Ecco 25 anni di crescita economica (fonte Eurostat - dataset=nama_10_gdp)
Una sola domanda: l'Italia non cresce per colpa delle politiche neo-liberiste?
E allora le altre nazioni crescono perché sono comuniste?


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Robyn ha scritto:La bassa crescita può dipendere dall'eccesso di burocrazia per cui uno rinuncia ad aprire un'attiva, può dipendere dalla scarsa formazione da cui discendono le disuguaglianze sociali e la precarietà che conduce ad una bassa produttività,per questo è importante fare funzionare finalmente bene l'ANPAL.Sul versante delle tasse farle scendere alimentando la sanità con il sistema assicurativo non so se cambierebbe molto perché se non si finanzia più la sanità con le tasse la loro discesa viene quasi annullata dal costo dell'assicurazione da sostenere e poi i lavoratori non hanno voglia di andare all'assicurazione per rinnovarla di volta in volta preferirebbero con il calo dell'IRPEF che fosse trattenuta dalla busta paga,poi chi non lavora e non ha un'entrata che fa?dovrebbe essere garantita l'assistenza sanitaria gratuita.
«Tre ragioni principali spiegano la caduta dell’Italia delle imprese nell’irrilevanza. Hanno a che fare con una carenza di capitale finanziario, sociale e umano, che si autoalimenta» scrive ancora l’Economist, che cita una stima dell’agenzia di rating Cerved, secondo la quale « il 7% delle società non finanziarie è a rischio di insolvenza quest’anno. Nel peggiore dei casi potrebbe salire oltre il 10%». Ma la classe dirigente, secondo il settimanale,fa pochissimo per cambiare tutto questo. «Piuttosto che migliorare l’infrastruttura fisica e legale che aiuterebbe tutte le aziende, i soldi del governo vanno a salvare i fallimenti perenni. Quest’anno lo Stato ha salvato ancora una volta Alitalia, compagnia di bandiera in continua perdita. L’Italia non ha equivalenti agli istituti Fraunhofer che aiutano le medie imprese tedesche a rimanere all’avanguardia nei loro campi».
E anche le aziende fanno poco per rinnovarsi, a partire dai loro vertici: l’Economist cita lo studio del 2017 di Guido Corbetta dell’Università Bocconi, secondo il quale «oltre metà delle imprese italiane di prima generazione ha un proprietario-capo che ha più di 60 anni e un quarto uno che ne ha almeno 70. I membri dei consigli di amministrazione italiani sembrano antichi quasi quanto l’arte del Rinascimento che adorna i loro muri». Per chi vuole fare affari, o anche solo il manager, le opportunità sono sempre meno.
flaviomob ha scritto:A mio parere, se la causa fosse l'eccesso di burocrazia, non si spiegherebbe il divario rispetto a 20-30 anni fa.
Io penso che le cause siano più profonde: chi vorrebbe investire in un'industria di un paese che (di fatto) ha depenalizzato il falso in bilancio fino al 2015? Come poteva un investitore straniero considerare attendibile la reputazione di un'azienda italiana, magari appetibile, in queste condizioni?
Dal 2000 al 2018 (compresi) la spesa per l'amministrazione generale dello Stato (tutto quello che non è scuola, sanità, trasporti, giustizia, polizia, esercito, previdenza, assistenza ...) è aumentata del 46.3% OLTRE l'inflazione. Nel 2018 sono 109 miliardi. Erano 60 miliardi nel 2000. L'aumento lordo è stato dell'82.6% da cui togliere circa il 34% di inflazione monetaria. Io quindi il divario me lo spiego.
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