Intervista di Arturo Parisi a Panorama
25 Giugno 1999
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Caro D'Alema, mai più calci in bocca
Arturo Parisi, consigliere di Prodi, continua la guerra
contro il premier e i Ds.
E dà un consiglio (al vetriolo) a Marini
di Bruno Vespa
Caro professor Parisi, perchè ogni volta che Romano Prodi e
Massimo D'Alema aprono bocca l'uno in direzione dell'altro succedono
pasticci? La storia di Emma Bonino candidata e non candidata, i rischi
economici dell'Italia che procurano una piccola crisi dell'euro. È
un'insanabile questione di pelle?
'Non c'è dubbio che i due abbiano personalità diverse.
Ci sono poi oggettivi problemi di comunicazione. Infine non si può
dire che i giornali ci diano una mano''. Chi è con esattezza
Arturo Parisi? Il cervello politico di Prodi? Il suo angelo vendicatore?
L'incarnazione terrena dell'Ulivo? Certamente è l'uomo che regge
la baracca dei Democratici ('C'è un assetto collegiale e in questa
fase costituente ho una responsabilità esecutiva''). E spiega,
scandendo con cura le parole come fanno i sardi che si compiacciono
di parlare un italiano raffinato, che i contrasti tra Prodi e D'Alema
nascono innanzitutto da una visione assai diversa della politica.
'Il confronto tra i due si aprì già dopo il 21 aprile
del 96. Noi avevamo costruito l'Ulivo cercando una investitura diretta
dagli elettori e provando a trasformare in un fatto reale una democrazia
maggioritaria che almeno in parte era virtuale. D'Alema aveva una concezione
molto diversa''.
Che mi pare duri tuttora e divida il presidente del Consiglio dal segretario
dei Ds.
Vedo quel partito diviso e incerto tra le due strade. Una, più
prossima alla nostra, ha in Walter Veltroni uno degli interpreti più
autorevoli. L'altra fa capo a D'Alema e vede la coalizione come un cartello
di partiti tradizionali che deve rimanere il più stabile possibile.
In questo senso, e lo dico senza toni dispregiativi, il governo D'Alema
segnò un ritorno all'indietro.
Si può marciare a lungo su questo doppio binario?
Assolutamente no. I Ds devono fare al più presto chiarezza al
loro interno. Non si può immaginare un rilancio dell'Ulivo se
non ci lasciamo alle spalle i nodi formatisi negli ultimi tre anni.
Quando nacque il partito dei Democratici...
La lista dei Democratici.
Ma se state andando a un congresso? Terremo entro gennaio (poi ci sono
le elezioni regionali) un'assemblea nazionale se, come sembra, non verrà
raccolto il nostro invito agli altri partiti dell'Ulivo a scioglierci
tutti. Capirà, hanno suggerito di scioglierci soltanto a noi.
Dicevo: quando sono nati i Democratici, la loro ragione sociale sembrò
quella di mandare a casa D'Alema.
Fu letta così, ma non è vero. Volevamo solo rilanciare
lo spirito del 21 aprile.
E mandare a casa Franco Marini?
Nemmeno questo è corretto. Ricordi tuttavia che il Ppi andò
alle elezioni con la sigla: popolari e democratici per Prodi. Poi diventò:
popolari più Prodi. Poi popolari meno Prodi. E in un passaggio
anche popolari contro Prodi.
Voi vi proponete di crescere. Ma è fatale che avvenga a spese
dei vostri alleati.
Spero che il centrosinistra tragga vantaggio dalla lezione delle europee.
Così non si può andare avanti. Il profilo della coalizione
sbilanciato in favore dei Ds è stato in parte corretto dalla
nostra presenza. I rapporti tra prima e seconda forza del centrosinistra
sono meno squilibrati. Ma la frammentazione resta così evidente
che senza il massimo di omogeneità politica possibile le nostre
forze continueranno a essere viste come una mera sommatoria.
Consiglia a Marini di unirsi con i micropartiti centristi?
A Marini mi permetto di dare un solo consiglio. Non immagini di essere
un successore di De Gasperi. Il mondo è cambiato irreversibilmente.
Accetti definitivamente il bipolarismo. Prenda atto che deve essere
sciolta la solidarietà internazionale con il Partito popolare
europeo. Consideri una volta per tutte che la sezione italiana del Ppe
è destinata a essere Forza Italia. Il Ppi è stato tra
i fondatori del Ppe, ma ora è legato da una semplice omonimia
a quello che è diventato un rispettabile partito conservatore.
E ricordi che quattro persone non possono prenderne prigioniere venti.
Per non replicare la barzelletta di quel signore che sosteneva di aver
fatto venti prigionieri, ma lamentava che questi non lo lasciassero
venir via.
Come mai a Bologna prodiani storici come Pecci e Clò sostengono
pubblicamente il candidato del centrodestra?
Noi sosteniamo la Bartolini, ma i nostri elettori votano in assoluta
libertà. Il problema non sono loro. Anche a Bologna il tempo
è cambiato. Il disagio attraversa soprattutto i Ds. Pensi che
21 mila persone, una quota di poco inferiore agli elettori dei Democratici,
hanno votato la Quercia alle europee e non alle comunali.
Guardi alle prossime politiche. Che vede?
Vedo ottimismo del cuore e pessimismo della ragione. Non vorrei nè
un centrosinistra da fronte popolare, nè la Cosa 3.
E magari un candidato premier che non sia necessariamente D'Alema.
D'Alema esercita con qualità riconosciute la funzione di premier,
ma deve dar prova di essere capace di costruire lo spirito unitario
della coalizione. E non sto pensando ai calci in bocca che ci ha rifilato
durante la direzione dei Ds di lunedi 21 giugno. Deve dimostrare, insomma,
una capacità progettuale che nell'immediato non gli riconosco.
© Arnoldo Mondadori Editore-1999
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