mariok ha scritto:E' senz'altro vero: quando c'è una qualche forma di assicurazione le si incentiva di fatto a rischiare di più, tanto alle brutte "paga pantalone".
Però non è detto che la sola legge del mercato (se sbagli fallisci e ci rimetti il capitale) possa bastare nel caso di chi come le banche non rischia solo denaro proprio, ma soprattutto quello di risparmiatori e di investitori istituzionali.
Non a caso esse sono sottoposte, a differenza di altre imprese, a controlli particolari da parte delle banche centrali: ciò già di fatto smentisce almeno in parte il principio della libertà di impresa, rendendole aziende a "libertà vigilata" e quindi diverse da aziende come altre.
Per quanto vi possa stupire, non ci sono solo le cosiddette leggi del mercato. In campo societario per esempio ci sono rischi di fallimenti a catena. Quindi è estremamente rischioso aspettare il fallimento totale di un'impresa, che significherebbe una forte perdita per tutti i creditori, col rischio che falliscano a loro volta innescando una spirale negativa micidiale. Esistono quindi i codici civili e le leggi fallimentari, che prescrivono norme molto precise (dove lo stato di diritto funziona). Ora non so in Italia (non mi risulta) ma altrove ci sono regole per cui quando i debiti superano il 50% del capitale sociale, si devono portare i libri in tribunale.
Questa misura fa sì che ogni creditore ricuperi almeno la metà di quanto prestato ed minimizza la possibilità statistica di fallimenti a catena. Paradossalmente l'azienda viene fatta fallire prima che fallisca veramente, per limitare i danni sistemici. E tutto questo senza "controllo pubblico". La collettività si limita a stabilire la norma e stabilire chi la deve rispettare (gli amministratori) e la loro responsabilità civile e penale. Rendetevi conto che se una simile norma esistesse in Italia, Berlusconi, con Mediaset, sarebbe fallito già negli anni '90. Ma in Italia queste norme non ci sono, perché se una ditta fallisce prima del tempo poi si perdono "posti" di lavoro. Sindacalisti e politici questo non lo vogliono e quindi si sostengono aziende decotte (con la cassa integrazione) con il risultato che aumenta l'azardo morale. Per le banche a mio avviso il discorso è simile. Già ci sono le norme internazionali (basilea II e III) che impongono di fatto rapporti minimi ben precisi tra il capitale proprio e l'esposizione a rischio.
Basta quindi che qualcuno controlli che i parametri siano rispettati. E che chi deve fallire, sia fatto fallire.
Come si è visto nel caso delle 4 banche locali italiane di cui si parla da mesi, i controlli sono stati insufficienti e/o lacunosi e come al solito c'è un rimpallo di responsabilità tra soggetti diversi (Consob e Banca d'Italia). In fondo è fallita Lehman Brothers, perché non lasciar fallire le 4 banche italiane? Ma perché il fallimento di Lehman Brothers ha fatto cosi' male? Perché in USA quella norma delle passività che superano il 50% del capitale non c'è. LB nel 2008 ha annunciato debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi. Quindi le passività superavano già ampiamente le attività. Sarebbe stato meglio se gli amministratori fossero stati obbligati a chiedere il capitolo 11 quando le passività erano ancora a 320 miliardi, la metà dei 640 di attività. Per le banche si possono anche ipotizzare limiti anche piu' stringenti.
Poi un altro fattore critico è il traffico dei pagamenti. Il fallimento di una grande banca comporta grossi problemi con il traffico dei pagamenti della sua clientela (sia pagamenti in entrata sia in uscita) e questo comporta naturalmente un grosso colpo alla liquidità di chi aspetta pagamenti. E questo è usato come scusa per non far fallire le banche. Il traffico dei pagamenti dovrebbe essere garantito da un ente terzo e pubblico (o semi-pubblico). Tipicamente il traffico dei pagamenti dovrebbe essere affidato principalmente alla Posta. Se funzionasse. In pratica la posta italiana pero' non funziona e gran parte dei pagamenti avviene tramite assegni bancari. Dove le Poste funzionano, non c'è bisogni di assegni. In Svizzera mai staccato un assegno, mai avuto il libretto degli assegni. Tutto avviene tramite bollettini postali di pagamento o tramite pagamenti via IBAN.
Ultima cosa. A parte il contante, la liquidità per tutti i giorni, chi ha soldi li investe in fondi, obbligazioni ed azioni. Questi non fanno parte della massa fallimentare della banca (esattamente come le cassette di sicurezza) ma sono un deposito. Quindi roba mia depositata presso la banca. Vero che in caso di fallimento per alcune settimane o mesi non posso accedere a quanto ho depositato. Il garante fallimentare prima deve verificare, ma io non perdo tutto. Anche qui è un problema di norme. Il controllo pubblico (nel senso di gestione pubblica) non serve. 20 anni fa fallì il garage dove avevo lasciato le gomme invernali. Non persi le gomme. In ottobre fui chiamato a ritirare cio' che era mio, nel magazzino del garage. Con le banche deve essere lo stesso.
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
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