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Siamo in guerra?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Siamo in guerra?

Messaggioda ranvit il 17/11/2015, 20:06

è sostanzialmente la strategia americana del contenimento.


Non proprio....quelli non fanno una mazza incaponiti come sono a voler mandare via Assad.....unico in grado di tenere sotto controllo la miriade di gruppi! Tolto lui, come con Saddam e Gheddafi, ci sarebbe un casino tipo Iraq, Libia, Somalia, etc.

Quando ho detto "con decisione" mi riferivo a quanto stanno facendo i russi...prima hanno rinforzato Assad, che ci mette le truppe di terra, e ora bombardano a tappeto l'Isis....
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda pianogrande il 18/11/2015, 18:56

Ma davvero il Belgio è un colabrodo?

http://www.huffingtonpost.it/2015/11/18 ... _ref=italy

Una certa tradizione francese narra dell'aereo belga che torna indietro perché hanno dimenticato il paracadute ma mettendo insieme quello che si racconta adesso e certi episodi del passato (che per me partono dallo stadio dell'Heisel) comincia a formarsi una immagine comunque un po' inquietante.
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda Robyn il 18/11/2015, 21:42

In Francia e in altri paesi lo stato di emergenza ci sarà fino a quando non saranno state debellate e sradicate tutte le cellule jhaidiste,ma naturalmente i francesi devono vivere nella massima libertà e nella massima serenità evitando che i falsi allarmi si moltiplichino.Il messaggio di Jean Jacques Chirac a francesi delle periferie parigine di anni fà "Siete figli della Francia" ha mostrato le sue falle.Mai più periferie degradate e culla di emarginazione.Per l'Italia ,l'Italia parteciperà alla pari dei suoi partner europei agli interventi aerei,più incertezza c'è per l'attacco terrestre dal momento che il mediorente è un campo minato,ma pur sempre in una funzione umanitaria.Sullo sfondo c'è l'eterno dissidio fra Israele e Palestina che deve trovare una via d'uscita pacifica e permanente.La Palestina và riconosciuta come stato indipendente ma allo stesso tempo deve riconoscere Israele,che a sua volta riconoscendo la Palestina deve abbandonare senza esitazioni i territori occupati della Palestina
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda mariok il 18/11/2015, 21:54

Renzi: “Proporrò ulteriori fondi per la sicurezza”.
E vai! Ora che Juncker ha dichiarato che le spese per la sicurezza sono fuori del patto di stabilità, quanti begli affari si faranno in acquisti militari con relative tangenti.

POLITICA DIVISA
Continua a dividersi, però, la politica italiana. Ognuno ha la sua risposta alla minaccia terrorista. Forza Italia chiede innanzitutto, con Renato Brunetta, di togliere le sanzioni alla Russia. E insieme alla Lega batte sul tasto dell’immigrazione: «Chiudere le frontiere e i luoghi di culto radicali islamici, rimpatriare i clandestini», sono le richieste. I 5 Stelle invocano, tra l’altro, il ritiro dall’Afghanistan. E Sel dice un no deciso a «un intervento armato». La polemica, insomma, è dietro l’angolo, nelle ore in cui alla Camera si vota il decreto di proroga delle missioni internazionali. Ma su un punto tutte le forze politiche potrebbero riuscire a fare fronte comune: sul rafforzamento dei poteri di intelligence (un emendamento in tal senso è atteso domattina) e sull’aumento delle risorse per la sicurezza in legge di stabilità (si dovrebbe intervenire nel passaggio della manovra alla Camera).

Dopo un po' di sobrietà durata solo qualche ora, ha ripreso la solita gara a chi la spara più grossa.



Renzi: “Proporrò ulteriori fondi per la sicurezza”. Roma vara un piano contro gli attacchi via drone
Il Premier parla a Sky sugli attentati a Parigi: «No all’isteria o alla sottovalutazione». «Il Giubileo si farà». E il Presidente della Repubblica, Mattarella, lancia l’appello: «Non faremo entrare l’odio nelle nostre vite»
LAPRESSE

18/11/2015

Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, torna a parlare degli attentati terroristici a Parigi e lo fa nel corso di un’intervista a Sky Tg24. «La legge di stabilità per il 2016 aveva già più soldi del 2015 sulla sicurezza. Nei prossimi 15 giorni verificheremo se possiamo mettere più denari» ha detto. «La settimana prossima farò una proposta a tutti per un investimento ulteriore non solo di sicurezza ma anche di recupero di determinate realtà». «Dobbiamo avere il coraggio di non rinchiuderci. È cruciale non cedere all’isteria né cadere nella sottovalutazione - ha ribadito - serve equilibrio» nella reazione al terrorismo internazionale.

RENZI: “NO A LEGGI SPECIALI SULLA SICUREZZA”
Categorico sulla questione sicurezza e contrasto al terrorismo: «Escludo nel modo più categorico una modifica costituzionale su questi temi. Non credo che la priorità siano leggi speciali. Non escludo però modifiche normative» per rafforzare l’azione dell’intelligence. E sui finanziatori al terrorismo ribadisce: «L’Italia non fa affari con Paesi, realtà statuali che finanziano attività di gruppi terroristici» sostenendo che l’estremismo si può combattere anche «sostenendo governi come quello del nostro amico Al Sisi in Egitto».

“INVESTIRE IN CYBER SECURITY”
Sul potenziamento delle spese per la sicurezza per il premier serve «un investimento sulla cyber security: puoi mappare i sospetti, ma anche banalmente incrociare le telecamere come è stato fatto a Milano dopo il terribile episodio a Palazzo di Giustizia. È un tema che va affrontato in modo diverso».

RENZI E IL GIUBILEO
Il presidente del Consiglio ha chiarito che sarà posta la massima attenzione per il Giubileo: «Tutti i Paesi europei hanno lo stesso grado di rischio, ma chi dice “C’è il Giubileo e il Papa è un obiettivo” rispondo: il Papa se è un obiettivo è un obiettivo sempre e mai gli avrei chiesto di sospenderlo».

“GIUSTA LA POSIZIONE DI PUTIN”
Sul piano della diplomazia internazionale il premier si è detto a favore della posizione avanzata da Vladimir Putin: «Una coalizione contro il terrorismo come fu fatto contro Hitler. È una presa di posizione giusta», aggiungendo che «sarebbe molto positivo» riportare la Russia al tavolo della coalizione internazionale.

“NO A LIBIA BIS”
Il premier conferma che l’Italia è pronta a fare la sua parte ma chiarisce: «Decidiamo qual è l’obiettivo, chiariamo qual è la coalizione, io una Libia bis non la voglio. Per ora l’unica via per combattere il terrorismo non è quella di bombardare la Siria, l’unica via è quella diplomatica». «Non c’è nessun soldato italiano o altri impegnati sul terreno contro l’Isis. Dal punto di vista tecnico l’Italia può mandare aerei in Iraq ma non in Siria - ha detto -. Però al di là degli aspetti giuridici la mia riflessione è più ampia: il tema non è se bombardare o meno la Siria». «Non credo che ci sia un nesso tra i bombardamenti di settembre in Siria e quello che è successo» ha poi aggiunto. «L’Italia sta già partecipando in molte missioni internazionali - fa notare il premier -. Si dice andiamo e bombardiamo, ma prima accordiamoci su chi bombardiamo perché la frammentazione in Siria ha portato ad una serie di interventi slegati da una visioni unitaria».

“L’IMMIGRAZIONE NON C’ENTRA”
Secondo il premier non serve chiudere le frontiere per bloccare il terrorismo: «Sarebbe molto facile dire che è tutta colpa dell’immigrazione e dei barconi, ma non è così: i terroristi arrivano con gli aerei di linea e non con i barconi» ha sostenuto Renzi, aggiungendo che «non possiamo avere la certezza che nessuno di quelli che arriva con i barconi non commetta reati».

APPELLO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
In mattinata il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, aveva lanciato la sfida nell’ennesima giornata di paura per l’Europa sotto attacco. «Non faremo entrare l’odio nelle nostre vite e nella nostra civiltà. Il terrore vuole snaturarci. Noi non ci piegheremo. Non ci faremo rubare il nostro modello di vita e il nostro futuro». «Difenderemo la qualità delle nostra civiltà e la offriremo al mondo, rimanendo fedeli ai valori che la hanno ispirata e affinata nel tempo».

LE MISURE ANTI-TERRORISMO
Un piano per abbattere droni e neutralizzare la minaccia di attacchi terroristi con velivoli senza pilota è stata annunciato dal prefetto di Roma, Franco Gabrielli, in vista del Giubileo. «Siamo all’interno di una minaccia ma questo non ci deve indurre a un atteggiamento di paura», ha detto Gabrielli ricordando come «la vicenda parigina ci ha rifocalizzato su target che prima ci sembravano più marginali, nel senso che è aumentato il novero degli obiettivi». «Stiamo predisponendo un potenziamento dei sistemi di intercettazione» dei droni, ha annunciato, «e nelle condizioni che lo consentiranno, anche di abbattimento»

“IL DNA EUROPEO”
«Nel dna italiano ed europeo - ha spiegato il Presidente della Repubblica da Firenze - è iscritto uno straordinario impasto di cultura, di umanità, di idee di libertà e di relazioni sociali. È parte della vita che viviamo ed è ragione del nostro desiderio di migliorarci. Dobbiamo tenerlo presente nel momento in cui il terrorismo sferra il suo attacco contro la nostra Europa e porta morte e barbarie in una delle sue città». Poi una sferzata all’Europa: «L’unità europea, ideale del Risorgimento, è l’ideale del nostro avvenire, oltre che nostro interesse concreto, è la chiave indispensabile per affrontare queste novità epocali. Troppi egoismi, troppe visioni anguste, ancora ci frenano».



POLITICA DIVISA
Continua a dividersi, però, la politica italiana. Ognuno ha la sua risposta alla minaccia terrorista. Forza Italia chiede innanzitutto, con Renato Brunetta, di togliere le sanzioni alla Russia. E insieme alla Lega batte sul tasto dell’immigrazione: «Chiudere le frontiere e i luoghi di culto radicali islamici, rimpatriare i clandestini», sono le richieste. I 5 Stelle invocano, tra l’altro, il ritiro dall’Afghanistan. E Sel dice un no deciso a «un intervento armato». La polemica, insomma, è dietro l’angolo, nelle ore in cui alla Camera si vota il decreto di proroga delle missioni internazionali. Ma su un punto tutte le forze politiche potrebbero riuscire a fare fronte comune: sul rafforzamento dei poteri di intelligence (un emendamento in tal senso è atteso domattina) e sull’aumento delle risorse per la sicurezza in legge di stabilità (si dovrebbe intervenire nel passaggio della manovra alla Camera).
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda pianogrande il 18/11/2015, 23:26

L'intelligence è una vera e propria arma.
Certo che bisogna potenziarla.
Parlo però di una intelligence sopratutto tecnologica; un settore in cui stanno venendo fuori dei buchi incredibili.
Pensando all'intelligence e al fatto che la Francia di Hollande chiede poteri speciali in costituzione, non posso fare a meno di pensare alla rivoluzione algerina quando la stessa Francia e non ai tempi dell'inquisizione torturava con una efferatezza allucinante.
Spero che non venga fuori nessun permesso di torturare in nessun paese d'Europa.

Non difendiamo la nostra civiltà dalla barbarie diventando dei barbari anche noi.

Non è fuori luogo questo pensiero.
Anche da noi le garanzie di incolumità fisica per chi è in mano allo stato non risultano all'altezza di un paese civile.
Figuriamoci se facciamo qualche legge che appena appena allarghi un po' le maglie.
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda trilogy il 19/11/2015, 12:53

Chi diffonde il tumore globale del fanatismo islamico lo sanno tutti...ma gli affari sono affari.

19 Novembre 2015
La «Saudi connection» che frena la lotta all’Isis
di Alberto Negri

In questi giorni appare folgorante una frase riportata dal Financial Times del defunto principe Saud Feisal al segretario di Stato Usa John Kerry: «Daesh è la nostra risposta sunnita al vostro appoggio in Iraq agli sciiti dopo la caduta di Saddam». Ecco in cosa consiste la Saudi Connection: una politica estera intossicata dalle involuzioni di Riad con i jihadisti mentre la sua campagna militare in Yemen, denominata “Decisive Storm”, è diventata un Vietnam del Golfo.

La Saudi Connection è soprattutto il rapporto ombelicale che da 70 anni lega Washington a Riad. L’Arabia Saudita, il più oscurantista degli Stati islamici, è la roccaforte del sunnismo ma anche la nazione musulmana con il più antico patto con gli Stati Uniti, firmato tra Ibn Saud e Roosevelt nel 1945, pochi giorni dopo Yalta.

I sauditi dopo l’accordo sul nucleare iraniano si sono sentiti traditi da Washington, perché considerano Teheran la minaccia numero uno. Ma le cose non stanno del tutto così. In termini pratici significa che mentre Obama e Re Salman si stringevano la mano al G-20 di Antalya veniva firmato l’ennesimo contratto militare: 1,2 miliardi di dollari per 10mila sofisticate bombe Usa da scaricare i Yemen sulla testa dei ribelli sciiti Houti.

Negli ultimi cinque anni i sauditi hanno acquistato sistemi d’arma da Washington per 100 miliardi di dollari, di cui 12 negli ultimi mesi, nonostante il Congresso abbia sottolineato la persistente violazione dei diritti umani e i crimini di guerra in Yemen. Alla luce di queste cifre si spiega l’atteggiamento americano nei confronti del Califfato e dei jihadisti siriani sponsorizzati dalle monarchie del Golfo. E si comprende perché Washington esiti a mandare truppe a terra. Da una parte c’è l’ovvia considerazione che dopo l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia, gli Usa hanno mostrato segnali evidenti di disimpegno dal Medio Oriente. Ma dall’altra c’è questa connessione implacabile con i sauditi, che oltre ad essere leader dell’Opec, hanno finanziato i mujhaeddin afghani contro l’Urss negli Anni 80 e foraggiato Saddam nel conflitto contro l’Iran.

I sauditi pagano e gli americani guidano coalizioni internazionali che ai loro occhi non devono abbattere il Califfato ma prima di tutto contenere l’Iran e un giorno magari liquidare Assad in Siria. La Saudi Connection condiziona la politica estera americana quanto l’alleanza con Israele. Ora questo patto leonino tra Riad e Washington, dopo la strage di Parigi, è entrato in collisione con la nuova “santa alleanza” tra la Russia di Putin e la Francia di Hollande. Il problema è capire quali obiettivi si pongono i belligeranti. Se assestare una punizione esemplare al Califfato oppure demolire l’Isis. Nel secondo caso la Francia si scontra con Riad. Se si limita a una spedizione punitiva Parigi conserva le lucrose relazioni con la monarchia saudita, principale cliente degli armamenti francesi che quest’anno, con l’acquisto di reattori nucleari per 12 miliardi di dollari, ha salvato l’Areva dal fallimento.

Ecco cosa significa la Saudi Connection, una delle molteplici ragioni perché la guerra al Califfato finora è stata frenata da un mix di affari militari, petrolio e investimenti esteri di uno Stato dove si applica la sharia più duramente di qualunque altro posto al mondo, tranne naturalmente il Califfato di Al Baghdadi.

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... d=ACDLcDdB
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda pianogrande il 19/11/2015, 14:20

Torna il discorso dell'affare interno del mondo arabo ma completato dal perché l'Occidente non può uscire dal gioco.
Semplice.
Non possono esistere affari interni del mondo arabo dove l'occidente non sia coinvolto e ci tenga a rimanerlo.

Il commercio di armi.
In questo periodo finché c'è guerra c'è speranza, il geniale titolo del film di Sordi, è diventato un tormentone ma è la sintesi più rappresentativa della situazione.

La Francia, protagonista del momento, si trova così a combattere l'IS creatura dell'Arabia Saudita e molto probabilmente due entità nemiche si spareranno addosso con le stesse armi francesi o americane (o italiane?).

Quanta ipocrisia nei discorsi dei politici francesi dopo aver letto questo articolo che ci riporta sulla terra.

Nessun politico francese si è dimesso ma se la Francia è una democrazia forte come fanno i suoi politici a passarla liscia?
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda Robyn il 19/11/2015, 17:34

Per uscire da questo labirinto e da questo intreccio di interessi l'unica possibilità è che gli Usa e altri paesi riconvertano la loro industria bellica in altre attività pacifiche la smettano di acquistare e vendere petrolio e facciano investimenti nella green economy facendo anche qui la riconversione industriale.Quindi bisogna interrompere il commercio di armi verso i paesi del medioriente serve un grande embargo planetario che porti ad un mediorente smilitarizzato come lo fù per la Germania dopo la caduta del nazi-fascismo.Questo commercio di armi esiste perche esiste la parte estremista all'interno dei paesi del mediorente che professa la guerra santa.Le basi culturali e il consenso del fanatismo religioso non vanno debellate solo in occidente ma anche e soprattutto nel medioriente.E praticamente un commercio che si ripete incessantemente perche esiste la palude del fanatismo estremista, oggi Israele,domani il Kuwait poi più in là l'occidente più in là ancora gli Usa.Finita una guerra ne inizia un'altra e la possibilità di speculare per il commercio delle armi c'è per l'esistenza di chi professa la guerra santa.L'armamentario bellico teoricamente dovrebbe esistere solo per scopi di difesa non per aggredire il paese confinante non potrebbe essere commercializzato fra un paese e l'altro.La prossima volta gli americani spediscano all'Arabia Saudita un cargo di armi e missili giocattolo riservato ai giochi per bambini
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda mauri il 19/11/2015, 19:41

è colpa dei sauditi no ma è colpa degli americani ma anche l'iran e i palestinesi, poi i francesi e i russi? mamma li turchi
non c'è scampo tutti vogliamo dominare e avere il potere manovrare i capitali l'umanità è vittima e carnefice di se stessa, unica soluzione è abolire il denaro e le religioni oppure radere al suolo tutte le capitali del mondo, questo lo possono fare i marziani
non esiste spazio per una politica di espansione democratica anche perchè nessuno lo vuol fare, si alla guerra no alla pace
quindi possiamo solo cercare di limitare i danni collaterali che derivano dalle nostre azioni, e come sempre ci va di mezzo la povera gente, che siano arabi o altro siamo tutti sullo stesso piano, una volta distrutto lo stato islamico creeremo un nuovo diavolo, forse l'unico fatto positivo è che per combattere un nemico questa volta si alleano tutti in una grande coalizione, come accadde contro germania e giappone...ma poi si ritorna tutti contro tutti
ciao mauri
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Re: Siamo in guerra?

Messaggioda pianogrande il 19/11/2015, 20:01

Mauri.

Se "i marziani" eliminassero le chiese, il denaro, le religioni, le capitali.... rimarrebbero sempre gli umani e non credo che qualcuno di noi sarebbe contento se venissero eliminati anche quelli.

Noi siamo uno scherzo dell'evoluzione.

Quelli che erano meccanismi/istinti di sopravvivenza e di selezione (il territorio, il capo branco, il maschio dominante etc.) sopravvivono e vengono usati in modo distorto, sproporzionato, da civiltà che non ne avrebbero più bisogno.

Allora bisogna ragionare, capire ..... cultura ..... consapevolezza. ...

Quelle sono le armi vincenti.

Su quegli aspetti bisogna lavorare, lottare, mentre ci sarà sempre chi lavorerà e lotterà contro.

La cultura e l'intelligenza devono entrare in campo prima che arrivi l'evoluzione che è molto più lenta.
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