ranvit ha scritto:Tornando all'inizio della discussione...e quindi alla dichiarazione di Fini, aldilà degli arzigogoli e delle eccezioni da valutare e considerare nella eventuale stesura di una legge, resta il problema principale : le "prediche" religiose o meno in Italia vanno fatte in italiano, nè in dialetto nè in qualsiasi altra lingua...
Perché le prediche religiose vanno fatte in Italiano? Il principio "in pubblico non si parla se non l'italiano" non è un principio esistente nel nostro ordinamento giuridico, e se anche esistesse come potrebbe esistere in qualche stato molto illiberale non sarebbe giustificabile in quanto pesantemente lesivo della libertà di parola. Non solo, ma ci sono molti esempi, di cui alcuni te ne ho portati in questa stessa discussione, che mostrano come sarebbe assurdo proibire di parlare lingue straniere in contesti pubblici. Peraltro, secondo molti punti di vista rispettabilissimi, la predica in una moschea, come in una chiesa, non è neanche parte dello spazio pubblico e quindi non solo la metà dell'argomentazione sulla proibizione dell'uso di altre lingue, ma anche quella riguardante spazio pubblico cadrebbe.
Per evitare le assurdità evidenziate negli esempi portati, si potrebbe dire che la proibizione vale solo per le moschee e per l'arabo, ma sarebbe difendibile una legge
ad religionem del genere in uno stato libero? Direi proprio di no. Il pensiero poi di giustificarla con la necessità di "controllo" è assai peculiare, perché molto più efficace sarebbe dotarsi di osservatori in grado di comprendere l'arabo. Mettersi a costruire liberticide limitazioni della possibilità d'espressione per ottenere un risultato che potrebbe facilmente essere ottenuto senza bisogno di ciò (e che anzi, non viene in realtà cambiato di una virgola dalla presenza di tali limitazioni alla libertà) non si capisce proprio che senso abbia.
(che poi ci sarebbe anche da chiedersi : ma se io volessi aderire alla religione predicata in altra lingua, che faccio? Imparo l'altra lingua?)
Le possibilità di adesione ad una religione sono regolate dalla religione medesima e non dallo stato. Anche questo fa parte della libertà religiosa. Se una religione ha una lingua sacra, ad esempio, non si può imporre a quella religione di usare altre lingue per permettere ad altri fedeli di parteciparvi – oppure vogliamo obbligare gli ebrei a non parlare in ebraico nelle loro sinagoghe al di fuori di Israele?. Lo stesso vale per altre limitazioni – ad esempio che sò, il turbante per i sik, chi non se lo vuole mettere non aderisce a quella religione; oppure la proibizione del divorzio per la chiesa cattolica, chi vuole divorziare non appartiene alla chiesa cattolica, e così via – che nessuno si sogna di contestare nel caso delle religioni (se ne contesta casomai l'uso pubblico, così il nostro ordinamento prevede il divorzio a prescindere da cosa vuole la Chiesa, oppure in certi contesti non si può portare il velo anche se la religione lo impone, ma non certo nelle moschee!). Così come nessuno le contesta nel caso di altre associazioni di tipo non religioso, se ad esempio io fondassi un'associazione di estimatori di Edgar Allan Poe non ci sarebbe nulla di strano né di illegale se per aderirvi richiedessi la conoscenza della lingua inglese – neanche se per caso tenessimo le nostre riunioni in un luogo pubblico, forse alcuni non lo hanno notato ma capita spesso nelle aule universitarie (pubbliche, molto più pubbliche delle moschee) che si tengano lezioni in inglese, francese, tedesco, spagnolo e altre lingue, che sono facilmente utilizzate persino nei convegni (ancor più aperti al pubblico delle normali lezioni, comunque già pubbliche). Dovrebbero forse essere proibite con la motivazione che uno che non conosca la lingua in questione non potrebbe godere di siffatta sapienza? Oppure ancora, vale solo ed esclusivamente per l'Arabo e per le Moschee?
Peraltro, non è VIETATO predicare in Italiano, semplicemente non è giusto che sia OBBLIGATORIO. Non dubito che laddove ci siano moschee frequentate da italiani che non parlano l'arabo sia usuale – o lo diventerà ben presto in modo spontaneo –parlare anche in italiano (così come, mediamente, le chiese cristiane parlano la lingua del paese che le ospita, ma ad esempio nei paesi multilinguistici parlano la lingua prevalente tra i loro fedeli, e non mi risulta che a qualcuno sia mai venuto in mente di vietare l'uso dello spagnolo in qualche chiesa cattolica negli stati uniti).