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Ma ne è valsa la pena?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 14/07/2015, 22:02

La Germania non ha più la leadership in europa perche si è dimostrata incapace di gestirla.La crisi finanziaria l'austerity senza crescita e la mancanza degli eurobond hanno debilitato il benessere dei cittadini e il sogno europeo
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda franz il 14/07/2015, 22:41

Effettivamente L'europa cresce meno di altri (USA, Asia, Africa) ma cresce.
Crescono di piu' i paesi europei che riescono ad unire riforme, investimenti, rigore di bilancio.
http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/2015/ags2015_it.pdf
Vi è una netta propensione nordica a seguire questa strada ed una propensione tutta latina e levantina a ritardarla fino a quando non è veramente l'ultimo minuto. Avendo un'europa unita che unisce (con sofferenza) i due estremi, la media fa pena ma è pur sempre di poco positiva.
In tutto il 2014 la crescita del PIL in termini reali dovrebbe attestarsi
complessivamente all’1,3% nell’UE e allo 0,8% nella zona euro. Nel 2015 è previsto
un lento incremento, pari rispettivamente all’1,5% e all’1,1%, trainato da un
miglioramento della domanda interna e della domanda estera, e nel 2016 è attesa
un’accelerazione dell’attività economica pari rispettivamente al 2,0% e all’1,7%.

Qualcuno preferisce due europe o un'europa a due velocità?
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda flaviomob il 14/07/2015, 23:19

Margaret Thatcher & Angela Merkel

di Lelio Demichelis

Parliamo di Grecia, per parlare di Europa. Prima riflessione: non sono i falchi ad avere vinto la contesa (la guerra ideologica) contro la Grecia, ma gli avvoltoi: che si sono divorati non solo le spoglie della Grecia e dei greci (dopo la macelleria sociale praticata negli anni scorsi e oggi riproposta in versione ancora più hard), ma dell’intera Europa. Che è morta ora definitivamente e dopo lunga e prolungata terapia nella notte tra il 12 e il 13 luglio 2015: una data che passerà alla storia (se i vincitori non riscriveranno la storia) come il compimento del disegno – narcisistico, ideologico, ma soprattutto tanatopolitico – di conquista dell’Europa da parte dei tedeschi, che ormai si arrogano anche il diritto di decidere (Schäuble con il suo piano di Grexit) chi può e chi non può stare nell’euro. Dell’Europa sono rimaste solo le rovine lasciate dalla conquista tedesca (e dei suoi alleati), non più militare ma sempre in nome di un’ideologia totalitaria, questa volta economica. Dire questo significa attenersi ai nudi fatti, non certo manifestare un pre-giudizio verso i tedeschi. Come non si diventa ipso facto antisemiti se si critica il governo di Israele (anche se a Gerusalemme questo gioco è molto praticato), altrettanto non si diventa qualunquisticamente antitedeschi criticando gli errori che ostinatamente perseguono dal 2008, significa solo esercitare un dissenso politico in nome della ragione.

L’Europa virtuosa, politica, sociale e solidale di Altiero Spinelli, di Adenauer, di De Gasperi, di Schuman non esiste più, il loro sogno è svanito nel nulla dell’economia di mercato (che pure ci illudevamo potesse essere la via giusta per costruire un’Europa distrutta dalla politica), ma questo nulla che ha inghiottito ogni cosa (la democrazia, i diritti, la speranza, l’europeismo, la responsabilità, la fiducia reciproca), è tutto trionfalmente tedesco. Tedeschi che infatti – felici di quella felicità un po’ folle che dona loro il senso di onnipotenza: über alles sempre e comunque – guardano dall’alto le rovine fumanti di un’Europa che però e finalmente è la loro Europa. Distrutta politicamente e socialmente certo, ma unificata e omologata nell’economia di mercato e finalmente loro. Un’Europa che contro la Grecia ha dimostrato di essere una democratura (una dittatura in questo caso del mercato, sotto la maschera di democrazia). Che mette sotto amministrazione controllata – togliendo ogni sovranità al suo demos – la democratica Grecia, ma lascia campo libero alla democratura ungherese. Perché la Grecia (e non l’Ungheria) è dissidente sulle politiche economiche dell’Europa ma l’Europa come democratura tedesca non ama il dissenso politico e soprattutto economico.

Da queste rovine (che un tempo erano speranze, sogni, utopie, solidarismo cattolico, liberalismo democratico e internazionalismo socialista), da questa Europa in mille pezzi (divide) ora la Germania (con i suoi satelliti ideologici) potrà esercitare la sua egemonia economica e culturale (et impera), avendo in mano anche la tecnocrazia di Bruxelles; potrà costruire un’Europa finalmente disciplinata, sottomessa e obbediente, tutta l’Europa del Nord e ora anche del Sud avendo oggi pienamente interiorizzato la modalità ordoliberale (& neoliberista) di organizzazione di una società nella forma totalitaria tedesca, dove il debito (degli altri) è sempre una colpa, dove il beruf, la vocazione di ognuno deve essere oggi la flessibilità, dove l’essenza di ciascuno è solo quella di essere soggetto economico, quindi capitale umano e di sapersi adattare velocemente al mercato (la flessibilizzazione del mercato del lavoro e la libertà di licenziamenti collettivi imposti nuovamente ad Atene). Merkel e Schäuble e la maggioranza dei tedeschi con loro, non hanno sopportato l’esito del referendum greco del 5 luglio, anzi li ha fatti incattivire ancora di più e si sono comportati come bambini viziati e capricciosi, strillando e picchiando i pugni sul tavolo e battendo i piedi per terra e facendo la faccia feroce con i compagni di gioco pur di ottenere ciò che volevano. Incapaci di accettare che qualcuno potesse contestare il giocattolo – l’austerità – già rotto e fin dall’inizio malfunzionante, ma necessario in dosi crescenti per adattare appunto gli europei alle logiche super-razionali del mercato.

Willy Brandt si era inginocchiato, con gesto simbolico e sincero, il 7 dicembre 1970 a Varsavia al monumento in memoria della distruzione del ghetto, chiedendo perdono. Oggi, Angela Merkel pretende che i greci e con loro tutti gli europei si inchinino a Berlino e ai suoi voleri e impone ai greci di chiedere perdono alla Germania per non avere fatto abbastanza per adattarsi a questa nuova ideologia tedesca. Una Germania che dimentica di essere stata salvata anche dalla Grecia dopo la seconda guerra mondiale, quando venne condonato il 60% del suo debito. Una Germania che si incarognisce contro un paese che pesa per il 2% appena del pil complessivo europeo (forte coi deboli e debole con i forti, ma soprattutto intollerante verso il dissenso); Grecia per il cui salvataggio basterebbero 370 miliardi di euro, nulla a confronto di quanto speso per salvare Citigroup (2.500 miliardi), Morgan Stanley (2.000 miliardi). E pochi anche rispetto al salvataggio di Bnp Paribas (175 miliardi) o di Dresdner Bank (135 miliardi) – dati tratti dall’articolo di Mariana Mazzucato, su Repubblica del 13 luglio.

Tuttavia, quello che a molti sembra un clamoroso errore, per i tedeschi appunto non lo è. Se perseverano in quello che per noi razionali e illuministi è un evidentissimo errore di scienza economica non è perché siano preda di una sindrome diabolica. E non lo fanno perché siano stupidi, come pure sembrano essere, ma perché sono ideologicamente intelligentissimi – e l’ideologia, come un credo religioso, persegue un obiettivo preciso: creare un uomo nuovo, e non c’è errore o confutazione che possa cancellare il credo religioso. La differenza con le ideologie del ‘900 è che questa è un’ideologia economica fondata su un mercato che è sempre razionale per dogma di fede ma che soprattutto promette (è il suo storytelling, fasullo ma efficacissimo, come ogni buona propaganda) libertà, autonomia individuale, responsabilità, auto-attivazione. Ecco perché abbiamo affiancato nel titolo Thatcher & Merkel: per segnalare quella che ormai è una fusione per incorporazione incrociata tra due modelli che vogliono trasformare l’uomo in mero soggetto economico, modelli che dicono che la società non esiste ma esistono solo gli individui (Thatcher) o che deve con-fondersi, come la democrazia, con il mercato (ordoliberali & neoliberisti), che il modello impresa (ordoliberali) è vincente e tutto deve essere valutabile in termini economici (neoliberisti), anche ciò che non dovrebbe esserlo.

Cosa sia il neoliberismo lo sappiamo. L’ordoliberalismo tedesco è meno conosciuto, ma ugualmente importante (e a chi volesse approfondire suggeriamo Nascita della biopolitica, di Michel Foucault – Feltrinelli). Cosa dicevano gli ordoliberali, nati come scuola negli anni ’30 del secolo scorso e poi al potere in Germania dopo il 1945? Che lo stato è sempre inefficiente mentre nulla prova che il mercato abbia difetti simili, dunque lasciamo che il mercato sia il principio di regolazione dello stato in tutta l’estensione della sua azione. Non solo: per gli ordoliberali la concorrenza è il vero motore del mercato. Ma posto che la concorrenza non è qualcosa di naturale – come invece è lo scambio – ecco che deve essere appresa con un’adeguata pedagogia. Certo, pure Auguste Comte sosteneva, ben prima degli ordoliberali, che la concorrenza è l’essenza dell’economia di mercato, ma ora la concorrenza diventa regola unica e omologante – unidimensionale – dei comportamenti sociali e della vita individuale. Di più: lo stato deve sostenere le logiche di mercato, promuoverle e diffonderle.

Ecco allora alcuni elementi-base dell’ordoliberalismo, secondo uno dei suoi teorizzatori, Wilhelm Röpke (che comunque si definiva un neoliberista): accesso di tutti alla proprietà privata, riduzione delle grandi città a vantaggio di quelle medie e decentramento dei luoghi di residenza e di lavoro, favore per le case individuali, sviluppo di artigianato e commercio al dettaglio, ricostruzione delle comunità locali (necessarie a controbilanciare gli effetti de-socializzanti del mercato). E soprattutto, attacco contro ogni idea di sinistra (come oggi la Merkel contro Syriza) E la diffusione della logica d’impresa, oggi diremmo: il dover essere imprenditori di se stessi. E uno stato non più con il compito di governare la società e l’economia, ma a cui spetta solo il compito di dare le regole del gioco, purché siano di mercato e per il mercato. Individualizzazione dei rapporti di lavoro, modello impresa, egoismo, concorrenza come regola di vita, uomini ridotti a capitale umano, privatizzazioni, solidarietà in versione aiuti umanitari, addestramento a farcela da soli: gli elementi delle attuali politiche europee-tedesche sono tutti qui, sommandosi appunto, ma coerentemente con il neoliberismo austro-americano.

Ciò che aveva iniziato Margaret Thatcher – la distruzione scientifica dello stato sociale, della società, della politica, della democrazia, dei diritti sociali e del lavoro e del sindacato – l’hanno completato oggi Angela Merkel e Wolfgang Schäuble – appunto neoliberismo & ordoliberalismo insieme. D’ora in avanti, per la Germania – sostenuta da una sinistra più merkeliana della Merkel e dal suo blocco ideologico – la strada è tutta in discesa. Con un’Europa che da ora e per lungo tempo non sarà mai più ciò che doveva e poteva e sognava di essere. Almeno fino a quando non risolverà il suo problema strutturale: la Germania.

(14 luglio 2015)

http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... la-merkel/


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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda pianogrande il 14/07/2015, 23:39

Tutti questi paroloni per dire che stai dalla parte dei furbi che non vogliono pagare i debiti e vogliono altri soldi per non cambiare niente mi sembrano veramente un polverone ormai dificile da tenere su.
Ormai le posizioni sono chiarissime.
Chi ci ha messo i soldi li rivuole.
Per metterne altri vuole garanzie.
Lelio De Michelis/Micromega può anche scrivere settecentocinquanta pagine di paroloni ma la realtà (che è semplicissima) non cambierà di una virgola.
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda flaviomob il 15/07/2015, 1:16

La Germania viola costantemente i trattati europei in termini di surplus

http://vitolops.blog.ilsole24ore.com/20 ... -germania/

Distrugge l'Europa

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10 ... a/1154681/

Favorisce xenofobi e nazionalisti

http://www.intelligonews.it/articoli/13 ... dei-popoli

Impedisce la ripresa economica continentale

http://www.forbes.com/sites/nathanvardi ... s-germany/


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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda mariok il 15/07/2015, 22:31

E intanto i soliti sciacalli sono sempre in agguato

http://video.repubblica.it/dossier/cris ... 1?ref=fbpr
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda pianogrande il 15/07/2015, 23:59

mariok ha scritto:E intanto i soliti sciacalli sono sempre in agguato

http://video.repubblica.it/dossier/cris ... 1?ref=fbpr


Contro uno che ha in mano una molotov i proiettili di gomma, a volte usati contro dimostranti inermi, mi sembrerebbero il minimo.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda flaviomob il 16/07/2015, 1:25

La Germania ha preteso il controllo diretto di 50 miliardi di euro di proprietà greche attraverso il Kfw (Kreditanstalt Fur Wiederanfbau, Istituto di Credito per la Ricostruzione), che altro non è che una banca tedesca (80% dello Stato e 20% dei laender) e il cui presidente è Wolfgang Schäuble.
Peraltro, proprio la Kfw (la “Cdp” tedesca) è lo strumento col quale la Germania ha regolarmente aggirato le restrizioni sull’euro, acquisendo moneta praticamente a costo zero per finanziare il governo – la Kwf è giudiricamente privata, ma di fatto chi comanda è lo Stato.

Geniale!

E poi dicono che sono gli Italiani quelli furbi!

L'Europa si accolla il costo dei prestiti, ma le garanzie le vogliono direttamente in Germania.

_____

#boycottgermany

http://www.huffingtonpost.it/2015/07/15 ... l?ref=fbpr


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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda mariok il 16/07/2015, 10:19

ATENE E I POPULISMI
La Grecia e le illusioni del fronte antieuropeo
di ALDO CAZZULLO

Dunque la vacanza ateniese non è stata gratis. Anzi. Il conto del semestre pueblo unido del duo Tsipras -Varoufakis, e della brigata internazionale portatasi in supporto ad Atene, è durissimo. E a pagarlo saranno i greci. Non gli armatori, le ragazze chic di Kolonaki, i magnati con i conti all’estero; ma i pensionati, gli studenti, i poveri, il variegato fronte che ha sostenuto Syriza e i suoi alleati della destra nazionalista, ha votato No al referendum, e ora subisce un piano molto più punitivo di quello che avevano ottenuto i vecchi, screditati partiti. E il conto dei populismi rischia di essere altrettanto salato in altri Paesi. A cominciare dal nostro.
Intendiamoci: c’è poco da esultare per la vittoria della linea del rigore. Esiste ormai una questione tedesca. La Germania ha raggiunto con la pace l’obiettivo che aveva fallito scatenando due guerre mondiali: conquistare l’egemonia in Europa. Non ne sta facendo un uso generoso, e neppure lungimirante. Tsipras l’hanno creato un po’ anche la Merkel e Schäuble: se fossero stati meno arcigni prima, non si sarebbero ritrovati poi ad Atene un governo rossobruno. Il punto è che la strana alleanza dei populisti - siano di destra, di sinistra o post ideologici - ha trovato terreno fertile anche lontano dall’Egeo. La rivolta contro i partiti tradizionali, le forme consuete di rappresentanza, le istituzioni europee e l’austerity teutonica percorre l’intero continente, e prende forme molto diverse. Legittime, comprensibili; ma non indolori.

In Spagna, dove si vota tra quattro mesi, il movimento degli Indignati ha filiato sia Podemos, una forza di sinistra in aperta polemica con il partito socialista, sia Ciudadanos, centristi che insidiano i popolari di Rajoy. In Francia il populismo ha il volto nazionalista di Marine Le Pen. In Italia il fronte rossobruno di Atene ha un sostegno che va da Fassina a Salvini e alla Meloni, passando per i falchi di Forza Italia e per il Movimento 5 Stelle, ai massimi storici nei sondaggi. In mezzo, postdemocristiani che non toccano palla da anni, Berlusconi che oscilla tra il rancore verso la Merkel e gli interessi aziendali, e Renzi che in Europa fatica molto a farsi ascoltare sia sull’emergenza migranti, sia sulla necessità di nuovi investimenti per lo sviluppo.
È inevitabile che le sirene del populismo antieuropeo e antitedesco traggano consensi da questa situazione. Ma sarebbe illusorio pensare che l’uscita dalla moneta unica, o il rifiuto dell’Europa, siano una liberazione gioiosa.
Contro la dura logica di Berlino e di Bruxelles si sono scontrati tutti i governi italiani. Sia quelli, presto diventati impopolarissimi e condannati alla damnatio memoriae (Amato 1992, Monti 2012), chiamati a porre rimedio ai disastri altrui. Sia quelli eletti dal popolo con promesse destinate all’amara verifica dei rapporti di forza continentali: nella moneta unica siamo entrati ai tempi di Prodi con una tassa, chiamata nobilmente eurotassa anche se servì anche a coprire magagne nostrane, e ci siamo rimasti ai tempi di Berlusconi rinunciando all’illusione elettorale delle due aliquote secche al 23 e 33%. Ora Salvini ne promette una sola al 15, uguale per tutti, con ulteriori detrazioni a garantire la progressività: sarebbe meraviglioso, no?
La verità è che la battaglia contro l’austerity e per la crescita passa attraverso una tela faticosa di alleanze internazionali, di riforme interne, di tagli alla spesa (finora finiti nei libri più che nei bilanci), e infine attraverso un confronto durissimo con una cancelliera che ha vinto tre elezioni, si appresta a vincerne una quarta nel 2017 e dietro ha una grande coalizione e un Paese solido. Insomma: sarà un viaggio lungo e difficile; e, come dimostra il caso Tsipras, le scorciatoie sono tutte bloccate.
16 luglio 2015 (modifica il 16 luglio 2015 | 08:24)
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 16/07/2015, 17:55

La cancelliera ha vinto in Germania perche ha promesso l'antieuropeismo.Quella di dire che ci sono paesi membri che non pagano indebolisce l'europa perche l'europa si basa sulla fiducia reciproca tra i paesi membri e rientra nella precisa strategia di far affluire capitali in germania a scapito degli altri i cui risulta compromessa in questo modo l'affidabilità.La prima strategia quella di assorbire risorse dai paesi più fragili attraverso i tassi di interesse quasi nulli se non negartivi la seconda, e deriva dalla prima,è dire non pagano destabilizzando alle basi l'europa federale.In questo modo si può creare una spirale senza ritorno per i paesi più fragili ed per questo che sono necessari gli eurobond anche senza la germania che non sono vietati dai trattati perche se i bond fanno riferimento al paese che li emette nulla vieta a più paesi la stragrande maggioranza di emetterli i comune.La base del diritto francese dice che è permesso ciò che non è vietato.All'Italia senza che ce lo chieda la Germania sono necessari tagli intelligenti come la fine del welfare anche per i ricchi il trasferimento dei dipendenti della Pa che lavorano nella burocrazia nel privato,un costo del lavoro contenuto e redditi alti ottenuti detassando e implementati dalla premialità una tassazione accettabile per piccole e medie aziende eurobond per il capitale fisso sociale che sono strade,superstrade,trasporto ferroviario,fotovoltaico,energia ricavata sulle grandi arterie dal moto ondoso dei veicoli,il materiale biodegradabile,il risparmio energetico,la valorizzazione del patrimonio naturalistico e artistico delle nostre città,altre riforme
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