Credo che comunque non basterebbe. Dagli interventi di questa mattina è chiaro che la condizione fondamentale è che Renzi se ne vada.
La domanda inevitabile è: ma è accettabile che ad imporlo sia una minoranza? Gli iscritti e gli elettori (che da statuto sono le fondamenta del PD) non contano proprio niente?
Rischio scissione nel Pd, Emiliano: ho convinto Renzi, voto nel 2018. Bersani: lo dica il segretario
Riunione della minoranza, Rossi: «Svolta o addio senza patemi». Domani D’Alema non andrà all’assemblea
Pubblicato il 18/02/2017
Ultima modifica il 18/02/2017 alle ore 16:41
«Abbiamo convinto Renzi a sostenere Gentiloni fino al 2018». Scrive così su Facebook il presidente della Puglia Michele Emiliano. Un post che sembra delineare una svolta per ricucire la spaccatura nel partito democratico. Bersani chiede che sia Renzi a confermare l’affermazione.
La dichiarazione arriva a 24 ore dall’ assemblea Pd. Una vigilia convulsa, piena di contatti e dichiarazioni, maggioranza renziana da una parte e minoranza dall’altra. Tra oggi e domani, infatti, si scioglieranno i nodi che tengono ancora legate maggioranza e minoranza del Pd e si capirà se l’avventura politica nata nel 2007 sul solco dell’Ulivo perderà un pezzo importante delle sue radici. Sono ore concitate di incontri e telefoni che squillano senza sosta, per scongiurare la scissione. «Siamo stanchi di finte aperture», ragionano i dem che si sono trovati, questa mattina, al teatro Vittoria di Roma con Roberto Speranza, Michele Emiliano ed Enrico Rossi.
Bersani: “Non possiamo lasciare la spada di Damocle su Gentiloni”
«Non costringete con argomenti capziosi questa comunità ad uscire dal Pd. Noi speriamo di non dover dire cose drammatiche nelle prossime ore ma se dovesse essere necessario non avremo paura - afferma Emiliano dal palco della manifestazione della sinistra a Roma -. Non costruiremo un soggetto avversario del Pd ma non aspetteremo altro che ricostruire questa comunità. Tutto questo, però, è evitabile, lo voglio dire ancora».
«Se questo ci verrà negato sarà compito nostro dare inizio a una nuova storia. Ci auguriamo un gesto di responsabilità. Ci auguriamo che cambiando si possa proseguire sotto lo stesso tetto. Se non sarà così nessun patema. Anche perché in futuro saremo chiamati a collaborare per il bene del Paese», dice Enrico Rossi all’assemblea della minoranza. «Se non si dovessero capire le nostre istanze sarà normale un nuovo inizio. Non come chiusura o stretta identitaria», spiega Roberto Speranza.
Pd, Emiliano: “Ci dicano chiaramente se non siamo più utili”
Presente al teatro Vittoria anche Massimo D’Alema, che annuncia: «Domani non andrò all’assemblea». Dall’incontro di oggi potrebbe uscire un altro documento a firma Rossi-Speranza-Emiliano da presentare ai mille del Pd domenica dove non è escluso che al momento del voto la minoranza bersaniana possa uscire se l’ordine del giorno presenterà l’avvio del congresso prima di giugno. Insomma, per ciascuna delle parti in gioco ora la palla spetta all’altra ed è chiaro che non ci sarà nessun incontro nel mezzo.
E un nuovo appello all’unità è arrivato questa mattina dal ministro per i Beni culturali Dario Franceschini sul suo profilo twitter.
«I margini per una trattativa ci sono, dipende dalla volontà delle persone e soprattutto dobbiamo sapere che il Pd non è proprietà di alcuni capi che litigano tra di loro»: ha poi spiegato il ministro per i Beni culturali ai cronisti, entrando al Palazzo dei congressi a Firenze per consegnare un premio a Piero Angela.
Per evitare la scissione la sinistra Pd si aspetta dall’assemblea nazionale di domenica “significativi passi politici”. Sono punti imprescindibili la conferenza programmatica, il congresso fino a ottobre-novembre, il sostegno al governo Gentiloni fino al 2018, la legge elettorale senza capilista bloccati e capace di garantire rappresentatività e governabilità. Senza anche soltanto uno di questi, salta il banco.
Rispedita al mittente anche la mediazione proposta dal ministro Dario Franceschini di uno slittamento a maggio del congresso, considerata non sufficiente. La verità, per i bersaniani, sta tutta nel fuorionda di Graziano Delrio e in particolare nel passaggio secondo cui alcuni renziani - non il segretario - vedrebbero di buon occhio l’uscita dal gruppo dei democratici di sinistra per garantirsi più posti nelle liste. Anche se Roberto Speranza ha dichiarato la volontà di fare tutto il possibile per restare nel partito, ieri per la prima volta Pier Luigi Bersani si è lasciato sfuggire con i cronisti un “Però stavolta...”, prima del colloquio con Lorenzo Guerini e prima di quel grido ’Fermatevi’ scritto nero su bianco nella lettera indirizzata alla maggioranza renziana.
All’ex segretario Pd replica l’ex segretario Ds Piero Fassino con un “Fermatevi anche voi”, sottolineando come la scissione “non è inevitabile”: “di ogni scelta solo noi siamo arbitri e artefici” e “nessuno ci perdonerà di aver deluso e tradito le speranze di tanti italiani”, scrive Fassino. Anche per il mediatore Andrea Orlando “dalla maggioranza sono arrivati passi significativi” e ora “serve subito un segnale dalla minoranza”.