Veltroni: torna lo spirito
del '96
sceglieremo il leader senza veti
"Sulla par condicio Boselli non aiuti Berlusconi"
di MASSIMO GIANNINI
ROMA - I ragionamenti di Parisi? "Vanno nella direzione giusta". Le
stoccate di Cossiga? "Preferisco non rispondere a certi attacchi: lo
considero il miglior contributo alla stabilità del governo".
Dire che Walter Veltroni sia contento, forse, è dire troppo.
Questa crisi, le ragioni che l'hanno causata e le trattative complesse
che hanno permesso di superarla, qualche segno sul leader della Quercia
lo hanno lasciato. "Ma sono convinto che abbiamo fatto la scelta giusta,
perché non vi erano alternative", dice dal suo ufficio a Botteghe
Oscure, in quest'ultima intervista prima di chiudere le comunicazioni
con l'esterno in vista del congresso diessino di gennaio. "In questa
crisi siamo entrati con una sola soluzione, un governo con D'Alema.
E' sempre rischioso, in politica, non avere subordinate. Ma feci così
anche proponendo per primo Ciampi al Quirinale. Allora riuscì,
ed è riuscito anche oggi. E poi, due risultati positivi li abbiamo
comunque raggiunti".
E quali sarebbero, onorevole Veltroni?
"Il primo: il Paese è uscito da una fase di pericolosa instabilità.
Le tensioni nella maggioranza stavano crescendo da più di un
mese. E' stato giusto accelerare e provocare un chiarimento definitivo:
adesso l'Italia ha un nuovo governo che può riprendere il cammino
fino al termine della legislatura. Del resto, che potevamo fare? Anche
le elezioni anticipate erano l'ipotesi peggiore: una campagna elettorale
senza la par condicio, un centrosinistra lacerato e sconfitto, un premier
messo in discussione, il rischio di far saltare il referendum...".
Fin qui ci siamo. Quale sarebbe il secondo aspetto positivo?
"E' quello che rende possibili, oggi, i ragionamenti di Parisi. Abbiamo
ricostruito una coalizione. Era troppo difficile, nel centrosinistra,
la convivenza tra la strategia di chi puntava a un'alleanza durevole
e omogenea tra le diverse forze e quella di chi mirava invece a un'intesa
transitoria, con l'obiettivo futuro di compattare la sinistra da una
parte e il resto dello schieramento dall'altra. Ora questa convivenza
si è risolta. Siamo tornati a parlare un linguaggio comune. Mi
sono adoperato molto per raggiungere questo risultato, prima con il
documento unitario e poi con l'idea della delegazione congiunta al Quirinale.
L'obiettivo è raggiunto. Lo considero un valore...".
Ma il D'Alema-bis è quasi un governo di minoranza.
"E' vero, ha una base parlamentare più fragile. Ma non è
detto che abbia un consenso altrettanto fragile nel Paese. Sono convinto
che il centrosinistra possa vincere le regionali: questo contribuirà
al rilancio dell'azione di governo e della coalizione".
Basta andare in apnea fino alle regionali, senza che nel frattempo il
centrosinistra abbia dato un senso a questo presunto "governo rinnovato"?
Lo stesso Parisi dimostra di non crederci, quando dice "diamo un segnale
entro gennaio", non crede?
"E' giusto. Il nostro impegno, da oggi in poi, deve essere quello di
ridare un'anima e un'identità a questa coalizione. Cos'era l'Ulivo
del '96? Una coalizione unitaria, con un programma comune e un unico
simbolo. In quel contenitore i partiti contavano e per questo ottenevano
consensi elettorali crescenti. In quell'esperienza c'era uno spirito
che dobbiamo far rivivere: forza della coalizione e visibilità
delle diverse identità che la compongono. Uno spirito da far
rivivere nei luoghi e tra i soggetti che decideremo insieme. L'ho detto
alla Camera, e voglio ripeterlo oggi: il centrosinistra o è innovazione,
o non è".
Ma non sarebbe ora di lavorare sul serio al partito unico?
"E' un'ipotesi che metterebbe in grave difficoltà molti degli
alleati, e potrebbe compromettere lo stesso varo della coalizione".
Nel frattempo c'è da risolvere la questione della premiership.
Si sente dire nel centrosinistra: "Con D'Alema si perde". Lo pensa anche
lei?
"Ora che D'Alema è di nuovo premier posso dire che ha lavorato
bene in questo anno. Ma sulla premiership decideremo tutti assieme con
l'approssimarsi della scadenza delle elezioni politiche. E questo avverrà
senza traumi, e senza che si pongano o si accettino veti da parte di
nessuno. Se D'Alema fallisse, se il suo governo andasse male, sarebbe
una sconfitta per tutto il centrosinistra. Vincere le politiche del
2001 è interesse di tutta la coalizione. Ma una scelta sul candidato
premier, prima di allora, andrà fatta comunque. Decideremo insieme
il modo, primarie o altro, con cui fare questa scelta".
Torniamo al "governo rinnovato". Lei ha parlato dei risultati positivi.
Ma non può nascondere che la maturazione del D'Alema-bis si porta
appresso parecchi frutti avvelenati.
"Non lo nascondo. Io ne vedo due. Il primo: l'Italia vive ancora in
una crisi di sistema, l'opinione pubblica è bipolare ma nei comportamenti
politici prevale il proporzionalismo con le sue degenerazioni. Il secondo:
permane la crisi della politica, che somiglia a un universo chiuso,
nel quale pochi "manovratori" costruiscono edifici barocchi, in base
a logiche impenetrabili all'opinione pubblica. E' un fatto grave, che
sarà al centro del nostro congresso: indicheremo un percorso
per ridare valori e programmi che meritino l'attenzione della gente,
un decalogo di regole per vincolare i politici alla coerenza e un sistema
di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Con una stella polare:
siano i cittadini, e non i partiti, a fare i governi di legislatura".
Tutti qui, i frutti avvelenati della crisi? Non mi dica che lei e il
suo partito avete accolto con gioia l'apertura del premier sulla Commissione
per Tangentopoli...
"No, non glielo dico. Ho accettato quella proposta solo per senso di
responsabilità, e per garantire la stabilità al governo
D'Alema. Una commissione composta da parlamentari che fanno l'inchiesta
sulle inchieste giudiziarie può avere effetti devastanti sul
Paese. Si rischia un processo alla magistratura, e una guerra tra i
partiti fatta di colpi sotto la cintura. Ma le vicende della politica
italiana avevano creato una sorta di corto circuito tra la prosecuzione
della legislatura e il varo di questa commissione...".
Quanta realpolitik, onorevole Veltroni.
"Le confesso che non me la sono sentita di decidere in una notte, con
un no, di affidare le chiavi del Paese a Berlusconi. Ho chiesto e ottenuto
che vi fossero dei paletti ben precisi, sulla composizione ristretta
e autorevole di questo organismo, sulla sua durata e soprattutto sul
fatto che non potesse indagare sui processi chiusi o ancora in corso.
Nei giorni successivi ho anche letto la proposta di Cossiga sull'istituzione
per via costituzionale di una commissione presidenziale composta da
personalità al di sopra delle parti, qualcosa di analogo alla
nostra proposta sulla commissione di saggi. Questa parte mi sembra da
approfondire, mentre non lo è affatto la parte restante sull'amnistia:
su quel terreno non abbiamo cambiato idea, siamo nettamente contrari".
Al di là degli attacchi personali, il Picconatore prepara una
guerriglia politica contro il governo che non promette nulla di buono.
E anche i socialisti non sembrano da meno.
"Ai socialisti vorrei dire questo. Al di là del conflitto di
questa fase, registro due cose che pesano, tra noi: la prima è
la comune appartenenza alla famiglia del socialismo europeo, la seconda
è la ribadita adesione al centrosinistra italiano, il che razionalmente
dovrebbe comportare una piena partecipazione al suo progetto politico.
Vorrei che a partire da questi due punti fosse chiara una cosa: siamo
divisi sul governo, ma dobbiamo andare uniti alle regionali".
Ma Boselli e i suoi continuano ad accusarvi della solita "egemonia".
"Per quanto riguarda i Ds, posso assicurare che il confronto rispettoso
e la ricerca di una convergenza con lo Sdi sarà una preoccupazione
costante. Spero però che da parte loro vi sia una preoccupazione
analoga. E mi auguro che specie su temi come la par condicio, su cui
tra noi vi è stato un voto comune al Senato, Boselli non voglia
fare un regalo davvero a Berlusconi, che proprio non se lo merita".
Questo lo dice lei, che è un suo avversario politico. Ma lo vada
a spiegare a chi lo considera un perseguitato...
"Senta, se c'è un'altra lezione che è venuta fuori, da
questa crisi, riguarda proprio la destra. Berlusconi alla Camera ha
sfoderato una violenza inusitata, e Fini scavalcato a destra è
stato costretto a rimettere in discussione l'operazione più importante
della sua vita, il passaggio dal Msi ad An. Quel dibattito è
servito a ricordare a chi lo avesse dimenticato cos'è la destra
in Italia: quale impasto di furore ideologico, di intolleranza e di
aggressività si nasconda dietro gli auguri di Natale che Berlusconi
dispensa ogni giorno dalle sue reti tv".
Cerca la gramigna nell'orto dei vicini perché non vuole vedere
le erbacce cresciute tra la Quercia e l'Ulivo? Vogliamo parlare del
"Manuale Mastella", del mercato dei sottosegretari o del caso Misserville?
"Certi fatti, e certe scelte, hanno rischiato di essere in aperto contrasto
con lo spirito di innovazione senza il quale un governo di centrosinistra
rischia di pagare un prezzo troppo alto".
Le segnalo un ultimo frutto avvelenato: la proposta socialista sulla
legge elettorale, che spacca il vostro asse col Ppi e rischia di essere
un siluro al referendum.
"Già, si sente in giro questa grande nostalgia di proporzionale,
che accomuna i socialisti ma anche Berlusconi, che con le sue bordate
contro il referendum vuole scaricare Fini e coltivare un suo improbabile
disegno neo-centrista. Io, al contrario, sono convinto che dobbiamo
accelerare col maggioritario. E insisto con la mia idea: turno unico,
premio di maggioranza, indicazione del premier e del vicepremier sulla
scheda. E' una proposta che riprende quelle avanzate da Barbera, Parisi
e Franceschini. Noi comunque sosterremo con forza il referendum, come
facemmo nell'aprile dello scorso anno. Solo ora tutti capiscono quante
cose sarebbero cambiate in meglio, se quel referendum fosse passato".