Scalfari loda le ultime scelte di Renzi Il Corsera tenta invece di farlo saltare di Pierluigi Magnaschi
Il Corriere della Sera, nel suo massiccio e improvviso attacco al premier Renzi (considerato, da via Solferino, come spiazzato a livello continentale dalla sua incauta offensiva contro alcune scelte dell'Europa, da lui ritenute a danno dell'Italia), ha fallito in pieno l'operazione che si è infatti conclusa in un rovinoso splash come quando uno si lancia dal trampolino, presumendo che la piscina sia piena d'acqua mentre essa è stata nel frattempo svuotata per i lavori stagionali. Infatti l'attacco concentrico del Corriere sul premier è caduto proprio nella settimana in cui Renzi metteva a segno due grossi colpi (l'approvazione dal senato delle Unioni civili e l'elaborazione di un documento di modifica della politica economica comunitaria). Quest'ultimo documento, in particolare, ha trovato un favorevole riscontro a Bruxelles ed è stato addirittura lodato, venerdì scorso, con un titolo a tutta pagina, persino da Le Monde, quotidiano francese tutt'altro che ben orientato nei confronti dell'Italia.
Persino Eugenio Scalfari, da sempre ostile a Renzi, ha sottolineato, nel suo tradizionale fondo della domenica su la Repubblica, che Renzi «oltre ad aver ben meritato con la legislazione delle coppie di fatto e delle unioni civili, ha modificato in modo sorprendente la sua visione del futuro dell'Europa». Scalfari ha continuato dicendo: «Non posso nascondere che questa cambiamento mi fa molto piacere ed è venuto in modo assai repentino». Il fondatore de la Repubblica non ha poi esitato a definire questo documento di Renzi come addirittura in piena sintonia con «il Manifesto di Ventotene firmato da Spinelli, Rosi e Colorni». Cioè con la Bibbia italiana dell'europeismo, elaborata da tre grandi intellettuali che erano al confino per decisione del governo fascista.
L'operazione del Corriere (che, in pratica, si è rivelata decisamente sfasata) era stata evidentemente studiata a tavolino. L'ora zero è stata la dichiarazione polemica fatta al Senato da parte dell'ex premier Mario Monti contro la scelta di Renzi (da lui ritenuta «rovinosa») di incrociare i guantoni con Bruxelles. Dopo questa uscita a freddo dell'ex rettore della Bocconi, il Corsera ha subito azionato una impressionante katiuscia di articoli, mobilitando tutte le sue firme più prestigiose (fra gli altri: Ernesto Galli della Loggia, Michele Ainis, Ferruccio de Bortoli, Gian Antonio Stella, Antonio Polito, Francesco Verderami)e mobilitando persino il vignettista Giannelli. Il Corriere inoltre ha dedicato, in rapida successione, tre mega interviste da una pagina l'una, a Mario Monti, Enrico Letta e Federica Mogherini, facendo così capire che era già pronta la squadra per sostituire Renzi, al fine di tranquillizzare il bestione bruxellese, infastidito dall'irriverenza del premier fiorentino («altrimenti ce la farà pagare»).La squadra di emergenza non era però il massimo, essendo composta da due sconfitti (Monti ed Enrico Letta) e non più politicamente riciclabili e da un'inadeguata (Mogherini). Il piano quindi era, da questo punto di vista, decisamente claudicante.La tesi del Corriere era, in sostanza, che Renzi aveva sbagliato a richiamare pubblicamente il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Junker, per indurlo a tenere in considerazione anche le ragioni dell'Italia. Per le grandi firme di via Solferino, invece, l'Italia è in Europa per obbedire. Anzi «per obbedir tacendo» come dice il motto dei carabinieri. Perché, se eccepisce, fa la fine che ha già fatto Silvio Berlusconi, quando, usandogli contro lo spread come piede di porco, è stato fatto saltare come un birillo. La tesi, intendiamoci bene, ha un suo fondamento. Infatti, una volta che Berlusconi si è dimesso (sarebbe meglio dire: è stato dimesso) lo spread è subito diminuito vertiginosamente anche se la realtà economico-sociale che tale strumento finanziario rappresentava era rimasta tal quale. Anzi, si era aggravata. Ciò vuol dire che c'è stato qualcuno che, a disprezzo della democrazia rappresentativa, ha spinto lo spread, prima all'insù e poi all'ingiù, per conseguire delle finalità da colpo di stato. Che potrebbero ripetersi ma che non debbono più ripetersi, chiunque sia il premier in carica in quel momento.
In questa operazione inoltre, il Corriere, non tenendo conto dei precedenti, e innalzando, per un secondo round, Mario Monti sul ring politico, dopo averlo ritratto seduto sui gradini di un ospedale (quale?) come un Brambilla qualsiasi, non ha tenuto conto che, per giocare questi match, non serve un centometrista, veloce e delicato, ma ci vuole un peso massimo indifferente ai pugni, oppure, se si tratta di rugby, deve avere le caratteristiche di un mediano di mischia che, sul campo, non teme i colpi più duri e soprattutto sa anche darli. Non a caso, alla caustica risposta che Renzi ha dato al guanto di sfida di Monti, l'ex premier ha poi risposto sul Corriere dicendo in sostanza: sul primo punto sono d'accordo con Renzi, sul secondo anche, e sul terzo pure. Sul quarto invece debbo dire che mi debbo essere spiegato male. Insomma, in questo match è come se Monti si fosse gettato fuori dal ring senza nemmeno aspettare di essere contato dall'arbitro. Non c'è stata gara.
Lo splash del Corriere è stato un incidente penoso per un direttore, Luciano Fontana, che sinora (e sono certo anche in futuro) si è rivelato il miglior direttore che il Corriere della Sera sinora abbia mai avuto nel dopoguerra. Gli hanno infatti consegnato un quotidiano novecentesco (che non a caso aveva - e purtroppo, in parte, ancora ha - come faro culturale la Francia, che lo era fino alla Seconda guerra mondiale, usando, per di più, come giocatore di punta, un vecchio filosofo spompato come Bernard-Hénry Lèvy che, oggi, nel suo paese, è considerato una macchietta e che, oltretutto, è il responsabile del plagio di Sarkozy che ha portato all'attacco boomerang alla Libia di Gheddafi che assomiglia a una bastonata data a un'arnia di api, rendendole impazzite).
Fontana è riuscito a proiettare, con un operazione che mi stupisce ancora, per la rapidità con la quale è stata fatta, il Corriere nel Ventunesimo secolo nel giro di poche settimane, cambiandone drasticamente le logiche comunicative (oggi il Corriere, ad esempio, pubblica le foto più belle ma soprattutto più significative; ha introdotto nuovi temi, sveltito gli articoli, resa graffiante la titolazione, rinnovata da cima in fondo la prima pagina). Tant'è che ha allarmato Carlo de Benedetti, editore di la Repubblica e uomo di grande fiuto, spingendolo ad affrettare il cambio della direzione della sua Ammiraglia che, spiazzata appunto dai fuochi d'artificio di Fontana, stentava a dare una risposta adeguata. Che, con Calabresi, invece sta venendo. Per il bene dei lettori che hanno il diritto di ottenere un'informazione a livello di un paese, tutt'ora in crisi, ma che è cambiato completamente. In meglio. Molto in meglio. Soprattutto fuori dalla politica.
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