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Ma ne è valsa la pena?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 11/07/2015, 17:49

La Grecia con la crisi dei subprime ha reagito diversamente dai paesi industrializzati che sono riusciti a superarla perche quella greca è una economia più fragile e vulnerabile.Anche la Grecia è stata attraversata dalla deriva liberista in forme diverse ma con effetti e conseguenze differenti.Adesso Wolfang Shauble stà adottando un comportamento pericoloso e imprudente dicendo che c'è una crisi di fiducia sulla Grecia anche i farisei interpretavano la legge estremisticamente e alla lettera.E come se a seguito dell'insediamento di Monti la Germania avesse continuato a perpretare nei confronti dell'Italia la sua diffidenza,ma in realtà le maggioranze successive non c'entrano niente con quelle precedenti non è colpa dell'attuale se in precedemza il nostro paese anziche affrontare le riforme strutturali aveva a P Chigi un primo ministro che faceva la lotta al comunismo
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda mariok il 11/07/2015, 18:00

E' interessante vedere la mappa delle posizioni nell'euro-gruppo nei confronti della Grecia.

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... id=AC4sSwP

In pratica, con le eccezioni di Francia e Italia, sono tutti mal disposti.

Un altro fallimento politico di Tsipras.

Immagine
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda franz il 11/07/2015, 18:57

Il problema oggi sul tavolo è quello della fiducia.
Questo sarebbe il terzo piano di aiuti finanziari in 5 anni, sempre affiancati a misure e riforme, che pero' sono rimaste in gran parte solo promesse. Da piu' fonti si fa notare come la fiducia nella Grecia e nei suoi governi (presenti e passati) sia paraticamente a zero. E se era bassa sei mesi fa ora dopo sei mesi persi in trattative inutili ed un referendum, siamo a zero.

Naturalmente appare essere una sorta di serpente che si morde la coda.
Senza ristrutturazione è difficile il rilancio, si dice, ed è profondamente vero. Ma senza riforme, il prestito e la ristrutturazione vanno a finire (per la terza volta) nel pozzo senza fondo della spesa pubblica greca. Già due volte è successo così in 5 anni. Cosa fa pensare che questa terza sarebbe quella buona? Ci vorrebbe fiducia, ma è questa ad essere scarsa. Mentre invece i soldi prestati per la terza volta sono veri e sonanti, subito. Le promesse si vedrà e solo dopo vedremo se saranno mantenute.

L'ipotesi che potrebbe prevalere è che per quanto riguarda la liquidità si puo' sostenenre il sistema bancario ellenico ma che per quanto riguarda l'insolvenza (che è solo verso FMI, mi pare) si attende settembre. Entro settembre il parlamento greco deve approvare tutte le misure e le riforme (l'ampio sostegno avuto in settimana dimostra che è possibile) e solo a riforme approvate magari la fiducia risale quel tanto che basta sostenere un terzo piano di risanamento.


Grecia, a esame Eurogruppo riforme sostenute da Atene
sabato 11 luglio 2015 17:10

BRUXELLES/ATENE (Reuters) - I ministri delle Finanze europei sono riuniti oggi a Bruxelles per decidere se negoziare un terzo programma di salvataggio per la Grecia, dopo che il primo ministro greco Alexis Tsipras ha ottenuto il via libera dal proprio Parlamento a proporre una serie di misure di austerità, quelle stesse misure che il suo partito era stato eletto per evitare.

Mentre Atene guarda con preoccupazione alla possibilità di una bancarotta che potrebbe portare il Paese fuori dall'euro dopo la riapertura dei mercati finanziari lunedì, i funzionari dell'Unione Europea prevedono che un accordo sarà raggiunto entro la fine del weekend per salvare la Grecia, ma non prima che i ministri e leader di diversi governi abbiano dato sfogo alla loro rabbia verso Tsipras.

Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha anticipato che le negoziazioni saranno "straordinariamente difficili", mettendo in evidenza che la fiducia verso la Grecia "è stata distrutta in modo incredibile negli ultimi mesi".

Anche altri ministri, arrivando al meeting a Bruxelles, hanno sottolineato il problema della mancanza di fiducia, dopo anni di promesse infrante e la convocazione a sorpresa del referendum.

Tuttavia, fonti vicine a un incontro preparatorio che si è tenuto questa mattina hanno spiegato che gli assistenti dei ministri hanno dato il via libera con riserva alle raccomandazioni di Ue e Fmi che ritengono che le proposte di Tsipras possano essere una base per l'avvio dei negoziati.

"Siamo ancora molto distanti. Sembra abbastanza complicato. Sia sul contenuto che sulla questione più complicata della fiducia", ha spiegato il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. "Anche se sulla carta andasse tutto bene, la questione è se decollerà e verrà attuato. Per questo penso che sarà un negoziato difficile", ha spiegato.

Entrando, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha detto di attendersi una lunga riunione dell'Eurogruppo.
http://it.reuters.com/article/topNews/i ... KG20150711
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 11/07/2015, 21:16

La Grecia le riforme le farà perche sà e ha capito che il problema della crescita del debito pubblico dipende dalla mancanza di riforme.La crescita del debito dipende dall'erogazione delle pensioni baby e le pensioni ad un'età non sostenibile perche per garantirle non sono sufficenti i contributi si và a prendere liquidità dal debito la stessa cosa per l'accrescimento di dipendenti pubblici e di retribuzione date slegandole dai margini di produttività.Ma è anche vero che il debito cresce se il paese non cresce,se il gettito fiscale complessivo non cresce.La Grecia oltre ad essere stimolata per l'attuazione delle riforme dai paesi dell'eurozona và aiutata,per ex perfezionando di più il turismo rilanciando di più l'agricoltura biologica"i famosi yogurt"sviluppando di più l'economia per l'ambiente.Per quando riguarda l'industria la presenza non è forte perche la discontinuità del territorio le isole non permettono un granchè l'agevolazione delle comunicazioni.Naturalmente contrastare l'evasione il sommerso la corruzione e i privilegi che sottraggono tanto allo sviluppo
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda franz il 11/07/2015, 23:08

mariok ha scritto:Ma valeva la pena fare tutto questo casino, dare all'economia greca un altro colpo, umiliare i propri cittadini costringendoli a mettersi in coda davanti ai bancomat, per una promessa elettorale apparsa sin dall'inizio irrealizzabile?

Speriamo che anche i nostri tifosi italici abbiano appresa la lezione.

Riparto da qui per una considerazione attorno ad una serie di notizie che iniziano ora a trapelare dalla grecia.
Il fatto delle code ai bancomat e del referendum (banche e borse chiuse da ormai piu'di 15 giorni) ha messo in secondo piano un fatto economico molto importante.

Il blocco dei movimenti dei conti greci per evitare la fuga dei capitali, il blocco delle carte di credito (massimo 60 euro al giorno), dell'uso del bancomat (idem), impedisce di fatto all'economia che ha relazioni con l'estero di funzionare. E La grecia importa di tutto, visto che produce poco. Ma oggi un produttore greco di olio non puo' nemmeno importare le lattine o le bottiglie per vendere il suo prodotto finito. Non sa come pagare, anzi non puo'. Chi vende uova non puo' piu' comprare le confezioni di plastica per l'imballo, perché non si importa piu' la plastica. Perché non si puo' pagare. I soldi non possono uscire dalla grecia. I camion non circolano, perché 60 euro sono troppo pochi per fare il pieno.
Anche tutte le relazioni d'affari interne vanno al rallentatore, perché le banche sono chiuse ed il contante è poco.

Anche i trasportatori stranieri devono entrare in grecia con molto piu' contante di prima (e non è una cosa che va a favore della loro sicurezza). Contemporaneamente i consumatori greci, impanicati per la situazione, stanno facendo scorte con il poco contante che riescono a racimolare. Comprano di tutto. Pasta, generi alimentari a lunga conservazione. I negozi sono già semi vuoti, unione dell'eccesso di acquisti, della carenza di rifornimenti interni ed esteri, della mancanza di imballaggi.
Siamo in una situazione simile al venezuela. Il mercato nero impazza. I turisti sono in fuga: 50'000 disdette al giorno. I piroscafi da 500 persone partono per le isole con 20 a bordo. Carne e medicine cominciano a scarseggiare e quindi i turisti scappano.

Anche l'export soffre, perché la nazione si sta fermando. Chi ha il prodotto primario (jogurt, formaggi, cibo e bevande) non sa come imballarlo. Questo vale per le vendite interne ma anche per l'export.

Un pallido aperitivo di quello che potrebbe succedere se la Grecia uscisse dall'euro.
Alla faccia delle strabilianti rassicurazioni dei vari Borghi e Bagnai (l'asse no-euro di lega e m5s).
I tifosi italici del no-euro capiranno?
Lo dubito.
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda Robyn il 12/07/2015, 0:12

Siryza ha già candelarizzato le riforme,la fine dei falchi tedeschi è già scritta a maggior ragione che non c'è più Yanis Vaukofaris che divideva il fronte.Al momento giusto bisognerà dare il colpo di grazia perche se si si dà il colpo di grazia ai falchi si dà il colpo di grazia ai populismi.I falchi tedeschi sono quelli che hanno esportato il populismo in tutta europa non si può affidare ai populisti tedeschi il futuro dell'europa che non hanno nessuna idea se non quello di fare i propri interessi ostacolando gli eurobond perche giocano sui tassi di interessi.Adesso ci si sono messi anche i finlandesi,che continuino a camminare con la slitta
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda franz il 12/07/2015, 9:48

La mappa.
Ieri non so in quale TG hanno mostrato per qualche secondo la mappa delle posizioni (falchi, colombe, etc)

Il fronte dei cosiddetti falchi comprende ovviamente la germania ma anche austria ed il classico terzetto Allanda, Belgio e Lussemburgo. Non mi ricordo della finlandia ma leggo che Finlandia, Lettonia, Estonia, Lituania e Slovacchia sono contro Atene.

Poi c'è il fronte dei paesi che erano in crisi, ne sono usciti grazie all'austerità (o nonostante, a seconda dei punti di vista ...) e sono poco propensi ad accettare regali a chi rifiuta il rigore. Qui troviamo irlanda, spagna e portogallo. Poi c'è tutto il fronte dei paesi della ex-cortina di ferro, che di sacrifci per riprendersi dal comunismo ne sanno qualche cosa, e sono fondamentalmente legati alla germania.

Infine c'è il fronte dei piu' teneri o possibilisti con la grecia: sulla mappa solo francia ed italia.
Per quanto riguarda le decisioni inerenti il MES, solo 1/3 dei voti.

Diciamo che il fronte dei "falchi" non comprende la sola germania, caso mai è "capitanato" dalla germania. Tuttavia all'interno della germania stessa, come in ogni buon gioco di ruolo ci sono sfumature. Come noto Schaeuble è il piu' rigorista, da buon ministro delle finanze teutonico, mentre Merkel è piu' sfumata e disposta allapertura.

Non ho trovato in rete la mappa vista ieri sera ma questo articolo riassume le posizioni, anche se in modo diverso da quanto sentito ieri al TG. Ovviamente anche i giornalisti hanno opinioni diverse su chi siano i falchi e le colombe e molto dipende da quali dichiarazioni (e di chi) si prendono in considerazione.


Grecia, chi sono gli alleati e i nemici all'interno dell'Eurogruppo

Finlandia, Lettonia, Estonia e Slovacchia contro Atene. Gli schieramenti dell'Ue.

di Giovanna Faggionato

07 Luglio 2015

«L'Eurogruppo ci ha dato un'altra chance», così ha detto il nuovo ministro delle finanze greco uscendo dai palazzi di Bruxelles. Ma su chi può contare Alexis Tsipras, e il suo capo negoziatore Euclid Tsakalotos, al tavolo dell'Eurozona? C'è un nucleo di alleati che fa il tifo per l'intesa: Belgio, Lussemburgo, Italia, Francia e anche l'Irlanda, che apre a sorpresa anche alla possibilità di una ristrutturazione del debito. Sul lato opposto ci sono piccoli ma agguerriti Paesi del Nord e dell'Est, Finlandia, Lettonia e Slovacchia in primis, convinte che un'Area euro senza Atene forse sarebbe un posto migliore. Dura sembra anche la posizione dell'Olanda e della Lituania. E infine c'è il king maker Germania, finora sempre contraria a una ristrutturazione ma che per tenere la Grecia nell'euro potrebbe anche aprire a un allungamento dei tempi dei prestiti.
Ecco la mappa delle posizioni dell'Eurogruppo nelle parole dei loro leader.

Taglio del debito? Non se ne parla e la Grexit è cosa buona: i falchi del Nord

LETTONIA
. «Se in un sistema c'è un elemento che non funziona, rimuovere quell'elemento può essere positivo» per l'insieme dell'Eurozona. Il ministro delle Finanze della Lettonia, Janis Reirs, non ha lasciato alcun dubbio sulla sua posizione. E arrivando all'Eurogruppo straordinario sulla Grecia ha ricordato che il suo Paese ha fatto grandi riforme strutturali che comprendevano anche «il taglio del 30% del personale e dei salari» nel settore pubblico.

ESTONIA. Il 6 luglio con un provocatorio tweet il presidente estone Toomas Hendrik Ilves aveva proposto di chiedere con un referendum negli altri 18 paesi se i cittadini vogliono aumentarsi la tasse per un altro salvataggio della Grecia.

FINLANDIA. I piccoli Paesi del Nord sono più duri della Germania, aveva dichiarato qualche giorno fa il ministro delle Finanze francese Michel Sapin. E tra i più duri c'è la Finlandia. Il ministro di Helsinki Alexander Stubb ha chiarito subito: «Non vogliamo alleggerire il debito greco, è stato già fatto nel 2011 e 2012». E ha chiuso anche al progetto di un prestito ponte da elargire attraverso lo European Stability mechanism (Esm).Tuttavia il 6 luglio aveva spiegato di essere disponibile a discutere di una eventuale estensione dei prestiti. La linea morbida nei confronti della Grecia rischia in Finlandia di alimentare il partito euroscettico.

SLOVACCHIA. La ristrutturazione del debito «è la questione più delicata per la maggior parte dei Paesi» dell'eurozona e per la Slovacchia «è assolutamente impossibile», sono state invece le parole nette del ministro slovacco delle Finanze Peter Kazmir.

La Germania e i suoi alleati: linea dura ma no alla Grexit

GERMANIA. In Germania non c'è solo il falco delle finanze Wolfgang Schauble a imporre la linea dura. Ma anche i nomi più in vista della Spd, che fa parte della Grosse Koalition di governo. I tedeschi sulla carta vogliono evitare la Grexit, ma le posizioni sono distantissime. Schaeuble ha dichiarato: «Chi conosce i trattati Ue sa che il taglio del debito è vietato». Mentre la cancelliera Angela Merkel ha avvertito: «Mancano ancora le basi per negoziare». E al termine dell'Eurosummit ha aggiunto: «Stasera molti attorno al tavolo hanno detto che un haircut del debito greco non avrà luogo perché questo è vietato nell'euro zona». «Prima di parlare di una ristrutturazione del debito», ha concluso, «vediamo quel che la Grecia può fare».

LITUANIA. La Lituania chiede riforme, ma è disponibile al negoziato: «Siamo qui per ascoltare il nuovo ministro greco Tsakalotos» in quanto è «necessario rendere le cose più chiare e trovare una strada da seguire», perché «in politica c'è sempre spazio per un compromesso», ha detto il ministro delle finanze lituano Rimantas Sadzius. La Grexit, ha sottolineato, «per noi non è un'opzione per noi».

AUSTRIA. Il giorno successivo al referendum, il cancelliere austriaco Werner Faymann, considerato nell'ultimo periodo ben disposto verso Atene, aveva spiegato: «Non vedo una strategia» del governo greco, «Un ponte si può costruire solo se anche l'altra parte contribuisce un po'».

SPAGNA. Il governo Rajoy era tra i più intransigenti verso Atene, ma il 7 luglio il ministro delle Finanze De Guindos che aspira al ruolo di presidente dell'Eurogruppo sostiene che Madrid «rispetta l'esito del referendum» ed è «aperta» ad un «nuovo round di aiuti». «Non contemplo l'uscita della Grecia dall'euro».
Il caso Italia: per Renzi non ci sono le condizioni per la ristrutturazione

ITALIA. L'Italia dovrebbe essere, a guardare le sue condizioni finanziarie, tra i migliori alleati della Grecia. Ma per ora si tiene strategicamente ben distante. Il premier Matteo Renzi ha institito sulla necessità di una maggiore integrazione politica europea. E per l'apertura di una fase sempre più necessaria di crescita e investimenti che superi le rigidità dell'euroburocrazia. Ma il primo ministro ha cercato in questi mesi di dialogare direttamente con Berlino. E il carico del nostro debito rende la sua posizione assai scomoda in questo frangente. Uscendo dall'Eurosummit, Renzi ha dichiarato: «Rispetto all'ultima volta non mi pare ci siano le condizioni per parlare 'in modo strategico del debito' della Grecia». «La palla», ha aggiunto, «ora è nel campo del governo greco, che domenica dovrà presentare le sue proposte: se saranno ritenute accettabili, si troverà l'intesa, come credo e spero».

Sì all'accordo e forse anche alla ristrutturazione del debito: chi tende la mano
IRLANDA. Stupisce la totale apertura irlandese. La nazione Smeraldo che ha subito i colpi duri della crisi del debito si è schierata a fianco dei greci. La ristrutturazione del debito «fa parte delle discussioni» sulla Grecia, ha detto il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan. Il premier Enda Kenny è stato ancora più caloroso: «È giunto il momento ora di dare un po' di speranza al popolo greco».

LUSSEMBURGO. Il Lussemburgo membro fondatore dell'Unione e Paese del presidente della Commissione Jean Claude Juncker è aperto a tutti gli scenari: «Dobbiamo ascoltare tutte le opzioni», inclusa quella della ristrutturazione del debito, «anche se questo non vuol dire che io sia d'accordo», ha dichiarato il ministro delle finanze del Gran Ducato, Pierre Gramegna.

BELGIO. Il Belgio fa parte del gruppo dei Paesi più concilianti nei confronti di Atene. Eppure il premier Charles Michel non nasconde la stanchezza: «Aspettiamo da parte di Tsipras proposte concrete, precise e convincenti, e innanzitutto ascolteremo quello che ha da dire». Per fare un accordo, ha aggiunto Michel, «bisogna essere in due».

FRANCIA. «Tsipras faccia proposte serie e credibili», chiede il presidente Hollande, che sempre a fianco della cancelliera tedesca ha definito «urgente per la Grecia e l'Europa» che si arrivi a un'intesa. Altri esponenti francesi si sono sbilanciati di più. Il ministro dell'Economia Emmanuel Macron, subito dopo il risultato del referendum di Atene, aveva invitato i governi europei a essere ragionevoli: «Sarebbe un errore storico schiacciare il popolo greco». Lo stesso ha ribadito il collega alle Finanze Michel Sapin: il posto della Grecia «è in Europa ed è nell'euro», h affermato Sapin, dicendosi convinto che Atene sia «capace di fare proposte concrete, solide, durevoli, che sono indispensabili per il dialogo con i partner». Il ministro ha inoltre sottolineato che la Francia, considerata da alcuni più accomodante della Germania, ha «le stesse esigenze degli altri in materia di serietà delle proposte», ma «ha forse un po' più il senso della storia dell'Europa».

http://www.lettera43.it/politica/grecia ... 178046.htm
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda mariok il 12/07/2015, 10:15

Stando a questo articolo, sembrerebbe che "l’uscita di Atene dall’euro apra un varco per una riforma forte dell’eurozona", cosa temuta da Hollande e che ne spiegherebbe la posizione favorevole a "continuare con Atene come si è fatto per cinque anni, anche a costo di un nuovo programma di aiuti che difficilmente sarà risolutivo per la Grecia; l’importante è non creare il caso, la Grexit, che costringa a fare riforme «merkeliane»".

Sembra un po' machiavellico, ma, contrariamente alla vulgata prevalente, per il futuro dell'Europa sarebbe preferibile l'uscita della Grecia?


IL RETROSCENA
La scelta impossibile di Merkel
Rompere col partito o con l’Europa
Qualsiasi strada imbocchi, la cancelliera dovrà poi giocare la carta del futuro della Ue.
La minaccia di uscita dalla Ue della Gran Bretagna apre un altro rischio esistenziale
di DANILO TAINO

BERLINO In quasi dieci anni di governo, Angela Merkel non è mai stata in una posizione difficile come quella in cui si trova oggi. La proposta che, secondo la Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung , il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble avrebbe fatto alla riunione dell’Eurogruppo - cioè la sospensione di Atene dall’euro per cinque anni a meno di garanzie reali a fronte di prestiti - è il segno delle decisioni draconiane alle quali è di fronte il governo di Berlino. Il problema è che, qualsiasi orientamento prenda, la cancelliera finirà con il perdere qualcosa sul piano interno o su quello europeo. Oppure su entrambi.

In queste ore, però, c’è di più della situazione strettamente ellenica a metterla in difficoltà. Si tratta di una questione apparentemente meno immediata ma ancora più rilevante: il futuro dell’Unione Europea e il ruolo della Germania nel disegnarlo.
Già in questo weekend, Frau Merkel ha di fronte due scelte inconciliabili. A Berlino, il suo partito, la Cdu, è estremamente scettico nei confronti di un nuovo piano di aiuti, il terzo in cinque anni, alla Grecia. Se ci sarà, andrà presentato in Parlamento. Numerosi deputati cristiano-democratici sono però restii a votarlo: non credono che, qualsiasi cosa firmi, il governo di Atene poi lo metta in pratica. Non si fidano. E Schäuble riflette pienamente questa sfiducia.
Se ciò nonostante la cancelliera lo approverà, per farlo passare al Bundestag dovrà probabilmente ricorrere ai voti dell’alleato di governo, la Spd, e delle opposizioni, i Verdi e la Linke. Ma se il partito, del quale finora è stata regina indiscussa, le votasse contro in misura massiccia, la sua posizione ne subirebbe un colpo duro. Dalle conseguenze non prevedibili. Se poi il programma greco dovesse avere tra i contrari Schäuble - che gode di enorme prestigio e seguito nel partito e fuori - la situazione della cancelliera diventerebbe difficile da sostenere.
Se invece dovesse schierarsi con le posizioni sostenute ieri dal suo ministro delle Finanze e con chi ritiene che la soluzione migliore per Atene e soprattutto per l’euro sia l’uscita della Grecia dalla moneta unica, Merkel rischierebbe rotture nella Ue, soprattutto con Parigi, e con gli Stati Uniti. Sarebbe accusata di scegliere una strada avventurista, che non si sa dove porti. Un capo di governo della Germania postbellica ha sempre l’unità dell’Europa tra le priorità e la signora Merkel del tenere uniti gli europei ha fatto una strategia, dalla gestione della crisi ucraina all’approccio alla questione dei migranti. Fare una svolta a «U», ora, sarebbe un passo di rilevanza enorme.
La cancelliera ha in genere una grande capacità di analisi. È famosa per procedere prendendo in considerazione tutti i dati di un problema e decidere solo dopo essersi fatta un’opinione che a quel punto non abbandona. Nella vicenda greca degli ultimi mesi, di fronte al modo di muoversi «non ortodosso» del governo di Syriza, non ha però mai dato l’impressione di sapere affrontare come al solito gli «stop and go» di Alexis Tsipras e di Yanis Varoufakis. Spiazzata da un modo di fare che nelle ultime settimane l’ha portata a passare dall’obiettivo della mediazione a pensare - come da tempo pensa Schäuble - che non ci sia alcuno spazio di accordo per mancanza di volontà greca, ai dubbi di stanotte.
Questa perdita del dominio dell’iniziativa politica l’ha frenata, ora si trova dietro la curva, superata da altri. E non solo dal suo ministro. Qualsiasi strada scelga, soprattutto se dovesse prevalere quella che porta alla Grexit, sarà obbligata a giocare poi la carta del futuro della Ue, cioè di una riforma sia dell’eurozona che dell’Europa a 28: per spostare in avanti il terreno di confronto.
La crisi greca ha colpito al cuore l’architettura dell’euro; e la minaccia di uscita dalla Ue della Gran Bretagna apre un altro rischio esistenziale per il Vecchio Continente. La cancelliera può sperare di uscire dai guai in cui è finita mostrando leadership di fronte a queste sfide.

C’è però un ostacolo serio. La Francia di François Hollande si è mossa. E il risultato è qualcosa di più dell’allentamento del rapporto Berlino-Parigi che si è visto nell’ultima parte della crisi greca, quando il governo tedesco si è irrigidito e quello francese ha invece fatto il mediatore fino al punto di guidare la mano di Alexis Tsipras nella scrittura del suo piano di aiuti.
A Berlino si sospetta che Hollande voglia evitare che l’uscita di Atene dall’euro apra un varco per una riforma forte dell’eurozona. Una riforma che avverrebbe sulle linee della Germania, cioè di una maggiore integrazione non solo di bilancio ma anche delle riforme strutturali e in prospettiva del governo europeo. Sarebbe un’Europa sempre più tedesca, che Parigi non vuole. Meglio dunque la scelta conservatrice, dal punto di vista di Hollande: continuare con Atene come si è fatto per cinque anni, anche a costo di un nuovo programma di aiuti che difficilmente sarà risolutivo per la Grecia; l’importante è non creare il caso, la Grexit, che costringa a fare riforme «merkeliane».
Per recuperare l’iniziativa, Frau Merkel potrà cercare di fare avanzare comunque un’agenda di cambiamento. Ma una riforma dell’eurozona e della Ue contro Parigi è qualcosa che nessuno ha ancora immaginato. È così che l’Europa cammina verso il proprio futuro.

12 luglio 2015 | 08:03IL RETROSCENA
La scelta impossibile di Merkel Rompere col partito o con l’Europa
Qualsiasi strada imbocchi, la cancelliera dovrà poi giocare la carta del futuro della Ue. La minaccia di uscita dalla Ue della Gran Bretagna apre un altro rischio esistenziale
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BERLINO In quasi dieci anni di governo, Angela Merkel non è mai stata in una posizione difficile come quella in cui si trova oggi. La proposta che, secondo la Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung , il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble avrebbe fatto alla riunione dell’Eurogruppo - cioè la sospensione di Atene dall’euro per cinque anni a meno di garanzie reali a fronte di prestiti - è il segno delle decisioni draconiane alle quali è di fronte il governo di Berlino. Il problema è che, qualsiasi orientamento prenda, la cancelliera finirà con il perdere qualcosa sul piano interno o su quello europeo. Oppure su entrambi.

In queste ore, però, c’è di più della situazione strettamente ellenica a metterla in difficoltà. Si tratta di una questione apparentemente meno immediata ma ancora più rilevante: il futuro dell’Unione Europea e il ruolo della Germania nel disegnarlo.
Già in questo weekend, Frau Merkel ha di fronte due scelte inconciliabili. A Berlino, il suo partito, la Cdu, è estremamente scettico nei confronti di un nuovo piano di aiuti, il terzo in cinque anni, alla Grecia. Se ci sarà, andrà presentato in Parlamento. Numerosi deputati cristiano-democratici sono però restii a votarlo: non credono che, qualsiasi cosa firmi, il governo di Atene poi lo metta in pratica. Non si fidano. E Schäuble riflette pienamente questa sfiducia.
Se ciò nonostante la cancelliera lo approverà, per farlo passare al Bundestag dovrà probabilmente ricorrere ai voti dell’alleato di governo, la Spd, e delle opposizioni, i Verdi e la Linke. Ma se il partito, del quale finora è stata regina indiscussa, le votasse contro in misura massiccia, la sua posizione ne subirebbe un colpo duro. Dalle conseguenze non prevedibili. Se poi il programma greco dovesse avere tra i contrari Schäuble - che gode di enorme prestigio e seguito nel partito e fuori - la situazione della cancelliera diventerebbe difficile da sostenere.
Se invece dovesse schierarsi con le posizioni sostenute ieri dal suo ministro delle Finanze e con chi ritiene che la soluzione migliore per Atene e soprattutto per l’euro sia l’uscita della Grecia dalla moneta unica, Merkel rischierebbe rotture nella Ue, soprattutto con Parigi, e con gli Stati Uniti. Sarebbe accusata di scegliere una strada avventurista, che non si sa dove porti. Un capo di governo della Germania postbellica ha sempre l’unità dell’Europa tra le priorità e la signora Merkel del tenere uniti gli europei ha fatto una strategia, dalla gestione della crisi ucraina all’approccio alla questione dei migranti. Fare una svolta a «U», ora, sarebbe un passo di rilevanza enorme.
La cancelliera ha in genere una grande capacità di analisi. È famosa per procedere prendendo in considerazione tutti i dati di un problema e decidere solo dopo essersi fatta un’opinione che a quel punto non abbandona. Nella vicenda greca degli ultimi mesi, di fronte al modo di muoversi «non ortodosso» del governo di Syriza, non ha però mai dato l’impressione di sapere affrontare come al solito gli «stop and go» di Alexis Tsipras e di Yanis Varoufakis. Spiazzata da un modo di fare che nelle ultime settimane l’ha portata a passare dall’obiettivo della mediazione a pensare - come da tempo pensa Schäuble - che non ci sia alcuno spazio di accordo per mancanza di volontà greca, ai dubbi di stanotte.
Questa perdita del dominio dell’iniziativa politica l’ha frenata, ora si trova dietro la curva, superata da altri. E non solo dal suo ministro. Qualsiasi strada scelga, soprattutto se dovesse prevalere quella che porta alla Grexit, sarà obbligata a giocare poi la carta del futuro della Ue, cioè di una riforma sia dell’eurozona che dell’Europa a 28: per spostare in avanti il terreno di confronto.
La crisi greca ha colpito al cuore l’architettura dell’euro; e la minaccia di uscita dalla Ue della Gran Bretagna apre un altro rischio esistenziale per il Vecchio Continente. La cancelliera può sperare di uscire dai guai in cui è finita mostrando leadership di fronte a queste sfide.

C’è però un ostacolo serio. La Francia di François Hollande si è mossa. E il risultato è qualcosa di più dell’allentamento del rapporto Berlino-Parigi che si è visto nell’ultima parte della crisi greca, quando il governo tedesco si è irrigidito e quello francese ha invece fatto il mediatore fino al punto di guidare la mano di Alexis Tsipras nella scrittura del suo piano di aiuti.
A Berlino si sospetta che Hollande voglia evitare che l’uscita di Atene dall’euro apra un varco per una riforma forte dell’eurozona. Una riforma che avverrebbe sulle linee della Germania, cioè di una maggiore integrazione non solo di bilancio ma anche delle riforme strutturali e in prospettiva del governo europeo. Sarebbe un’Europa sempre più tedesca, che Parigi non vuole. Meglio dunque la scelta conservatrice, dal punto di vista di Hollande: continuare con Atene come si è fatto per cinque anni, anche a costo di un nuovo programma di aiuti che difficilmente sarà risolutivo per la Grecia; l’importante è non creare il caso, la Grexit, che costringa a fare riforme «merkeliane».
Per recuperare l’iniziativa, Frau Merkel potrà cercare di fare avanzare comunque un’agenda di cambiamento. Ma una riforma dell’eurozona e della Ue contro Parigi è qualcosa che nessuno ha ancora immaginato. È così che l’Europa cammina verso il proprio futuro.

12 luglio 2015 | 08:03
http://www.corriere.it/economia/15_lugl ... b2a2.shtml
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda franz il 12/07/2015, 11:03

Da piu' parti si ritiene che l'uscita della grecia renderebbe piu' forte ed omogeneo l'euro, mentre altri dicono esattamente il contrario.
Sicuramente ritengo che la Francia sia il principale ostacolo ad una maggiore integrazione europea, alla trasformazione dell'europa da unione su alcuni temi a federazione o almeno confederazione. Ma la Francia da a mio avviso da paravento ad altre nazioni che temono (o meglio i governi ed i partiti maggiori) di perdere potere in un'europa federale. Il fatto che la guida di questa europa sia tedesca è solo una scusa. Lo è ora perchè non c'è una guda ma in un sistema federale ben congeniato ed equilibrato non c'è una leaderhip precisa.

L'articolo cita il problema della fiducia: " Numerosi deputati cristiano-democratici sono però restii a votarlo: non credono che, qualsiasi cosa firmi, il governo di Atene poi lo metta in pratica. Non si fidano. E Schäuble riflette pienamente questa sfiducia. "
Mi è stata ricordata una favola di Esopo (stranota) che dimostra pero' che i greci dovrebbero conoscere da millenni cosa succede quando si tradisce la fiducia degli altri:
Ποιμὴν ἐξελαύνων αὐτοῦ τὴν ποίμνην ἀπό τινος κώμης πορρωτέρω διετέλει τοιαύτῃ παιδιᾷ χρώμενος. ἐπιβοώμενος γὰρ τοὺς κωμήτας ἐπὶ βοήθειαν ἔλεγεν, ὡς λύκοι τοῖς πρόβασιν ἐπῆλθον. δὶς δὲ καὶ τρὶς τῶν ἐκ τῆς κώμης ἐκπλαγέντων καὶ ἐκπηδησάντων, εἶτα μετὰ γέλωτος ἀπαλλαγέντων, συνέβη τὸ τελευταῖον λύκον ἐπελθεῖν τῇ ἀληθείᾳ. ἀποτεμνομένης δὲ αὐτοῦ τῆς ποίμνης καὶ αὐτοῦ ἐπὶ βοήθειαν βοῶντος ἐκεῖνοι ὑπολαβόντες αὐτὸν παίζειν κατὰ τὸ ἔθος ἧττον ἐφρόντιζον. καὶ οὕτως συνέβη αὐτὸν ἀπολέσαι τὰ πρόβατα.
ὁ λόγος δηλοῖ, ὅτι τοῦτο κερδαίνουσιν οἱ ψευδόμενοι τὸ μηδέ, ὅταν ἀληθεύωσι, πιστεύεσθαι.

Non avendo fatto il classico ho cercato la traduzione e ve la fornisco:
Un pastore che portava il proprio gregge piuttosto lontano da un villaggio si divertiva a praticare questo scherzo. Chiamando in soccorso a gran voce infatti gli abitanti del villaggio diceva che dei lupi venivano ad aggredire le pecore. E poiché due volte e tre volte quelli del villaggio si spaventarono e accorsero, ma poi se ne andarono tra le beffe, accadde alla fine che un lupo venne veramente. E mentre il suo gregge veniva sbranato e lui gridava per (chiedere) soccorso quelli, pensando che lui scherzasse secondo l'abitudine si preoccuparono di meno. E così accadde che egli perdesse le pecore.
Il racconto dimostra che questo guadagnano coloro che mentono, (cioè) il (fatto di) non essere creduti neppure quando dicono la verità.
Ultima modifica di franz il 12/07/2015, 11:34, modificato 1 volta in totale.
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Re: Ma ne è valsa la pena?

Messaggioda trilogy il 12/07/2015, 11:15

mariok ha scritto:Stando a questo articolo, sembrerebbe che "l’uscita di Atene dall’euro apra un varco per una riforma forte dell’eurozona", cosa temuta da Hollande e che ne spiegherebbe la posizione favorevole a "continuare con Atene come si è fatto per cinque anni, anche a costo di un nuovo programma di aiuti che difficilmente sarà risolutivo per la Grecia; l’importante è non creare il caso, la Grexit, che costringa a fare riforme «merkeliane»".

Sembra un po' machiavellico, ma, contrariamente alla vulgata prevalente, per il futuro dell'Europa sarebbe preferibile l'uscita della Grecia?


Anche a me sembra un po' machiavellico. Soprattutto parlando di Hollande :mrgreen:
Restando ai fatti dall'eurogruppo mi sembra emergano alcuni elementi:

La grecia ha presentato il suo piano di riforme in linea con quanto chiesto in precedenza dall'Ue.
Ma la richiesta finanziaria è salita da una trentina di miliardi a medio termine a ben 74 miliardi di euro e da questa cifra sembra siano esclusi i capitali necessari a ristrutturare le banche greche. Questo ha gelato il clima.

Oltre alla Germania, c'è una maggioranza di paesi nettamente contrari a nuovi aiuti. Ad esempio la finlandia dove il parlamento nazionale è sfavorevole, o il piccolo Portogallo che dopo i sacrifici fatti teme di essere affondato dal debito Greco.

C'è una forte crisi di fiducia. Il governo greco è spaccato, e a Bruxelles temono che una volta approvati i finanziamenti non ci siano i numeri per approvare le riforme proposte. In Grecia si andrebbe a nuove elezioni e si ricominci tutto daccapo.

Rimane il dubbio di fondo se la Grecia sia veramente in grado di stare nell'euro. Siamo al terzo piano di aiuti e vista la richiesta avanzata, il paese continua ad avere necessità di 20-25 miliardi all'anno di finanziamenti per stare a galla.

Intanto il vertice europeo di questa sera è stato annullato.
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