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Ma ne è valsa la pena?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 26/07/2015, 19:47

l'idea mi piace ed è molto interessante.In realta se si emettono bond a livello europeo qualcuno dovrà pagare gli interessi di quei bond se pur minimi.Se a livello nazionale paghiamo l'IRPEF e l'IVA per pagare 100 miliardi interessi a livello europeo pagheremo una quota dell'IVA e dell'IRPEF per pagare gli interessi sui bond europei la parte restante per pagare gli interessi sul debito nazionale ma la somma tra IRPEF e IVA nazionale ed europea dovrebbe rimanere invariata.In breve significa che se oggi paghiamo 10 di IVA e IRPEF nazionale domani a livello nazionale pagheremo 6 di IVA e IRPEF,e a livello europeo 4 ma la somma fà sempre 10 significa cioè scorporare il 40% del debito nazionale e trasferirlo al debito federale facendo rimanere ad ogni paese membro il 60% del debito.L'Italia se vuole rimanere legata alla democrazia deve rimanere legata all'europa senza l'europa rischiamo perche mostriamo molte insufficenze
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 26/07/2015, 20:42

La lega altri partiti antieuropa di no all'europa perche il loro problema non è l'euro ma è più esatto dire che il loro sogno è la dittatura in Italia.Infatti l'Italia slegata dall'euopa rischierebbe molto in fatto di democrazia per le sue insufficenze
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda trilogy il 27/07/2015, 9:20

mariok ha scritto:

di ANDREA TARQUINI

BERLINO. Andiamo verso un'eurotassa per dare poteri e disponibilità finanziarie speciali all'eurozona, in modo da affrontare ogni emergenza di bilancio sovrano in crisi o congiuntura negativa all'interno dei Paesi della moneta unica. I piani sono già in fase avanzata di studio. E il padre di questa idea, che farebbe fare un grande balzo in avanti europeista, è a sorpresa proprio l'uomo più temuto d'Europa, il Bundesminister delle Finanze Wolfgang Schaeuble. Lo rivela l'autorevole settimanale di Amburgo Der Spiegel .

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... ef=HRER2-2


Diciamo che la germania cerca di rilanciare la sua immagine europeista. In realtà della politica fiscale europea si parla da anni. La tassa, era prevista anche nella proposta di budget 2014-2020 (MFF) avanzata dalla Commssione. Il parlamento europeo e il consiglio hanno poi deciso diversamente.

Anche il rapporto sul futuro dell'Unione monetaria che avevo postato, ne parla a pagina 17
viewtopic.php?f=17&t=7918

anche se in modo criptico e fissa anche i paletti:

[..][b]Alternative e principi guida di una funzione di stabilizzazione per la zona euro
La potenziale funzione di stabilizzazione potrebbe, ad esempio, muovere in primis dal Fondo europeo per
gli investimenti strategici, individuando un complesso di fonti di finanziamento e di progetti d’investimento
specifici alla zona euro, cui attingere in funzione del ciclo economico. Si dovrebbero prendere in
considerazione diverse altre fonti di finanziamento
. Sarà importante ispirare l’impianto della funzione di
stabilizzazione ai seguenti principi guida:

la funzione non dovrebbe comportare trasferimenti permanenti tra paesi o trasferimenti in un’unica
direzione,
ragion per cui la convergenza verso l’Unione economica è un presupposto per la
partecipazione; non dovrebbe neppure essere concepita come strumento di perequazione dei redditi
tra gli Stati membri;

la funzione non dovrebbe compromettere gli incentivi a condurre una politica di bilancio sana a livello
nazionale né gli incentivi a rettificare le debolezze strutturali nazionali; per scongiurare il rischio morale,

dovrebbe quindi essere collegata strettamente alla conformità con il quadro complessivo di governance
dell’UE e a progressi nella convergenza verso le norme comuni illustrate al punto 2;[..]
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda franz il 27/07/2015, 9:28

mariok ha scritto:Una commissione, guidata da Mario Monti e sponsorizzata da Schaeuble e dal presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, sarebbe già al lavoro. Così la Germania in cui tutti vedono il Paese-falco per eccellenza, lo spietato paladino del rigore, lancia un inaspettato segnale d'impegno europeo: è pronta a rinunciare a parte di un aspetto-chiave della sovranità nazionale, cioè l'uso delle entrate tributarie, per blindare l'Unione monetaria e l'euro.

Già, avevo letto ieri e mi promettevo di riportare l'articolo e commentarlo. Quello che stupisce me è come dopo aver reso Schaeuble poco piu' che una macchietta del rigore (cosi' i giornalisti italiani e non solo quelli) poi ci si stupisca quando avanza una proposta che è nei binari tipici della germania. La quale non è mai stata contraria ad una maggiore integrazione federalistica, anzi piu' volte si è detta ad essere pronta. I veri ostacoli sono venuti da Francia e Regno Unito.

Nel merito, tra le due proposte (eurotassa ad hoc e quote di IVA e/o quote di imposizione su redditi e utili) preferisco nettamente la prima. Nel secondo caso nulla cambia per il contribuente. Come oggi già accade, una parte delle tasse che gli italiani pagano in Italia sarà trasferita a Bruxelles. Solo che la quota aumenterà. Se la tassa è invece una tassa nuova, gli italiani da un lato pagheranno di piu' (e saranno consapevoli di quanto pagano) dall'altro pero' le competenze che si spostano a bruxelles non graveranno piu' sul governo italiano, che dovrà quindi ridurre le tasse. Alla fine il risultato dovrebbe essere neutro ma la trasparenza a mio avviso richiede che ogni livello esiga le sue tasse, così nessuno fa di nascosto il gioco delle tre carte.
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda mariok il 29/07/2015, 17:34

PRIMO PIANO LA CRISI E LA UE L’INTERVISTA

«Europa, riforme troppo lente
Un errore aspettare il 2017»


Monti: non preparo l’eurotassa. Schäuble? Evita di essere simpatico. Sbagliato sostenere così spesso che l’Europa non deve fare la maestrina con la matita rossa
di Paolo Lepri

Mario Monti è al lavoro. Non certo per imporci un’«eurotassa», ma per trovare le soluzioni migliori sulle modalità future di finanziamento dell’Unione Europea, «lasciando invariato - tiene a precisare - l’onere complessivo a carico di cittadini ed imprese derivante dalle fiscalità nazionali e dalle “risorse proprie” di pertinenza della Ue». È questo il mandato del «Gruppo sulle risorse proprie dell’Ue», da lui presieduto, istituito nel febbraio 2014 e che presenterà le sue proposte nella primavera prossima. Verranno discusse in una conferenza con le istituzioni europee e i Parlamenti nazionali che si terrà a Bruxelles nel giugno 2016. «Certo - aggiunge - chi vuole più Europa, e soprattutto un’Europa meglio funzionante, dice da anni che l’Europa dovrà avere un bilancio proprio, non dipendente interamente o quasi dal trasferimento di contributi nazionali, e che anche l’eurozona, con ancora maggiore urgenza dell’Europa dei 28, dovrà avere un bilancio proprio, una fiscal capacity ».

La commissione da lei guidata opera in un quadro nel quale agisce anche il gruppo dei «cinque presidenti» che ha pubblicato un mese fa il suo rapporto. Non ritiene che gli obiettivi indicati dai Cinque siano troppo graduali?
«Sì, lo penso anche io. Il rapporto offre una prospettiva, ma rinvia a dopo il 2017 temi cruciali e di cui la crisi greca ha dimostrato ulteriormente l’urgenza. Questo, ovviamente, è per evitare di fare affrontare il dibattito su temi impegnativi per il futuro dell’Europa a due grandi Paesi, Germania e Francia, che avranno le elezioni proprio in quell’anno. Sono riti che francamente non ci possiamo più permettere, perché se vogliamo che l’Europa abbia una sua maggiore capacità di funzionamento e poi non deluda i cittadini non possiamo scaricare sul tavolo europeo tutti i vincoli delle politiche nazionali».

Insomma, non è il caso di perdere tempo.
«Certo. Il piano presentato recentemente dal presidente francese François Hollande e le dichiarazioni del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, pur con contenuti in parte diversi, vanno tutte nella direzione di una accelerazione del progetto di governance dell’eurozona, considerano la questione del bilancio proprio e anche il prolungamento istituzionale di questo, cioè l’equivalente di un ministro del Tesoro dell’eurozona, e addirittura di una controparte parlamentare per esercitare il controllo democratico. Qualcuno dice che questi passi sono tutti ormai inutili perché i cittadini rifiutano l’Europa? No, questa sarebbe una visione sbrigativa. Li considero passi necessari, anche se un po’ tardivi, perché più che rifiutare l’idea di Europa i cittadini sono smarriti e incattiviti per i non funzionamenti dell’Europa. Guardiamo l’attaccamento dei greci all’euro. La Grecia è il migliore esempio di successo della moneta unica. Non è un paradosso. L’ho detto nel 2011 e lo confermo oggi ancora di più. Quanto qualcuno tiene ad una cosa lo si capisce dai sacrifici che è disposto a fare pur di non perderla. Nessuno ha fatto tanti sacrifici quanto i greci, che sono disposti a farne ancora, per rendere la loro economia adatta all’euro, anziché dire addio alla moneta unica».

I tedeschi sono un ostacolo per un’Europa più forte ma anche più solidale?
«Per un’Europa più forte e meglio strutturata dal punto di vista istituzionale i tedeschi non sono un ostacolo. Anzi, sono tra quanti spingono in tale direzione. Dal punto di vista della solidarietà, però, sono quelli che da sempre hanno l’incubo (esagerato, non dico completamente infondato, ma esagerato nelle dimensioni) che un’Unione più avanzata e integrata finisca per essere una “Transfer Union” che preveda continue sovvenzioni della Germania ad altri Paesi. È importantissima l’opera pedagogica (che il governo tedesco non sempre ha fatto e che Angela Merkel all’inizio faceva poco e adesso mi sembra faccia di più) per spiegare in Germania che i cittadini e le imprese tedesche sono tra coloro che traggono maggiori benefici dal mercato e dalla moneta unica».

Qual è a suo giudizio il ruolo del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, favorevole ad una «Grexit» a tempo?
«Resta uno dei più convinti europeisti della Germania. È il ministro delle Finanze e si rende conto di quali siano gli stati d’animo dell’opinione pubblica tedesca. Certo, in questa fase del dibattito sulla Grecia si è avuta a volte l’impressione che quasi mirasse a vedere uscire dall’eurozona un Paese che troppe volte aveva dimostrato di non prendere sul serio le regole. Sicuramente è un uomo che non concede niente in termini di comunicazione per raccogliere simpatie in altre parti di Europa».
Non le sembra un po’ generico lo slogan di Matteo Renzi «cambiare l’Europa»?
«Quello che a me non piace è sostenere così spesso che l’Europa non deve fare la maestrina con la matita rossa. Così dicendo, con tutta l’autorità che ha un presidente del Consiglio in carica, si accredita di fronte all’opinione pubblica una visione riduttiva dell’Europa. Questo accade anche quando si afferma che bisogna dire basta all’Europa della burocrazia perché ci vuole l’Europa della politica. Per far funzionare l’Europa la competenza è indispensabile. Più politica in Europa ci vorrebbe proprio. Ma, per favore, non quella che in genere vediamo oggi negli Stati membri: una politica schiacciata sul brevissimo periodo e pronta ad immolare l’interesse generale sull’altare dei sondaggi».

Ritiene che il populismo e il nazionalismo siano un pericolo grave in Europa?
«Sarebbe stato necessario già da molto tempo che i vertici politici dell’Europa (mi riferisco ai capi di Stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo) avessero discusso al massimo livello gli ostacoli e le minacce per l’integrazione europea derivanti in misura crescente dai nazionalismi e dai populismi. Mi ha invece sempre colpito, nei Consigli europei, l’assenza totale di discussione politica. Si passava il tempo a cercare di risolvere le crisi finanziarie del momento, senza guardare più lontano. Quando ero premier proposi a Herman Van Rompuy di convocare un Consiglio europeo dedicato alla sfida del nazionalismo e del populismo. Lui fu d’accordo e lo annunciò alla stampa. Qualche giorno dopo mi telefonò la cancelliera Merkel per dirmi che trovava buona l’idea, ma che avrebbe preferito che di questo tema impegnativo si parlasse una volta risolta definitivamente la crisi greca. Era il settembre 2012».

Quale è la sua reazione quando sente parlare di un’uscita dell’Italia dall’euro?
«I “no all’euro” appaiono sempre più radicati nell’insofferenza verso la Germania e nel disprezzo nei confronti della Merkel. Ora, chi ha questa posizione deve stare ben attento. Se si pensasse che uscendo dall’euro, e magari dalla Ue, l’Italia si affrancherebbe d’incanto dall’influenza e dal potere della Germania, si commetterebbe un errore madornale. L’unica entità che disciplina e sottopone a regole comuni tutti gli Stati, compreso il più grande e il più potente, è proprio l’Ue, e in essa l’eurozona. I Grillo e i Salvini devono riflettere: l’Italia che loro vorrebbero sarebbe esposta, molto più di oggi, ad una Germania super potente, senza remore, senza regole e senza arbitro».

29 luglio 2015 (modifica il 29 luglio 2015 | 13:51)PRIMO PIANO LA CRISI E LA UE L’INTERVISTA
«Europa, riforme troppo lente
Un errore aspettare il 2017»
Monti: non preparo l’eurotassa. Schäuble? Evita di essere simpatico. Sbagliato sostenere così spesso che l’Europa non deve fare la maestrina con la matita rossa
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Mario Monti è al lavoro. Non certo per imporci un’«eurotassa», ma per trovare le soluzioni migliori sulle modalità future di finanziamento dell’Unione Europea, «lasciando invariato - tiene a precisare - l’onere complessivo a carico di cittadini ed imprese derivante dalle fiscalità nazionali e dalle “risorse proprie” di pertinenza della Ue». È questo il mandato del «Gruppo sulle risorse proprie dell’Ue», da lui presieduto, istituito nel febbraio 2014 e che presenterà le sue proposte nella primavera prossima. Verranno discusse in una conferenza con le istituzioni europee e i Parlamenti nazionali che si terrà a Bruxelles nel giugno 2016. «Certo - aggiunge - chi vuole più Europa, e soprattutto un’Europa meglio funzionante, dice da anni che l’Europa dovrà avere un bilancio proprio, non dipendente interamente o quasi dal trasferimento di contributi nazionali, e che anche l’eurozona, con ancora maggiore urgenza dell’Europa dei 28, dovrà avere un bilancio proprio, una fiscal capacity ».

La commissione da lei guidata opera in un quadro nel quale agisce anche il gruppo dei «cinque presidenti» che ha pubblicato un mese fa il suo rapporto. Non ritiene che gli obiettivi indicati dai Cinque siano troppo graduali?
«Sì, lo penso anche io. Il rapporto offre una prospettiva, ma rinvia a dopo il 2017 temi cruciali e di cui la crisi greca ha dimostrato ulteriormente l’urgenza. Questo, ovviamente, è per evitare di fare affrontare il dibattito su temi impegnativi per il futuro dell’Europa a due grandi Paesi, Germania e Francia, che avranno le elezioni proprio in quell’anno. Sono riti che francamente non ci possiamo più permettere, perché se vogliamo che l’Europa abbia una sua maggiore capacità di funzionamento e poi non deluda i cittadini non possiamo scaricare sul tavolo europeo tutti i vincoli delle politiche nazionali».

Insomma, non è il caso di perdere tempo.
«Certo. Il piano presentato recentemente dal presidente francese François Hollande e le dichiarazioni del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, pur con contenuti in parte diversi, vanno tutte nella direzione di una accelerazione del progetto di governance dell’eurozona, considerano la questione del bilancio proprio e anche il prolungamento istituzionale di questo, cioè l’equivalente di un ministro del Tesoro dell’eurozona, e addirittura di una controparte parlamentare per esercitare il controllo democratico. Qualcuno dice che questi passi sono tutti ormai inutili perché i cittadini rifiutano l’Europa? No, questa sarebbe una visione sbrigativa. Li considero passi necessari, anche se un po’ tardivi, perché più che rifiutare l’idea di Europa i cittadini sono smarriti e incattiviti per i non funzionamenti dell’Europa. Guardiamo l’attaccamento dei greci all’euro. La Grecia è il migliore esempio di successo della moneta unica. Non è un paradosso. L’ho detto nel 2011 e lo confermo oggi ancora di più. Quanto qualcuno tiene ad una cosa lo si capisce dai sacrifici che è disposto a fare pur di non perderla. Nessuno ha fatto tanti sacrifici quanto i greci, che sono disposti a farne ancora, per rendere la loro economia adatta all’euro, anziché dire addio alla moneta unica».

I tedeschi sono un ostacolo per un’Europa più forte ma anche più solidale?
«Per un’Europa più forte e meglio strutturata dal punto di vista istituzionale i tedeschi non sono un ostacolo. Anzi, sono tra quanti spingono in tale direzione. Dal punto di vista della solidarietà, però, sono quelli che da sempre hanno l’incubo (esagerato, non dico completamente infondato, ma esagerato nelle dimensioni) che un’Unione più avanzata e integrata finisca per essere una “Transfer Union” che preveda continue sovvenzioni della Germania ad altri Paesi. È importantissima l’opera pedagogica (che il governo tedesco non sempre ha fatto e che Angela Merkel all’inizio faceva poco e adesso mi sembra faccia di più) per spiegare in Germania che i cittadini e le imprese tedesche sono tra coloro che traggono maggiori benefici dal mercato e dalla moneta unica».

Qual è a suo giudizio il ruolo del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, favorevole ad una «Grexit» a tempo?
«Resta uno dei più convinti europeisti della Germania. È il ministro delle Finanze e si rende conto di quali siano gli stati d’animo dell’opinione pubblica tedesca. Certo, in questa fase del dibattito sulla Grecia si è avuta a volte l’impressione che quasi mirasse a vedere uscire dall’eurozona un Paese che troppe volte aveva dimostrato di non prendere sul serio le regole. Sicuramente è un uomo che non concede niente in termini di comunicazione per raccogliere simpatie in altre parti di Europa».
Non le sembra un po’ generico lo slogan di Matteo Renzi «cambiare l’Europa»?
«Quello che a me non piace è sostenere così spesso che l’Europa non deve fare la maestrina con la matita rossa. Così dicendo, con tutta l’autorità che ha un presidente del Consiglio in carica, si accredita di fronte all’opinione pubblica una visione riduttiva dell’Europa. Questo accade anche quando si afferma che bisogna dire basta all’Europa della burocrazia perché ci vuole l’Europa della politica. Per far funzionare l’Europa la competenza è indispensabile. Più politica in Europa ci vorrebbe proprio. Ma, per favore, non quella che in genere vediamo oggi negli Stati membri: una politica schiacciata sul brevissimo periodo e pronta ad immolare l’interesse generale sull’altare dei sondaggi».

Ritiene che il populismo e il nazionalismo siano un pericolo grave in Europa?
«Sarebbe stato necessario già da molto tempo che i vertici politici dell’Europa (mi riferisco ai capi di Stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo) avessero discusso al massimo livello gli ostacoli e le minacce per l’integrazione europea derivanti in misura crescente dai nazionalismi e dai populismi. Mi ha invece sempre colpito, nei Consigli europei, l’assenza totale di discussione politica. Si passava il tempo a cercare di risolvere le crisi finanziarie del momento, senza guardare più lontano. Quando ero premier proposi a Herman Van Rompuy di convocare un Consiglio europeo dedicato alla sfida del nazionalismo e del populismo. Lui fu d’accordo e lo annunciò alla stampa. Qualche giorno dopo mi telefonò la cancelliera Merkel per dirmi che trovava buona l’idea, ma che avrebbe preferito che di questo tema impegnativo si parlasse una volta risolta definitivamente la crisi greca. Era il settembre 2012».

Quale è la sua reazione quando sente parlare di un’uscita dell’Italia dall’euro?
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29 luglio 2015 (modifica il 29 luglio 2015 | 13:51)
http://www.corriere.it/politica/15_lugl ... db4c.shtml
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La crisi è costata ai governi europei più del Pil della Grec

Messaggioda franz il 30/07/2015, 17:26

Economia | Banche - 28 lug 2015 16:06
La crisi è costata ai governi europei più del Pil della Grecia

MILANO - Dal 2011 al 2014 la crisi delle banche europee è costata 221 miliardi di euro alle casse pubbliche, tra salvataggi e minori imposte. La perdita supera di 1,2 volte il Pil della Grecia. È quanto emerge da uno studio R&S Mediobanca sulle maggiori banche internazionali. Il prodotto interno lordo di Atene è praticamente equivalente al valore "bruciato" dalle banche europee in tre anni, ovvero 178,5 miliardi di euro, di cui 116,6 miliardi da svalutazioni e 62 miliardi da contenziosi.
http://www.cdt.ch/economia/banche/13581 ... recia.html


Ci si deve chiedere legittimamente come sia possibile.
L'errore è, a mio avviso, aver salvato la grecia tre volte in 5 anni.
Si fa un primo salvataggio ma non funziona. Dopo due anni c'è il dilemma: perdiamo tutti i soldi del primo salvataggio oppure ne facciamo un secondo che ci permette almeno di ricuperare il primo? Poi nemmeno il secondo funziona e siarriva al terzo, per non buttare a male i miliardi spesi gli anni precedenti.

Il meccanismo è molto simile (direi identico) all'asta di un dollaro, di cui in passato ho già parlato.
Per non buttare a male l'investimento già fatto si arriva a spendere tre dollari per guadagnarne uno.

Un breve testo sulle implicazioni politiche di tale asta:
Una terza spinta a non cooperare nasce dal principio “ho investito troppo per mollare”. Esso è illustrato dal gioco dell’asta di un dollaro. Esso è piuttosto semplice: viene messo all’asta un dollaro, base d’asta un cent. Vi è la regola che il banditore trattiene anche la seconda migliore offerta. Col procedere del gioco, si capisce presto la convenienza dell’asta per il banditore: essa si manifesta quando la somma complessiva delle due migliori offerte supera il dollaro.

Durante il gioco a un certo punto succede qualcosa di strano: qualcuno comincia a offrire più di un dollaro per vincere un dollaro. Ciò a ben pensarci è perfettamente razionale, dato che quando si arriva a offrire 99 cent e si perderebbe in seguito a una offerta di un dollaro, si preferisce non perdere i 99 cent e, offrendo un dollaro e un cent, si perde solo 1 cent.

Gli studiosi hanno mostrato che durante il gioco si instaurano meccanismi di competizione, che si svolgono attraverso gare al rilancio, che portano in media alla vendita del dollaro a più di tre dollari (consiglio al riguardo la lettura del bel Calcoli morali). In ambito politico questo meccanismo si verifica quando una parte comincia a capire che non mollando, ci perderà, ma che al contempo sia ridurrà i propri danni, sia probabilmente massimizzerà il danno per la controparte.

Ne segue un gioco al massacro in cui i partecipanti perdono più di quanto avrebbero perso se si fossero fermati prima. Mentre nel gioco dell’asta del dollaro almeno il banco vince, può succedere che nella lotta politica si giochi senza banco, così che tutti i partecipanti perdano.

(Fonte: http://www.laricerca.loescher.it/societ ... llaro.html )

Che ne dite?
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda flaviomob il 31/07/2015, 6:54

Certo: per salvare le banche, cioè soggetti privati che devono pagare per i rischi che corrono, se le cose vanno male.

Ovvero, in perfetto stile italiano (anni d'oro della FIAT) hanno socializzato le perdite, oltretutto intervenendo con un ritardo tale da massimizzare il danno.

Questa è l'Europa corrottissima democristiana, del paradisiaco fiscale Juncker e dei suoi alleati DC tedeschi che hanno fortissimi interessi nel "nero" lussemburghese (guardacaso hanno chiesto alla Grecia, per strozzarla meglio, un trust di diritto lussemburghese per 50 MILIARDI, che però Tsipras ha rifiutato).

Andiamocene!


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda franz il 31/07/2015, 9:12

Già fatto, grazie.
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda mariok il 31/07/2015, 9:31

franz ha scritto:Già fatto, grazie.


credo che non intendesse riferirsi alla scelta individuale di andarsene dall'Italia, ma a quella di uscire dall'Europa, in questo caso senza specificare dove :roll:
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda franz il 31/07/2015, 10:23

mariok ha scritto:
franz ha scritto:Già fatto, grazie.


credo che non intendesse riferirsi alla scelta individuale di andarsene dall'Italia, ma a quella di uscire dall'Europa, in questo caso senza specificare dove :roll:

Lo avevo capito ;) ma comunque 2 milioni di italiani hanno seguito la mia interpretazione in questi 15 anni.
Secondo i dati ufficiali AIRE. Qualcuno sostiene che siano solo una parte e che ci siano anche quelli che partono senza annunciarsi.
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