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Donne al patibolo in Iran

Discussioni su quanto avviene su questo piccolo-grande pianeta. Temi della guerra e della pace, dell'ambiente e dell'economia globale.

Donne al patibolo in Iran

Messaggioda franz il 17/04/2009, 8:14

L’esecuzione prevista per lunedì. Mobilitazione internazionale per salvarla
La ragazza-pittrice al patibolo in Iran
Condannata quando aveva 17 anni. L’avvocato: è innocente

Delara Darabi (a sinistra nella foto) è una iraniana di 23 anni con la passione per la pittura. Fra tre giorni sarà impiccata: nel 2003 aiutò il fidanzato in una rapina, Delara si dichiarò poi colpevole per difenderlo. Anche Roxana Saberi (a destra nella foto) è in carcere: giornalista americana-iraniana, è accusata di spionaggio. «Sai cosa significa essere prigioniero dei colori? Significa me. La mia vita dai 4 anni in poi è stata fatta di colori. Compiuti i 17 anni, li ho persi... Ora la sola immagine che appare ogni giorno davanti ai miei occhi è quella di un muro. Io Delara Darabi, incarcerata per omicidio, condannata a morte... mi sono difesa con i colori, le forme e le espressioni».

Delara Darabi è una ragazza iraniana di 23 anni, con la passione per la pittura. Ha scritto queste parole due anni fa. Fra tre giorni, il 20 aprile, sarà impiccata, ha detto il suo avvocato al quotidiano iraniano Etemad. Delara è nata a Rasht, una cittadina sul Mar Caspio. Nel 2003, a 17 anni, si introdusse insieme al fidanzato Amir Hossain in casa di una cugina del padre, per derubarla. La cugina, Mahin, 58 anni, fu pugnalata a morte. Delara si dichiarò colpevole. Più tardi rivelò che l’omicidio era stato commesso dal fidanzato 19enne: le aveva detto di assumersi la colpa, perché essendo minorenne non sarebbe stata condannata a morte. Ma l’Iran, pur avendo ratificato la Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia, punisce come adulti i bambini a partire dai 15 anni e le bambine dai 9. Sia Delara sia Amir Hossein sono stati puniti con 3 anni di carcere e 50 frustate per tentata rapina, più 20 frustate per la loro «relazione illecita». Lei è stata condannata a morte per omicidio nel 2005, verdetto confermato dalla Corte Suprema nel 2007. Fu il padre a consegnarla alla polizia. «Pensavo di farlo nell’interesse della giustizia», ha detto in lacrime, in un recente documentario.

Quella fredda notte del 28 dicembre 2003, era nel suo negozio di materiale edile quando gli dissero che sua figlia aveva ucciso la cugina. Non volle parlarle. Fu portata nella prigione di Rasht, dove secondo i familiari non c’è nemmeno un ventilatore contro il caldo umido, c’è un bagno per 100 persone, visite limitatissime. Delara si è tagliata le vene nel 2007. L’hanno salvata. Un mese fa è stata trasferita in un altro carcere di Rasht. Intanto, ha continuato a dipingere. «Non penso che sarebbe sopravvissuta un solo giorno altrimenti », ha detto una ex compagna di cella. Lily Mazahery, attivista iraniana, le invia l’occorrente dagli Usa. Le opere sono state esibite a Teheran e a Stoccolma. L’avvocato Abdolsamad Khorramshahi ha cercato di difenderla puntando sull’autopsia, che dimostra che a pugnalare Mahin fu un destrorso, mentre Delara è mancina.

Ma i giudici non hanno accettato le prove. «Il sistema giudiziario iraniano non è basato sulle prove. I giudici possono condannare qualcuno sulla sola base della propria cosiddetta intuizione», dice al Corriere Mahmood Amiry- Moghaddam, un medico iraniano che vive a Oslo, portavoce della rete di attivisti Iran Human Rights. Ma in ogni caso, le associazioni per i diritti umani sottolineano che la condanna a morte di una minorenne in sé viola le leggi internazionali. Ci sono 150 bambini iraniani nel braccio della morte. L’anno scorso è stato l’unico Paese a mandare a morte dei minorenni: almeno 8; quest’anno un ragazzo 17enne. La pena capitale può essere revocata se i parenti della vittima accettano del denaro in cambio della vita del condannato: nel caso di Delara si tratta della sua famiglia allargata, ma hanno rifiutato. «Ma i veri responsabili sono le autorità dice Amiry-Moghaddam. L’Iran è il secondo Paese dopo la Cina per numero di esecuzioni: il regime le usa per diffondere la paura. Penso sia importante che l’Italia, che ha legami economici con Teheran, li usi per impedirlo». Per un periodo, a Delara sono stati sequestrati pennelli e colori. Lei ha continuato a disegnare usando le dita delle mani e il carboncino. «Spero che i colori— ha scritto—mi restituiscano alla vita».

Viviana Mazza
17 aprile 2009
http://www.corriere.it
Ultima modifica di franz il 06/05/2009, 8:37, modificato 1 volta in totale.
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Impiccata la ragazza pittrice

Messaggioda franz il 06/05/2009, 8:37

La pittrice condannata a morte per un omicidio commesso quando aveva 17 anni
Il figlio della vittima ha infilato la corda del boia. Da gennaio, eseguite 140 esecuzioni in Iran

L'ultima telefonata di Delara ai genitori
"Mi impiccano fra poco. Aiutatemi"

[img]
http://www.repubblica.it/2009/04/sezion ... _57300.jpg[/img]
Delara Darabi

ROMA - "Mi impiccano fra pochi secondi. Aiutatemi". Erano le sei del mattino quando è squillato il telefono dei genitori di Delara Darabi, in Iran. La voce rotta dal terrore, la ragazza implorava aiuto, consapevole che l'ayatollah aveva deciso di farla impiccare per un omicidio che lei giura non aver commesso. "Mi impiccano fra pochi secondi. Aiutatemi".

Ma nessuno ha voluto ascoltare il grido di protesta delle associazioni umanitarie iraniane e di Amnesty international. I genitori di Delara si erano offerti di pagare anche il cosiddetto "prezzo del sangue", l'indennizzo ai parenti della vittima, pur di ottenere il perdono. Ma la famiglia della donna uccisa non ne ha voluto sapere e la sentenza di morte non è stata modificata.

E' stato un figlio della vittima a girare intorno al collo di Delara la corda del boia. Aveva 22 anni e faceva la pittrice la 140esima condannata a morte in Iran dall'inizio dell'anno. Quando morì uccisa una cugina del padre, Delara aveva appena 17 anni. Ammise di essere stata lei l'assassina ma solo per coprire il suo compagno due anni più anziano di lei.

Dopo il processo di primo grado, ritrattò sperando che i giudici la graziassero per la sua minore età tanto più che Teheran ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti dell'infanzia che vieta la pena di morte ai minorenni. Ma l'esecuzione, seppur rinviata di qualche settimana, ieri l'altro è stata eseguita, senza neppure che l'avvocato di difesa fosse avvisato. Unica concessione all'imputata, una telefonata ai genitori qualche minuto prima di morire: "Mi impiccano fra pochi secondi. Aiutatemi".

(2 maggio 2009)
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Re: Donne al patibolo in Iran

Messaggioda franz il 06/05/2009, 8:39

L'INTERVISTA. Il padre: non mangia da 14 giorni, è molto debole
"Teheran non vuole tutto il rumore che si è creato intorno al caso"

"Salvate mia figlia Roxana
giornalista prigioniera in Iran"

di FRANCESCA CAFERRI

LA sorte di Roxana Saberi, la giornalista iraniano-americana condannata a otto anni di carcere in Iran con l'accusa di spionaggio, sarà decisa fra una settimana. L'annuncio dell'inizio del processo di appello porta nella casa di Teheran che la famiglia Saberi usa come base in queste settimane un alito di speranza.

"E' innocente, speriamo che venga riconosciuto e possa uscire subito", dice al telefono il padre della giornalista, Reza Saberi. Iraniano di nascita, americano di adozione, è tornato nel suo paese di origine per assistere la figlia. Ne è stato lontano a lungo, ma non abbastanza per farsi illusioni. Il signor Saberi sa quanto possa essere dura la giustizia iraniana: l'impiccagione di Delara Darabi nei giorni scorsi e quella di altri due giovani condannati a morte per reati commessi quando erano minorenni - prevista per oggi - hanno gettato su di lui un senso di angoscia. Come la notizia, arrivata ieri, della lapidazione di un uomo riconosciuto colpevole di adulterio.

Signor Saberi, come sta Roxana? Ha potuto vederla in questi giorni?
"L'abbiamo vista ieri. E' molto debole: non mangia da quattordici giorni. Per due giorni ha smesso anche di bere. L'hanno dovuta portare in infermeria e farle un'endovena. Ora ha ricominciato a bere. Le ho chiesto di smetterla con questo sciopero, le ho detto che ci sono persone fuori pronte a proseguire al suo posto: ha promesso che ci penserà. Sono davvero preoccupato per la sua salute".

E il morale?
"Il morale è buono. E' innocente, sa di esserlo e pensa che uscirà da questa storia presto e da innocente".

Ha subito abusi o torture secondo quello che lei ha potuto vedere o sua figlia ha potuto dirle?

"No, nessun abuso fisico. Ma in quell'ambiente si è sottoposti a pressioni psicologiche che non possono lasciare indifferenti".

Quante speranze riponete nell'appello?

"Molte, perché sappiamo che è una giornalista e non una spia. Ma siamo anche realisti. E se non ci sarà una sentenza a nostro favore, siamo pronti a chiedere la grazia. Vogliamo solo che Roxana esca al più presto".

La grazia implica un'ammissione di colpevolezza: cosa ne pensa Roxana?
"Non è d'accordo. Vuole uscire da innocente. Ma noi siamo troppo preoccupati per lei per non pensare alla grazia".

Gli iraniani dicono che ha confessato di essere una spia...

"Non sapeva neanche cosa firmava. Ha firmato un documento solo perché le hanno detto che l'avrebbero rilasciata. Ma poi, quando ha capito, ha ritrattato subito".

Due giorni fa un portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha chiesto di cessare ogni interferenza nel caso di sua figlia: lei cosa ne pensa?

"Gli iraniani non vogliono tutto il rumore che si è creato intorno a questo caso. E' naturale. Ma il mondo non può assistere indifferente. Non abbiamo chiesto noi di iniziare questa campagna, ma oggi è bello sapere di non essere soli. Anche mia figlia non si aspettava tutto questo supporto, ma ne è felice. La fa sentire meno sola".

Non teme però che tanta pressione internazionale possa trasformarla in una pedina nel braccio di ferro fra gli Stati Uniti e l'Iran?
"Non voglio che Roxana diventi merce di scambio in una partita politica internazionale. E' la cosa che vorrei evitare di più. Ma purtroppo temo che sia già avvenuto, che il gioco sia già molto più grande di lei e della sua storia".

Lei è iraniano, conosce il suo paese e sa quanto alle volte possa essere pericoloso: ha tentato di dissuadere Roxana dal passare tanto tempo in Iran e dal lavorarci?
"Ha calcolato i rischi. Sapevamo che era pericoloso, io glielo avevo anche ripetuto. Ma è molto difficile tentare di interferire con le decisioni di mia figlia, mi creda. Di certo posso dirle che mai si sarebbe aspettata una cosa del genere. Né lei né noi. È stata qui per sei anni e solo negli ultimi tre mesi ha avuto problemi: perché?".

Nei giorni scorsi nelle carceri iraniane è stata impiccata Delara Darabi, una ragazza poco più giovane di sua figlia. Che effetto le ha fatto sapere della sua morte?
"Non mi sento di fare un paragone. Sono storie troppo diverse: quella ragazza era accusata di omicidio. Io spero solo che il nostro incubo finisca presto. Spero che troveremo un modo per portare via Roxana. Il suo stato di salute è davvero preoccupante. Vorrei convincerla a resistere lì dentro senza mettere a ulteriore rischio il suo corpo: ma lei pensa solo che dovrebbe essere liberata perché è innocente".

(6 maggio 2009)
www.repubbloca.it
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