07/05/2013, 12:13

franz ha scritto:
Iafran ha scritto:Una volta qualcuno diceva: "lavorare meno, lavorare tutti".

Era ed rimane una solenne stupidata, chiunque la sostenesse, frutto del modello economico "superfisso".
In realtà è il contrario. Piu' si lavora, piu' si ha reddito, piu' si puo' spendere e far guadagnare altri.

Era per rispondere alla penuria di lavoro ed alla disperazione dei senza-lavoro.
Una forma di mutualismo che solo i "miserabili" possono proporre.
Ultima modifica di Iafran il 07/05/2013, 12:15, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda franz il 07/05/2013, 12:13

Iafran ha scritto:In Italia c'è la volontà (oggi come ieri, dal 1861 con il Regno d'Italia) della classe egemone di depredare il popolo e sono numerosi i manutengoli che la sostengono e la facilitano (con le buone e con le cattive).

Nel 1978 c'erano pochi modi per ribellarsi e quelli violenti lo sappiamo si ritorcono contro come un boomerang.
Diciamo pero' che dal dopoguerra le possibilità per un riscatto politico usando sistemi democratici ci sono state ma gli italiani hanno tentennato sempre tra protezionismi corporativi diversi.

Tornando a Letta ed al suo governo, ecco altre opinioni.


Il Governo Letta: As Good As It Gets

Alberto Saravalle e Carlo Stagnaro su http://www.huffingtonpost.it

Il governo Letta ha da pochi giorni giurato e sta iniziando a prendere le misure dei problemi da affrontare. Le aspettative sono molte, anche se vi è ancora un certo scetticismo circa la sua capacità di risolvere i problemi sul tavolo - scetticismo confermato dallo stesso premier quando, intervenendo al Senato, ha invitato a non pretendere troppo dal nuovo esecutivo. Soprattutto, mentre finora sono chiari gli interventi di spesa, vi è molta ambiguità circa la provenienza delle risorse per farvi fronte. Eppure, crediamo si debba dare fiducia al governo, non solo perché i partiti che lo compongono sanno che senza seri interventi sul piano istituzionale ed economico, alle prossime elezioni rischiano di essere spazzati via, ma anche e soprattutto perché, al di là delle inevitabili polemiche, vi è ormai convergenza sulle misure da adottare. Ripartiamo dunque dalla famosa lettera della BCE dell'agosto 2011, dalle partite lasciate aperte dal governo Monti (ad esempio, la proposta Giavazzi sull'abolizione dei sussidi alle imprese e la delega fiscale) e dalle relazioni dei "Saggi".

Prima ancora di entrare nel merito delle iniziative, è bene però parlare di metodo. Per riuscire, Letta deve dimostrare il coraggio che non sempre ha avuto il suo illustre predecessore. Dopo la dura riforma Fornero sulle pensioni, infatti, pur sostenendo di avere abbandonato il metodo della concertazione, di fatto ha aperto una lunghissima trattativa con sindacati e Confindustria e la montagna (la riforma del mercato del lavoro) ha partorito un topolino (peraltro, con molti difetti congeniti). Lo stesso è accaduto con le liberalizzazioni. Dopo la retromarcia di fronte alle proteste dei taxisti romani è iniziata una lunga trattativa in Parlamento dove ogni lobby ha potuto farsi sentire. Simile esito per la legge professionale degli avvocati che ha smentito gli iniziali intenti liberalizzatori sbandierati dal governo e per le concessioni balneari. Forte della valenza politica del suo governo e dell'ampia maggioranza di cui gode, Letta deve invece riuscire a concordare prima le riforme strutturali da effettuare, negoziandole in seno al governo, ma poi portarle fino in fondo in Parlamento. Ovviamente deve scegliere bene le proprie battaglie, concentrandosi su quelle che è certo di poter vincere, e combatterle fino in fondo. Thatcher docet!

Una seconda questione preliminare riguarda la comunicazione. Già da questi primi giorni sembra essere cambiato qualcosa. Il tono è pacato, senza essere conciliante o ambivalente. Dopo una campagna elettorale gridata e un avvio di legislatura tra polemiche e provocazioni (culminato con la pseudo marcia su Roma del M5S e la tragica sparatoria davanti a Palazzo Chigi) si sta riprendendo a parlare di cose concrete. Ce n'era bisogno. Anche i primi incontri con i leader stranieri denotano europeismo, ma non arrendevolezza. Abbiamo sentito un nuovo lessico ove si parla di crescita, oltre che di austerity. Se dunque il buongiorno si vede dal mattino, possiamo contare su un diverso stile di leadership, più adatto a questo momento difficile in cui occorre ricucire per far passare le necessarie riforme.

La stessa scelta della Convenzione per elaborare le riforme istituzionali sembra prima facie felice. Si possono coinvolgere diverse autorevoli voci del paese ed esponenti della cosiddetta società civile, bypassando le mediazioni partitiche e parlamentari che si sono finora dimostrate incapaci di pervenire ad alcun risultato e avvicinando maggiormente la gente al processo.

Infine, nel merito, poiché le cose da fare sono tante, crediamo sia bene concentrarsi subito su quelle che possono avere un impatto forte che ci porti fuori dall'attuale fase di stallo. Gli interventi per la crescita sono stati definiti e sono largamente condivisibili. Occorre però ora individuare le risorse per realizzarli. Per far ciò, sono necessarie riforme strutturali, prima tra tutte quella sull'abolizione dei sussidi alle imprese proposta da Giavazzi e troppo a lungo rimasta sul tavolo del governo. Insomma, come indicato in un nostro precedente intervento, non sono sufficienti i tagli ottenibili con una banale spending review. Bisogna incidere sui nodi politici sottostanti per ottenere, almeno nel medio termine, risultati significativi. Così, ad esempio, non basta tagliare le province o i tribunali, ma occorre anche riformare le funzioni della PA. Talora ciò può comportare un allentamento del rigore del governo Monti, ma solo nel breve termine - ed è tollerabile a patto che sia dimostrabilmente così. Si pensi agli interventi per la digitalizzazione o per la riforma della giustizia. Se pure possono portare a un maggior costo nell'immediato è inequivocabile che porteranno benefici rilevanti nel futuro. E dunque, gli eventuali scostamenti del deficit possono essere più facilmente accettati dai nostri partner europei e dai mercati.

Le prossime settimane ci diranno se veramente "qualcosa è cambiato". A questo proposito, ci piace ricordare che il titolo dell'omonimo film con Jack Nicholson era "As good as it gets" (meglio di così non si può). Forse questa definizione, in questa fase, si può applicare anche al Governo Letta. O almeno così ci piace sperare.

http://www.huffingtonpost.it/alberto-sa ... 99063.html
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda Iafran il 07/05/2013, 12:31

franz ha scritto:
Iafran ha scritto:In Italia c'è la volontà (oggi come ieri, dal 1861 con il Regno d'Italia) della classe egemone di depredare il popolo e sono numerosi i manutengoli che la sostengono e la facilitano (con le buone e con le cattive).

Nel 1978 c'erano pochi modi per ribellarsi e quelli violenti lo sappiamo si ritorcono contro come un boomerang.
Diciamo pero' che dal dopoguerra le possibilità per un riscatto politico usando sistemi democratici ci sono state ma gli italiani hanno tentennato sempre tra protezionismi corporativi diversi.

Il termine "manutengolo" è obsoleto, oggi si chiamerebbero "supporters" quelli che individuano un carro vincente e lo propongono (Forza Italia ha conquistato democraticamente 61 seggi su 61 nel 2001, in Sicilia) ... dal Sud ai confini con l'Austria.
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda franz il 07/05/2013, 14:53

Iafran ha scritto:Il termine "manutengolo" è obsoleto, oggi si chiamerebbero "supporters" quelli che individuano un carro vincente e lo propongono (Forza Italia ha conquistato democraticamente 61 seggi su 61 nel 2001, in Sicilia) ... dal Sud ai confini con l'Austria.

Non facciamone come sempre un problema nominalistico, dicome chiamiamo le cose o le persone.
Veniamo alla sostanza.
Ci sono guardie e ladri. E naturalmente derubati. Il rapporto non è a due. È a tre.
Ci sono manutengoli (protettori) e mantenuti (protetti). Ma c'è anche chi finanzia, chi "mantiene", chi paga.
Anche qui il rapporto è a tre. Magari paga perché tutto sommato gli conviene ... ma anche no.
La fai facile a dire "dal Sud ai confini con l'Austria" ma giusto per dre un'idea, quel 61 a zero fa intendere che manutengoli e mantenuti prosperino piu' in Sicilia che in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto o in Toscana.
Che poi al Nord in parte convenga mantenenere e colonizzare il Sud magari hai ragione.
Soprattutto per il passato, per gli anni 60 e 70.
Oggi pero' le cose sono cambiate e secondo me non conviene piu' a nessuno. Non conviene al Nord e non conviene al Sud.
Il piu' è che lo capiscano.
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda flaviomob il 08/05/2013, 0:36

I contratti di solidarietà sono proprio questo: lavorare meno per lavorare tutti. In Germania ne hanno stipulati a centinaia, i sindacati con le aziende. Poi è vero che in Italia sono i soldi di casta, corruzione, mafie, a costituire il massimo spreco e a depredare i lavoratori tutti.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Il Governo Letta

Messaggioda franz il 08/05/2013, 8:08

flaviomob ha scritto:I contratti di solidarietà sono proprio questo: lavorare meno per lavorare tutti. In Germania ne hanno stipulati a centinaia, i sindacati con le aziende. Poi è vero che in Italia sono i soldi di casta, corruzione, mafie, a costituire il massimo spreco e a depredare i lavoratori tutti.


http://www.inps.it/portale/default.aspx ... =6543&p1=2

I contratti di solidarietà in Italia sono accordi, stipulati tra l'azienda e le rappresentanze sindacali, aventi ad oggetto la diminuzione dell’orario di lavoro al fine di:

mantenere l’occupazione in caso di crisi aziendale e quindi evitare la riduzione del personale (contratti di solidarietà difensivi,art. 1 legge 863/84);
favorire nuove assunzioni attraverso una contestuale e programmata riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione (contratti di solidarietà espansivi art. 2 legge 863/84).
Questa tipologia ha avuto, però, scarsissima applicazione.

La legge prevede due tipologie di contratti di solidarietà:

1. TIPO A - contratti di solidarietà per le aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina in materia di CIGS (art. 1 legge n. 863/84);
2. TIPO B - contratti di solidarietà per le aziende non rientranti nel regime di CIGS e per le aziende artigiane (art. 5 comma 5 legge n. 236/93).


Il succo a quanto vedo è lavorare meno perché c'è meno lavoro ed invece di mandare a casa tutti (con o senza CIG) si lavora meno, si riceve uno stipendio inferiore ma lo stato (in questo caso INPS) integra una parte - prima 60 poi 80% - della retribuzione persa. La parte destinata al favorire assunzioni contestuali al calo di orario di lavoro non ha avuto praticamente applicazione. Il succo è "lavorare meno" ma qualcun'altro paga (lo stato tramite fondi contributivi o fiscali).
E' un'atra forma (utile) di sostegno al reddito in tempo di crisi e con il "lavorare meno, lavorare tutti" per me c'entra come i cavoli a merenda. Stessa prassi in germania. http://it.wikipedia.org/wiki/Contratto_ ... n_Germania
"La riduzione di orario (Kurzarbeit ) è regolata da una legge del 1910 che introduce un'integrazione salariale dello Stato a seguito di un accordo fra datore e sindacati per la riduzione collettiva dell'orario di lavoro, in assenza di licenziamenti collettivi.".

Nella fantasia di chi lo propone, invece "lavorare meno, lavorare tutti" (che è cosa diversa dai contratti di solidarietà) dovrebbe rilanciare l'occupazione e l'economia.
Ma è populismo bello e buono.
Ora ci sono due varianti:
a) si lavora di meno e si viene pagati di meno. Questa non funziona perché se ho meno reddito - ma anche piu' tempo libero - posso dedicarmi in prima persona a molti lavoretti per cui prima chiamavo artigiani, giardinieri, aiuti domiciliari. E devo farlo perché ho meno reddito. Avendo meno soldi da spendere devo rinunciare a molta spesa "superflua" e mi devo concentrare sull'essenziale. Niente ristrante ma tutto cibo fatto in casa, per esempio. Il mio "meno reddito" si trasforma in meno reddito per artigiani, ristoranti, cuochi, camerieri, cinema, teatri. E quindi piu' disoccupazione per molte figure professionali. E quindi deprime l'economia, portandola a livelli di sussitenza per tutti.
b) si lavora meno ma si viene pagati lo stesso (o quasi, con integrazioni statali). Qui ho il tempo libero ma ho un po' piu' di reddito, che pero' viene alimentato da tasse e contruibuti. Sono soldi tolti ad altri che avranno quindi meno reddito spendibile. Anche in questo caso non funziona.

Non ricordo come sia uscito questo tema (e non è la prima volta) ma per me è un bel caso di proposta populista. Allettante nella presentazione (perché si aggancia al semplice modello superfisso) ma irralizzabile nella pratica (sarebbe disastroso).
La solidarietà in tempi di crisi, con finanze statali, è altra cosa. È una misura anticicicla. In germania non si azzardano ad applicare contratti di solidarietà se l'azienda non è in crisi. La soluzione infatti è lavorare di piu' per lavorare tutti. E in un anno 1 milione di stranieri è arrivato in germania per lavorare.
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