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Per un populismo della sinistra

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda franz il 04/11/2008, 8:22

soniadf ha scritto:Potresti rivolgerti a Berlusconi. In cambio non di un lavoretto, ma di un piccolo investimento, potresti appropriarti di una società area senza debiti, sottovalutata all'acquisto, che verrà rivalutata dal socio estero, a cui potrai rivendere la tua parte tra qualche anno. Per ottenere più velocemente profitti, potresti rimettere in discussione tutti i contratti di lavoro, usando il ricatto del fallimento. Alla fine, il tuo piccolo capitale senza rischio ti avrà fruttato molte porsche alle spalle dei contribuenti, che ripagano le perdite, e alle spalle dei dipendenti della compagnia che, senza colpe manageriali, devono rinunciare a parte del loro reddito a favore del tuo profitto. E' vero, conta il contesto. Ma si può contestare il contesto o costituisce reato di leso capitalismo selvaggio? perchè di questo si tratta. Da vecchia liberale, ho studiato che bisogna preservare soprattutto la libera concorrenza, mentre oggi si soccorre tutto ciò che è monopolistico e vessatorio.
Io conto sulla politica perchè si produca nuova ricchezza, non per puntellare l'esistente.

Vero, ma come vedi solo la politica puo' tentare di garantire un simile rendimento senza rischi.
Ovviamente a scapito di altri (contribuenti ed anche altri imprenditori esclusi dal gioco).
Nel gioco economico puro, non alterato dalla politica, secondo me non sarebbe possibile.
Dovresti rivolgerti ad un potente monopolista, se esiste, e sposarne un figlio.
Ma anche qui usciremmo dall'economia per entrare nei rapporti parentali (che sono di tipo politico).
soniadf ha scritto:Qualche sera fa, sentivo l'economista Tito Boeri dichiarare che l'aumento dell'occupazione di questi ultimi anni non ha portato produzione di ricchezza. I profitti, in alcuni settori, sono molto aumentati; i salari sono rimasti fermi ed hanno perso valore d'acquisto; alla nuova, cattiva occupazione non ha corrisposto un aumento dei consumi. Cosa è successo, secondo te?

Se guardiamo solo alla situazione italiana è possibile. Non conosco i dati che citava Boeri e dovrei esaminarli per rispondere. Nell'ambito dell'economia mondiale invece ritengo che si sia prodotta ricchezza, nei paesi emergenti del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) mentre alcuni pasi occidentali hanno marciato sul posto ed iniziano ad arretrare.
Questo significa che il a livello mondiale sta avvenendo una certa ridistribuzione a favore dei poveri ed a nostro sfavore.
Tutto sommato è un fattore positivo, solo che siamo sempre favolevoli alla ridistribuzione ma un po' meno quando noi siamo coinvolti in modo negativo in questa redistribuzione.

La domanda di fondo, che dobbiamo porci come sistema Italia è, cosa abbiamo prodotto di innovativo, come lo abbiamo prodotto (produttività). Non possiamo certo competere con i paesi che producono merci e servizi basso valore aggiunto ed ora nei paesi del BRIC da anni si producono anche materiali High Tech e ad alto valore aggiunto. A noi cosa rimane? Quale è il nostro contributo al mondo, a parte la pasta, la mozzarella, le scarpe e le Ferrari? Dove vengono prodotti i componenti del PC che stiamo usando per scrivere questi concetti? Dove vengono prodotti i telefonini?
Se in Italia non c'è stata produzione di nuova ricchezza è evidente che non c'è "trippa per i gatti" per cui il sistema è fermo sia dal punto di vista dei salari che dei consumi. Poichè tuttavia alcuni investimenti continuano ad andare male ed altri ad andare bene, i profitti in alcuni settori sono stati migliori che in altri.

Piuttosto chiediamoci chi puo' veramente fare qualcosa per modificare la situazione.
Secondo me un po' tutti, ma ognuno nel suo ruolo.
Che gli industriali facciano gli industriali. Spetta a loro, non alla politica, produrre la quota maggiore di ricchezza, se hanno le condizioni quadro adatte.
Che la politica pensi a predisporre le condizioni quadro per una buona produzione, che sono un sistema di strutture pubbliche (strade, comunicazioni) un sistema di istruzione e formazione professionale, un sistema sanitario che funzioni, un sistema previdenziale che non sia clientelare, una vera sicurezza sul territirro, soprattutto nel meridione.
Che gli industriali non pensino di fare politica e la politica non si metta a fare industria.
I sindacati e la sinistra la smettano di mettersi di traverso a quelle riforme che ci porterebbro a livello europeo (come i sussidi di disoccupazione e come la eliminazione delle pensioni di anzianità) e pensino a ricuperare quel ruolo di difesa e rappresentanza dei lavoratori che hanno perso. Oggi i sindacati hanno piu' iscritti tra i pensionati mentre i lavoratori pare votino FI e Lega.
Il consiglio quindi è "ognuno al suo posto".
Magari cosi cominciamo a migliorare. Il resto lo vedremo strada facendo.

Ciao,
Franz
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda pierodm il 04/11/2008, 10:21

Prima di rispondere alla domanda di Franz, una nota sull'interessante dialogo tra Franz e Sonia.
Franz, in sostanza, identifica "l'economia" con "gl'investimenti", o, se vogliamo essere larghi, con la produzione industriale.
Quando si parlava di sistema economico, in realtà, si faceva riferimento all'economia come somma delle azioni di tutti gli attori sociali, vale a dire come conduzione e gestione di tutte le risorse, da quelle umane a quelle finanziarie a quelle naturali.

Veniamo alla domanda di Franz: la soluzione è un populismo di sinistra?
No, il populismo non è mai una soluzione per rsolvere problemi.
E' semmai una soluzione elettoralistica, per risolvere i problemi di un partito, quando la posta in gioco è la "vittoria" e la vittoria è l'essenza della politica.

A questo proposito dice bene Pinopic: questo è il sistema che abbiamo creato, e in questo sistema il populismo paga.
Anche chi non fa del populismo una linea politica, a mano a mano ci viene guidato dentro, avvertendo che certi discorsi trovano ascolto e altri no.
Io ci devo metteere il carico da undici, sottolineando che questo sistema è stato voluto e tenacemnte perseguito, nonostante le critiche e gli avvertimenti su ciò che sarebbe accaduto: voluto dalla destra, ma voluto anche dalla sinistra, nel periodo folle a metà degli anni '90.

Infine due parole sulla vexata quaestio dell'ignoranza e della TV.
Certamente: ogni analisi sulla comunicazione di massa deve tener conto della natura e qualità dei soggetti ingioco, anche se esiste una categoria di giudizio teorica e valida in via generale.
Natura e qualità che è allo stesso tempo un dato di partenza, ma anche un dato in evoluzione, che cioè cambia proprio in conseguenza della comunicazione.
L'errore che si commettespesso - a sinistra - è quello di considerare solo gli strati di popolazione politicizzati, ovvero emergenti, visibili.
Nella realtà c'era al tempo della DC, così come c'è oggi, una massa in ombra, che poco parla e pochissimo s'informa in modo attivo, e che non ha alcuna idea propria di tipo politico o istituzionale.
Per esempio, quando mi capita di descrivere e raccontare la mia famiglia - intesa nelle sue ramificazioni fino al grado di zie e zii, cognati e cugini - mi viene naturale parlarne come di una famiglia di sinistra, e di isolare alcune figure a loro modo esemplari come coscienza o interesse politico.
Se però ci rifletto meglio, a fare il conto,sono molte di più le persone di famiglia assolutamente amorfe, piuttosto ignoranti in qualunque materia vagamente politica, che a distanza di anni non so quale voto abbiano mai dato e perché: lo immagino, ma non l'ho mai saputo o capito con certezza.
Dicevo prima "persone che s'informano in modo attivo", nel senso che c'è una certa differenza tra "cercare" l'informazione, e "ricevere" l'informazione.
Quella televisiva è tipicamente un'informazione che si riceve in forma quasi totalmente passiva, e non consiste soltanto nei Tg ma è negli effetti di tutta la propria programmazione: cambia la percezione della realtà, fino al punto da ricreare una sua realtà che ha una suggestione superiore alla realtà materiale.
Certamente la Tv ha cambiato la misura stessa dei discorsi, dei ragionamenti e dei dialoghi: il semplicismo populistico è la misura esatta del linguaggio televisivo.
Per chiudere il cerchio, tutte le cifre - oltre che la semplice esperienza diretta - dicono che è proprio la massa grigia, quellache legge pochissimo i giornali, che costituisce il grande zoccolo duro dell'audience televisiva.
Certamente esagerando, ma con una buona dose di verità, possiamo dire che le elezioni italiane sono un ottimo termometro per capire quanta gente segue e s'informa solo con la TV, e quanti sono i lettori di giornali: uno scontro tra spettatori e lettori, se vogliamo cercare un titolo forte.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda franz il 04/11/2008, 14:43

pierodm ha scritto:Prima di rispondere alla domanda di Franz, una nota sull'interessante dialogo tra Franz e Sonia.
Franz, in sostanza, identifica "l'economia" con "gl'investimenti", o, se vogliamo essere larghi, con la produzione industriale.
Quando si parlava di sistema economico, in realtà, si faceva riferimento all'economia come somma delle azioni di tutti gli attori sociali, vale a dire come conduzione e gestione di tutte le risorse, da quelle umane a quelle finanziarie a quelle naturali.

Una precisazione, perché evidentemetne le mie scarse capacità espressive non sono state sufficenti a far recepire il senso di quello che volevo dire.
Io non identifico l'economia con gli investimenti.
Affermo che il fattore divaricante nell'economia rispetto all'accumulo di ricchezza (e quindi alla sua distribuzione disomogenea) é il successo (o meno) degli investimenti.
Mi sembra una cosa diversa.

Ulteriore precisazione: gli investimenti non sono (nemmeno ad essere larghi) la produzione industriale.
Oggi il PIL è costituito da fette di settore primario (5%), secondiario (25%) e terziario (70%).
Gli investimenti si fanno in tutti e tre i settori.
Non solo ma il PIL è costituito - a seconda dei paesi - da produzione interna (dal 70 al 90%) a scambi con l'estero (dal 30 al 10%). Nell'analisi dell'economia bisogna conoscere (e rispettare) ogni aspetto.

Per il sistema televisivo, oltre alle critiche, va dato atto (altrimenti non si capisce) dei meriti.
Ha unificato linguisticamente il Paese (piu' del servizio militare) e permesso la condivisione di decine di migliaia di esperienze culturali (film e sceneggiati) cosa che in una popolazione che non legge libri e giornali è importante e positivo.

Ciao,
Franz
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda pierodm il 04/11/2008, 16:54

Anche il fascismo ha rappresentato la modernizzazione dell'Italia, in qualche modo.
Vogliamo parlare davvero di ciò che rappresenta la televisione nella famosa "era moderna"?

Diciamo subito: la televisione è di per sè un mezzo straordinario. Un sogno, specialmente se ...
Ma preferisco partire da un altro punto.

In una cultura "popolare" e nazionale - per come la intendiamo, in coerenza con l'ordinamento sociale, la vita, le istituzioni che si sono formate nel tempo - il ruolo della carta stampata, dei libri, dei giornali è insostituibile, così come lo è nell'educazione scolastica.
Non si tratta della pura quantità d'informazioni trasmissibile, ma di un complesso di fenomeni, che comprende le informazioni, la loro forma, il loro tempo di assorbimento, la velocità di obsolescenza, il linguaggio, e i meccanismi mentali che questo genere di comunicazione genera o mette in movimento.
Noi tutti - o quasi - che siamo in questo forum apparteniamo ad una generazione che ha attraversato diversi stadi evolutivi della comunicazione, dai libri con due figurette ogni cinque pagine, ai videoclip di oggi, le conferenze multimediali, la Tv satellitare, passando per il monopolio RAI con due canali in B/N, i videoregistratori e le conferenze con le diapositive che s'incriccavano ogni due minuti.
Potrei approfondire per ore la mia esperienza personale in materia, ma mi limito a ricordare il primo film che vidi da bambinetto piccolo: Biancaneve, di Disney.
Del film ricordo poco, ma mi colpì moltissimo il documentario che lo accompagnava, ossia il Deserto che Vive, in uno splendido technicolor morbido e favoloso.
Per me, che senza ancora saper leggere sfogliavo avidamente i vecchi libri di zoologia di mio padre, praticamente senza illustrazioni, quel documentario fu una rivelazione, sulla quale ho vissuto per anni e anni.
Anni nei quali ho apprezzato l'utilità, e il fascino, delle "figure" e dei documenti filmati che mi capitava di vedere, poiché andavano ad integrare le conoscenze e le curiosità che avevo maturato nel mio apprendimento, costituito per il 95% di letture e di libri fatti solo di testo e d'immaginazione.
Ancora oggi considero come mezzo di comunicazione elettivo, essenziale, la radio più che la televisione, perché è fatta di parole.

Il fatto di aver sperimentato molte forme di comunicazione non garantisce niente in merito a una nostra speciale capacità, ma aiuta. Ci aiuta a difenderci.
Non ci aiuta, però a capire sul serio quello che succede a chi ha praticamente conosciuto il "giornale" solo con i tele-giornali, e ha sperimentato una dilatazione dell'orizzonte sul mondo solo attraverso la Tv - e parlo dei contemporanei della nostra infanzia e adolescenza, in quell'Italia con larghi strati di semi-analfabetismo del dopoguerra.
Se poi consideriamo le generazioni successive, alluvionate dalla pubblicità, e cresciute con una didattica molto più centrata sull'immagine, dobbiamo rivedere seriamente alcuni concetti che siamo portati a considerare scontati, in merito alla comunicazione e agli effetti che ha sulla percezione di una grande massa di gente.

C'è poi da mettere nel conto una serie di valutazioni accessorie, e tuttavia importanti.
Per esempio, libri e gioranli mal fatti sono tanti, ma hanno nelle loro stessa perversità l'antidoto: sono poco commestibili, e dunque è difficile che siano ingeriti fino in fondo.
Le trasmissioni televisive, la televisione in generale mal fatta è altrettanta, ma è molto più facile mandarla giù, e inoltre non c'è solo un livello, una "via" di assorbimento della comunicazione televisiva, come avviene per quella scritta: si può seguire un Tg, o un documentario, un varietà, per ricevere alcuni dati, o perché piacciono alcune musiche, ma allo stesso tempo avviene una serie non controllata (in quanto "marginale") di eventi estetici ed emozionali che riguardano i colori, la scenografia, le coreografie, l'uso delle parole, il ritmo stesso della comunicazione, e che a lungo andare cambiano alcune modalità di pensiero e di percezione.
Nella comunicazione scritta la forma, il linguaggio, non sono mai marginali: quello che è semmai surrettizio, e influente, è l'impaginazione e l'iconografia della pagina, che non a caso appartengono sì alla comunicazione stampata, ma rappresentano i prodromi genealogici di quella audiovisiva.

So bene che potrebbe sembrare sproporzionato lo spazio che sto dedicando a questo argomento, ma credo che a sinistra si sia data poca importanza al fenomeno.
O meglio, se ne è fatta spesso una questione "morale", ma si è dato un peso non adeguato al fenomeno come fatto intellettuale, psicologico e antropologico - in ambito politico, intendo, perché studi e analisi specialistici ce ne sono stati in abbondanza, che però la politica ha letto coscenziosamente e ha educatamente accantonato.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda pinopic1 il 05/11/2008, 16:48

OT


Mi hai quasi commosso facendomi ripensare al passato. Anche io ho visto Deserto che vive ma guarda che forse era uno spettacolo a se, non allegato al film di Disney.
Perché ci hanno portato con la scuola a vedere Deserto che vive; nel suo genere era un capolavoro per i tempi.
Invece il primo film di Disney che ho visto era "La collana delle sette perle", qualche anno prima di Biancaneve. Per Biancaneve e anche Bambi c'era anche una raccolta di figurine che riproducevano i fotogrammi del film, da incollare nell'album.
I libri di Scienze di mio padre avevano le illustrazioni, ma erano disegni fantasiosi a colori, non fotografie.
I libri di Zoologia invece erano i miei, con anche le fotografie.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda pierodm il 05/11/2008, 19:36

Potrebbe darsi che ricordo male il titolo, ma certamente c'era un documentario che seguiva Biancaneve.
Potrebbe darsi, anche, che il documentario e il titolo siano proprio quelli, e che l'abbiano proposto sia come allegato al film sia come film a se stante.
Rimane il fatto che l'ho seguito a bocca aperta.

Le illustrazioni di animali a colori che ho visto per prime erano quelle sul libro di Salgari, La Città dell'Oro, che ho letto a sei anni: un caimano che assaliva una piroga, e un tapiro. Il resto delle illustrazioni raffiguravano gli esploratori, con baffi e moschetto, e cappello leopardato.

Il mitico libro di zoologia aveva le figurette in B/N: disegni, non fotografie, e pure piccoli piccoli, annegati in un mare di testo.
In realtà quello che ricordo è solo un ornitorinco, spiattellato sulla riva d'un fiume con un becco come quello di Paperino.

Purtroppo nella biblioteca di mio padre i libri del genere erano pochissimi: abbondavano invece quelli di matematica, di contabilità e statistica, tecnica bancaria e fisco, oltre ad un settore "proibito" di letteratura per lo più francese, con disegni arditi di donne sul canapè e roba così - che poi erano nient'altro che Flaubert, Balzac, Gautier, etc, ma impacchettati maliziosamente quanto bastava per far volare l'immaginazione.
E abbondavano i libri d'archeologia romana, e di storia della Chiesa.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda pinopic1 il 06/11/2008, 12:41

Se hai nostalgia dei libri antichi ne puoi trovare digitalizzati e da scaricare gratis in Google libri.
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Re: Per un populismo della sinistra

Messaggioda pierodm il 07/11/2008, 10:31

Ringrazio Pino per la segnalazione.
Nonostante io non sia un gran segugio di Rete, una delle categorie di ricerca in internet che preferisco è proprio quella dei siti in cui sono disponibili i testi di opere letterarie: di libri ne ho tanti, ma ce n'è sempre qualcuno che mi manca, da consultare, se non proprio da leggere.
La lettura vera e propria, infatti, per me s'identifica in modo insostituibile con il libro di carta, e con i riti che l'accompagnano. Per esempio, da un certo punto in poi della mia vita di lettore, leggo sempre e soltanto di notte.
Va be', basta con le autobiografie.
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