Stiamo assistendo a una situazione che può, mutadis mutandis, essere descritta, nella letteratura di teoria dei giochi (di cui Varoufakis, come noto, è profondo conoscitore), dal “game of chicken”. Il “game of chicken” (letteralmente “gioco del pollo”) prende spunto dal film Gioventù bruciata con James Dean. Nella famosa scena finale, i due giovani rivali si sfidano per non essere chiamati “pollo” (l’equivalente del nostro “coniglio”) in una gara di coraggio: vince colui che su una strada che corre verso lo strapiombo (e quindi la morte sicura), stacca per ultimo l’acceleratore, prima del burrone.
In queste ultime settimane, l’escalation di dichiarazioni delle due parti ci dice che siamo ancora nella fase di accelerazione. E tale accelerazione è cominciata con le dichiarazioni del ministro dell’Interno Nikos Voutsis il 25 maggio scorso, secondo le quali la Grecia non sarà in grado di pagare le rate del prestito del Fmi per il semplice motivo che non ha i soldi per farlo: “Le quattro rate per l’Fmi valgono un miliardo e 600 milioni, questo denaro non sarà versato e non ce n’è da versare”. Come il gioco delle parti richiede, immediatamente dalla stessa Syriza si sono avute dichiarazioni opposte e è stata riconfermata l’intenzione di versare le rate degli interessi nei tempi previsti.
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Tre sono le proposte oggetto di discussione, finalizzate all’immediato reperimento in tempi brevi di liquidità: l’aumento al 10% dell’Iva sui prodotti energetici, l’allungamento dell’età pensionabile, le misure di ristrutturazione del mercato del lavoro. La prima misura avrebbe come primo effetto l’aumento delle tariffe elettriche con impatto negativo soprattutto sui redditi delle famiglie meno abbienti; la seconda è la classica manovra di reperimento fondi, così come è già avvenuto per altri paesi europei (ad esempio, la riforma “lacrimevole, della Fornero nel 2012); la terza ha come obiettivo la riduzione del costo del lavoro al fine (illusorio) di aumentare gli investimenti.
Si noti che queste tre proposte si collocano esattamente all’opposto di misure che il governo ellenico è in procinto di adottare: la possibilità per le famiglie a basso reddito di accedere gratuitamente ai servizi di pubblica utilità, la proposta di reintrodurre la tredicesima sulle pensioni e, infine, l’introduzione di un salario minimo.
È facilmente comprensibile, pertanto, come le richieste del Brussel Group siano state definite “assurde” da Tsipras.
Inoltre, esse si collocano in un contesto fortemente aggravato dalla recessione. Il caso delle pensioni è paradigmatico. Quasi il 40 per cento dei pensionati greci già ricevono un assegno mensile inferiore alla soglia di povertà dell’UE pari € 665 men. Erano meno del 20% prima della crisi del 2009. La riforma effettuata dal governo precedente mantiene il sistema a ripartizione (pays-as-you-go) sino al 2050, finanziato in buona parte dai contributi sociali e con una quota derivante dalla fiscalità sociale in progressiva diminuzione. Ma le entrate provenienti da contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro è sceso più velocemente del previsto, in seguito all’approfondimento della recessione della Grecia che ha portato il tasso di disoccupazione del Paese a quasi il 30 per cento. Si è così maturato un deficit € 350 milioni nel primo trimestre 2015 rispetto a un avanzo di € 800 milioni rispetto all’anno precedente, a seguito di un calo del 12 per cento dei contributi e un taglio del 17 per cento dei sussidi di bilancio, secondo i dati del ministero greco delle Finanze. Nel periodo 2010-2014 le spese pensionistiche sono state tagliate del 44-48%.
Si tratta di misure che impediscono alla Grecia di poter far aumentare il Pil, ovvero di creare l’unica possibilità per pagare i creditori, al fine ultimo di neutralizzare il pericolo politico rappresentato dalla Grecia a prescindere dal possibile costo di questa scelta sui mercati finanziari.
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La stampa internazionale – quella italiana inclusa – ha reso l’analisi di quanto sta avvenendo in Grecia particolarmente difficile non solo per i termini del negoziato ma anche perché ha offerto letture parziali, nebulose, lacunose quando non apertamente tendenziose dei negoziati (basta solo un esempio: l’articolo di Giavazzi sul Corriere della Sera del 3 giugno scorso: “è ormai evidente che i greci non pensano che la loro società debba essere modernizzata e resa più efficiente”.
L’uso performativo del linguaggio in questa negoziazione ha tentato dunque di produrre un’immagine depotenziata e compromissoria del governo greco, acuendone le difficoltà in un contesto caratterizzato già da straordinarie tensioni. Stretto tra un parlamento fortemente diviso, le richieste incalzanti – talvolta miopi – dell’ala radicale euroscettica di Syriza e il continuo ricatto dei creditori, dovremmo forse dirci che Tsipras si è mosso con una intelligenza politica da tempo assente in questo continente riuscendo a portare avanti una negoziazione politica delicata nonostante un rapporto di forze avverso che avrebbe fatto perdere la calma ai più.
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http://www.sinistrainrete.info/europa/5 ... isso-.html
di Coin - Fumagalli.
Grecia: la danza sull'abisso