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Ma ne è valsa la pena?

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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 13/07/2015, 20:36

La vicenda greca non esaurisce il problema dell'eurozona.Servono gli eurobond perche paghiamo troppo di interessi circa 100 mld l'anno e questa è una cifra che fà lievitare il debito.Invece con gli eurobond i vari paesi europei pagherebbero all'incirca l'1% di interessi quando attualmente è del 4% circa e nel caso dell'Italia possiamo risparmiarne circa 80 che possono essere riutilizzati per ex per una tassazione più bassa.Ma poi è inpensabile avere l'europa federale senza debito federale
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda pianogrande il 13/07/2015, 21:18

La Grecia "umiliata" con oltre ottanta miliardi.

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... ref=HREA-1
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 13/07/2015, 22:50

Non ho capito cosa c'entra la Grecia,la Grecia è ormai un problema passato.Adesso bisogna passare ad introdurre gli eurobond
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda trilogy il 13/07/2015, 23:00

pianogrande ha scritto:La Grecia "umiliata" con oltre ottanta miliardi.

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... ref=HREA-1

86 miliardi + 35 miliardi d'investimenti. Noi abbiamo fatto le stesse riforme, in piena crisi finanziaria.. gratis! :mrgreen:
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda pianogrande il 14/07/2015, 0:18

Robyn ha scritto:Non ho capito cosa c'entra la Grecia,la Grecia è ormai un problema passato.Adesso bisogna passare ad introdurre gli eurobond


In effetti, cosa c'entra la Grecia con gli eurobond?
Quelli andrebbero a favore della Finlandia e della Danimarca.
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 14/07/2015, 6:37

Perche quando pagano la Finlandia e la Danimarca?
Per caso sei al servizio della Germania?
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda gabriele il 14/07/2015, 7:59

trilogy ha scritto:
pianogrande ha scritto:La Grecia "umiliata" con oltre ottanta miliardi.

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... ref=HREA-1

86 miliardi + 35 miliardi d'investimenti. Noi abbiamo fatto le stesse riforme, in piena crisi finanziaria.. gratis! :mrgreen:


Dici che sia troppo tardi batter cassa ora? 8-)
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda gabriele il 14/07/2015, 8:01

pianogrande ha scritto:La Grecia "umiliata" con oltre ottanta miliardi.

http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... ref=HREA-1



I greci sono come noi. Non cambieranno stile di vita.

Fra 2 o 3 anni avremo alle porte un nuovo Tsipras che rimetterà tutto in discussione con un nuovo referendum.

Possiamo far dichiarare il default alla Grecia e permettergli una uscita dall'euro graduale per fargli ristrutturare il debito?
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda mariok il 14/07/2015, 9:11

La bandiera strappata della sinistra europea
C'è un rischio da cui Renzi, ma non solo lui, deve guardarsi. La disfatta di Tsipras - e di tutto l'arcipelago della sinistra che ha creduto in lui - ha aperto una nuova dimensione per la destra più dura

di STEFANO FOLLI
14 luglio 2015

POCHI giorni fa Tsipras era l'eroe dell'Oxi , il "no" all'austerità tedesca. Oggi è il traditore delle illusioni coltivate all'unisono dalla sinistra europea in cerca di una bandiera e dalla destra nazionalista vogliosa di rivincita. Questo fronte ha perso in modo drammatico la battaglia di Bruxelles. Se l'avesse vinta, l'onda sarebbe dilagata ben oltre la Grecia. In Spagna Podemos non nasconde l'ambizione di vincere le prossime elezioni politiche. In Italia la somma degli euro- scettici e anti-euro, pur eterogenea (Cinque Stelle, Lega, sinistra radicale, FdI, una parte di Forza Italia), sfiora il 50 per cento dell'elettorato, forse più. Anche altrove, dalla Francia ai paesi del Nord, i movimenti anti- establishment sono forti e insidiosi. Se Tsipras avesse tenuto duro sulla linea che oggi viene ribadita da Varoufakis, il ministro incendiario e dimissionario, l'Unione si sarebbe frantumata e gli assetti politici nelle varie capitali sarebbero saltati uno dopo l'altro. Così invece è l'esperimento di Tsipras che si disintegra sugli scogli di un'austerità ancora più arcigna, trascinando nel naufragio le speranze e le velleità nate nella domenica del referendum.

Syriza aveva schiacciato il vecchio Pasok, ma la sua stagione è durata poco e si appanna nell'isolamento. I socialdemocratici tedeschi, alleati di Angela Merkel, hanno addirittura ipotizzato fra i primi la possibilità della "Grexit", la fuoriuscita dalla zona euro. Il socialista Hollande ha cercato di accreditare una vaga mediazione francese, ma i risultati, esaminati con attenzione, non autorizzano il compiacimento di Parigi, salvo su un punto fondamentale: l'Europa non si è spaccata e questo era nell'interesse della Merkel, di Hollande e naturalmente di Matteo Renzi. Il premier che è rimasto ai margini, nell'ombra della Francia, e forse ha fatto la scelta giusta perché non avrebbe avuto spazio per muoversi altrimenti, dato il peso del debito pubblico che si porta sulla schiena.

L'Italia aveva tutto da perdere se la Grecia fosse stata espulsa dall'euro e ha tutto da guadagnare da una ritrovata stabilità ad Atene. Si potrebbe dire di più: la sconfitta della sinistra radicale, ben rappresentata anche nella minoranza del Pd, e quelle bandiere rinfoderate sotto il Partenone costituiscono un considerevole vantaggio per il presidente del Consiglio, che da un trionfo prolungato di Tsipras sarebbe stato messo in difficoltà sul piano interno.
Avrebbe assistito alla crescita di un fronte frastagliato e aggressivo in grado di metterlo alle corde con l'accusa di essere subalterno alla Merkel e alla logica dell'Eurogruppo. Tale pericolo è evitato, benché l'Europa di oggi, quella vittoriosa nel vertice notturno, sia lungi dal garantire l'Italia. Che prospettive ci sono, ad esempio, che siano ascoltate nel prossimo futuro le richieste italiane per una gestione più solidale dell'immigrazione nel Mediterraneo? Nessuna, c'è da temere.
La scogliera di Ventimiglia è lì come un monumento all'incomprensione. Roma e Parigi, due governi di centrosinistra, due partiti membri dell'Internazionale socialista, due leader che vorrebbero essere riconosciuti come "pontieri" nell'affare greco... In realtà sono divisi dall'interesse nazionale. In fondo l'Europa del Nord, cementata dalla diffidenza verso i paesi meridionali, dimostra di essere più solida e determinata di quanto sia l'Europa del Sud, desiderosa di esprimere una diversa visione del futuro dell'Unione, ma nella pratica incapace a sua volta di superare gli egoismi.

C'è infatti un altro rischio da cui Renzi, ma non solo lui, deve guardarsi. La disfatta di Tsipras - e di tutto l'arcipelago della sinistra che ha creduto in lui - ha aperto una nuova dimensione per la destra più dura.
Il nazionalismo, una volta evocato, non si sbaraglia facilmente. Né ad Atene né altrove. Potrebbe essere questo lo sbocco della crisi greca. Bastava sentire Marine Le Pen pochi giorni fa al Parlamento europeo per rendersene conto. E in Italia la destra nazionalista ormai è Salvini, più qualcosa di Grillo

http://www.repubblica.it/politica/2015/ ... ref=nrct-5
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda gabriele il 14/07/2015, 9:34

Da "salvatore della patria" a suo becchino. Complimenti Tsipras! Peggio di così non si poteva fare

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Accordo Grecia, l’Europa cancella Tsipras. Con il suo ok e in cambio di pochi spiccioli per gli investimenti
Zonaeuro
I termini del preaccordo raggiunto all'unanimità dai leader politici della zona euro sono più duri del previsto. Impossibile sapere se a guidare la mano del premier ellenico sia stata la disperazione o il waterboarding mentale di cui il Guardian accusa Tusk, Merkel e Hollande, ma è innegabile che sia entrato al vertice dicendosi pronto per un "compromesso onesto" e ne sia uscito compromesso
di Gaia Scacciavillani | 13 luglio 2015

Oltre l’80% degli 82-86 miliardi di nuovi aiuti alla Grecia sarà destinato al saldo o al rifinanziamento del debito pregresso (53%) e alla ricapitalizzazione delle banche (30%), mentre al governo resteranno da gestire solo 10 miliardi e gli investimenti per il rilancio dell’economia saranno ipotecati al buon esito delle cosiddette privatizzazioni. Con dei paletti molto stretti. Restano i tempi talmente da record da rendere estremamente ardua l’approvazione delle riforme, ma anche il “pignoramento” dei beni pubblici da vendere per ridurre i debiti e il ritorno della Troika ad Atene. Il tutto condito da un colpo di spugna sulla legislazione introdotta dall’esecutivo greco in contrasto con il memorandum con i creditori. Scompaiono, anche perché illegali, solo la sede estera del trust a cui verranno affidati i beni pubblici ellenici “pignorati” e la minaccia di espulsione dall’euro. Inutile a dirsi, infine, che di taglio del debito non c’è neanche da parlarne.

Insomma, non solo Alexis Tsipras non ha abbandonato il vertice con i leader politici della zona euro come gli chiedeva domenica notte il popolo di twitter cinguettando a squarciagola #TspirasLeaveEUSummit (Tsipras abbandona l’Eurosummit), ma ha anche firmato un’intesa che si discosta molto poco dalla criticatissima proposta originaria dell’Eurogruppo. La stessa, cioè, che nella notte tra domenica e lunedì aveva fatto parlare Atene di condizioni “umilianti e disastrose” e che il premio Nobel per l’Economia, Paul Krugman, dalle colonne del New York Times ha attribuito a una “follia vendicativa”, evocando una “completa distruzione della sovranità nazionale” e un “grottesco tradimento di tutto quello che significa il progetto europeo”. Impossibile sapere se a guidargli la mano sia stata la disperazione o il waterboarding mentale di cui il Guardian accusa Tusk, Merkel e Hollande, ma è innegabile che il premier greco sia entrato al vertice dicendosi pronto per un “compromesso onesto” e ne sia uscito compromesso.

PRIMA LE RIFORME POI I NEGOZIATI SUL PIANO DI AIUTI - I punti dell’accordo dell’accordo approvato all’unanimità dai leader politici della zona euro lunedì mattina a valle di un Eurosummit dalla durata record di oltre 17 ore, del resto, parlano chiaro. Per poter avviare un negoziato sul terzo piano triennale di finanziamenti internazionali, questa volta da 82-86 miliardi, Atene ha innanzitutto 48 ore per varare le riforme dell’Iva, delle pensioni e dell’Elstat (l’istituto nazionale di statistica), oltre a introdurre tagli semi-automatici alla spesa in caso di deviazioni dall’obiettivo del surplus primario. “Solo conseguentemente alla implementazione legale delle prime quattro misure su menzionate – recita il documento – così come alla assunzione di tutti gli impegni inclusi in questo documento dal Parlamento greco, verificato dalle istituzioni e dall’Eurogruppo, potrà essere presa la decisione di dare mandato alle istituzioni di negoziare un memorandum di intesa”.

LE BANCHE POSSONO ASPETTARE FINO AL 22 LUGLIO - Nove, invece, i giorni a disposizione per adottare la riforma del codice di procedura civile e recepire la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) sul fallimento degli istituti di credito per introdurre il nuovo sistema europeo di salvataggio delle banche, il cosiddetto bail in, che affianca l’intervento esterno (bail out) ad appunto quello interno, cioè il contributo a vario titolo di azionisti e correntisti con depositi al di sopra dei 100mila euro. Questione non da poco, quest’ultima, visto che un intervento sulle banche greche sembra ormai inevitabile, ma senza il recepimento della direttiva sarebbe tecnicamente difficile. E che è stata curiosamente postposta, quando invece sarebbe prioritaria date le condizioni degli istituti ellenici ormai chiusi da due settimane e, secondo i ministri delle finanze della zona euro, bisognosi della disponibilità immediata di una decina di miliardi.

LA RESTAURAZIONE DELLA TROIKA CON LA CANCELLAZIONE DEL NORME IN CONTRASTO - Tra gli impegni sicuramente più sgraditi ai greci, spicca il ritorno del commissariamento da parte dell’odiata Troika. Quest’ultima non riavvierà solo le sue ispezioni in loco per “normalizzare pienamente i metodi con le istituzioni, incluso il necessario lavoro sul campo, per migliorare l’implementazione e il monitoraggio del programma”. D’ora in avanti, si legge infatti nel documento, “il governo necessita di consultarsi e accordarsi con le istituzioni (Commissione Ue, Fmi e Bce, appunto, ndr) su tutte le bozze di legge in aree rilevanti, con un anticipo di tempo adeguato, prima di sottoporle alla consultazione pubblica o al Parlamento”.

A scanso di equivoci quella più rilevante è già messa nero su bianco e riguarda il lavoro: la Grecia recita il testo, deve “intraprendere riesami rigorosi e la modernizzazione della contrattazione collettiva, dell’azione industriale e, in linea con la direttiva e le migliori prassi pertinenti dell’Ue, dei licenziamenti collettivi secondo le scadenze e l’approccio convenuti con le istituzioni”. Il passato, invece, va scordato. Anzi, cancellato: “Fatta salva la legge sulla crisi umanitaria, il governo greco riesaminerà, per modificarla, la legislazione introdotta in contrasto con l’accordo del 20 febbraio retrocedendo dagli impegni del precedente programma, o individuerà chiare misure di compensazione equivalenti per i diritti acquisiti creati successivamente”.

In questo contesto, altro punto ad alto sgradimento ellenico, resta confermato il ruolo centrale del Fondo Monetario Internazionale. “Lo Stato membro della zona euro che richiederà l’assistenza finanziaria dell’Esm rivolgerà, ove possibile, richiesta analoga al Fmi. Questa è una condizione necessaria affinché l’Eurogruppo approvi un nuovo programma Esm. Pertanto la Grecia richiederà il sostegno continuo dell’Fmi (monitoraggio e finanziamento) a partire da marzo 2016″.

ALLE NECESSITA’ DEL GOVERNO SOLO 10 MILIARDI SU 80. LE GARANZIE TRA PEGNO E PIGNORAMENTO - Gli 82-86 miliardi che, se i negoziati veri e propri andranno a buon fine, verranno stanziati dal nuovo fondo salva stati Esm, saranno spalmati su tre anni. I primi 12 dovranno essere messi a disposizione della Grecia subito, con un prestito ponte il cui quadro tecnico-giuridico è ancora tutto da definire e sta già causando grattacapi all’Eurogruppo (“Ancora non abbiamo trovato la chiave”, ha ammesso in serata Jeroen Dijsselbloem). In ogni caso l’idea è che 7 miliardi vengano erogati entro il 20 luglio (quando scadranno obbligazioni in pancia alla Bce per 3,5 miliardi) e altri 5 entro metà agosto (quando ne scadranno altri 3,2 miliardi). Considerando anche la rata già scaduta di 1,6 miliardi dovuti al Fondo Monetario e quella di 450 milioni in scadenza martedì, in pratica più di due terzi dell’ammontare del prestito ponte serviranno a ripagare il debito pregresso. Complessivamente, del resto, oltre la metà dei fondi stanziabili con il nuovo piano servirà a rifinanziare i 46 miliardi di vecchi debiti della Grecia con Fmi e Bce.

Altri 25 miliardi, invece, sono destinati alla ricapitalizzazione delle banche. E saranno garantiti con il discusso fondo ad hoc con sede ad Atene, unica concessione rispetto alla richiesta iniziale di aprirlo in Lussemburgo, mentre resta la gestione da parte delle “autorità greche sotto la supervisione delle competenti istituzioni europee”. Qui verranno conferiti i beni pubblici greci da vendere. L’obiettivo piuttosto impervio dell’inedita creatura che assomiglia più a un pignoramento che a un pegno, sarà raggiungere quota 50 miliardi, somma pari al 25% del Pil greco. Una volta superata la soglia dei 25 miliardi necessari per gli istituti, il resto andrà impiegato per metà in abbattimento del debito e per metà in investimenti. In sostanza, per ottenere la possibilità di impiegare un miliardo di euro in investimenti, la Grecia dovrà cedere 27 miliardi di asset pubblici: i primi 25 andranno alle banche, un miliardo andrà all’abbattimento del debito pregresso e un altro miliardo andrà finalmente in investimenti.

A disposizione delle necessità del governo, quindi, resterà soltanto una decina di miliardi su 80. Ma tanto è bastato per far affermare a Tsipras, che pure nella notte si sarebbe tolto la giacca invitando i leader dell’Eurozona a prendersi anche quella, di aver “evitato il piano per uno strangolamento finanziario e per il collasso del sistema bancario” e aver ottenuto “finanziamenti a medio termine”. Nonostante le premesse sulla gestione del fondo e sulla destinazione del denaro, il premier greco ha inoltre rivendicato di aver “evitato il trasferimento dei nostri beni all’estero” e “ottenuto l’alleggerimento del debito”, per altro subordinato al via libera a riforme ritenute soddisfacenti dai creditori. “Abbiamo lottato duro” a Bruxelles ora lo faremo in Grecia contro “gli interessi” consolidati, ha chiosato mentre ministro dell’Energia e leader dell’ala radicale di Syriza, Panagiotis Lafazaris, definiva l’accordo “umiliante“.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07 ... i/1870622/
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