da pierodm il 02/04/2011, 18:18
Ottimismo della volontà: in vista di cosa?
Del fatto che, comunque, la penisola italiana non sprofonderà nel mare o che non saremo invasi da nugoli di cavallette carnivore giganti?
Il problema è che non abbiamo - "noi" come parte politica, intendo - un obiettivo, una meta da alimentare con la speranza e con l'ottimismo della volontà: abbiamo dei ripieghi, un'accozzaglia di meno-peggio, degli stanchi e patetici pannicelli tiepidi, che abbiamo il disperato coraggio di chiamare "riformismo".
In vent'anni, a forza di limare, sottrarre, dismettere, ci siamo ridotti ad una politica degna di amministratori di condominio e di bottegai - limitandoci a desiderarla, chiamando tutto ciò "progetto" e nobilitandolo con l'etichetta di "buona amministrazione".
E quel che è peggio - perché recide anche la possibilità di un cambiamento - una parte di noi è inavvertitamente intimidita, costretta sulla difensiva dalla marea sciabordante dell'incultura di ritorno, dalle stronzate arroganti e aggressive dei praticoni, dalla revanche di quelli che "il culturame". Andassero affanculo: il mio ottimismo della volontà consiste nel fatto che mi sono stufato oltre ogni limite di ascoltare e di leggere 'sta roba.
L'ottimismo della ragione, piuttosto, mi suggerisce che per questo campionato la partita è persa, e probabilmente anche per il prossimo, anche se dovesse essere schiccherato via il Berluscatz.
La rigenerazione ha bisogno di un reset radicale, e questo avviene solo attraverso i meccanismi della storia, ossia della realtà, e non certo per manovre, decisioni di partito e cambio di organigrammi.