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Torniamo a parlare di PD del Nord?

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Torniamo a parlare di PD del Nord?

Messaggioda franz il 08/06/2009, 17:21

Il successo della Lega al Nord e dell'MPA in Sicilia dimostra che vincono
partiti locali che sanno intepretare alcuni bisogni locali che i grandi
partiti non sanno intercettare.

Se il PD fosse una federazione di PD locali autonomi (macro regionali)
ognuno con una strategia locale credo che avrebbe l'opportunità di fare breccia
al Nord ed anche al Sud. Non solo nel centro dove siamo forti anche se si
perde terreno.

Ovviamente poi sarebbe compito del PD federale avere una linea politica
sui temi nazionali ma questo lascerebbe libero il PD nelle varie regioni
di avere un orientamento che riflette le esigenze locali (esattamente
quello che succede in USA, in Germania, in Svizzera).

Andiamo verso una struttura federalista ed avremo anche un federalismo fiscale,
inizialmente primitivo ma destinato a migliorare. Anche i partiti devono diventare
piu' ancorati al territorio, piu' localmente indipendenti. Meno di plastica.

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Re: Torniamo a parlare di PD del Nord?

Messaggioda pianogrande il 08/06/2009, 21:00

Credevo che questa possibilità (a prescindere dalla sua concretizzazione) ci fosse già.
Ogni partito ha le sue strutture territoriali decentrate e, possibilmente, capillari.
Cìè bisogno anche quì di parlare di federalismo?
Dove sta la differenza?
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Torniamo a parlare di PD del Nord?

Messaggioda franz il 09/06/2009, 8:59

pianogrande ha scritto:Dove sta la differenza?

Non è un problema di strutture decentrate. Il federalismo non è il decentramento.
Un PD del nord potrebbe avere su temi locali posizioni politiche differenti da quello del Sud.
Tutto sta a capire cosa significa "tema locale".
In Italia "locale" è ben poco (tombini, fino a qualche decennio fa) ma ora si inizia a estendere il concetto di "locale" a compiti molto importanti.
In un paese federale "locale" va da 1/2 a 2/3 di tutte le competenze "statali".
Per esempio la sanità. Che da noi è già competenza regionale.
Un PD lombardo potrebbe avere sul tema della organizzazione sanitaria posizioni diverse da quello calabrese.
Idem sulla scuola ed il resto, quando il processo di federalizzazione graduale assegnerà queste competenze alla giurisdizione piu' adeguata a gestirle. Noi invece siamo ancorati alla rigida osservanza di un programma nazionale, che di fatto non funziona in tutta italia ma solo in alcune parti. Dove funziona, vinciamo, dove non funziona non ci votano.

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Re: Torniamo a parlare di PD del Nord?

Messaggioda franz il 23/06/2009, 17:52

Penati rilancia il Pd del Nord
in vista del congresso di ottobre


23 giugno 2009

Il presidente uscente della Provincia di Milano, Filippo Penati, sconfitto per poco più di quattromila voti dal candidato Pdl Guido Podestà non si lascia abbattere e, in vista del congresso di partito, sottolinea come dal capoluogo lombardo sia partito un messaggio per il Pd nazionale. Secondo Penati, che ha analizzato il voto in una conferenza stampa, il risultato ottenuto «soprattutto a Milano città», dove il centrosinistra ha preso più voti, «dimostra che il centrodestra al Nord non è imbattibile», a patto di impegnarsi su temi «come la sicurezza, l'immigrazione e le infrastrutture, senza girare la testa dall'altra parte».

«È un messaggio che deve arrivare a Roma», ha detto Penati, contrario a rinviare il congresso del Pd che a suo giudizio deve tenersi in autunno. «Esiste una proposta politica del Pd al Nord», ha sottolineato, portando come esempio la rielezione di Flavio Zanonato a sindaco di Padova.

Intanto la segreteria del partito ha confermato il congresso per ottobre.
Sergio Chiamparino ha proposto il rinvio delle assise ma gli è stato fatto notare che è lo statuto a prevedere lo svolgimento del congresso ad ottobre. Resta confermata la data del 25 per le primarie che eleggeranno il segretario.
Al termine della segretaria è stato lo stesso Franceschini a confermare che « il congresso si farà in autunno come stabilito dallo statuto». Chiamparino ha ripetuto la sua posizione: «ho ribadito le mie perplessità, la politica dovrebbe prevalere sullo statuto».

Sul fronte delle intese non si placa la tensione con l'Idv. E Antonio Di Pietro avverte: «il Pd deve decidere che cosa vuole fare da grande e poi, solo dopo, possiamo parlare di possibili alleanze». In queste elezioni secondo l'ex pm «ha pesato più l'Idv dell'Udc nelle situazioni in cui si è raggiunto un accordo».
Ma Di Pietro va oltre e dice di sperare che il Pd «si doti al più presto di una classe dirigente per costruire un'alleanza». «Non staremo con un Pd che sta con un piede in una scarpa con l'Udc, un piede in un'altra scarpa, e rischia di rimanere senza scarpe».
23 giugno 2009
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Re: Torniamo a parlare di PD del Nord?

Messaggioda Loredana Poncini il 23/06/2009, 18:43

Brutto segno per il Pd che un Chiamparino tenga in così poco conto lo Statuto... Il troppo pragmatismo, caro Chiampa, storpia ! E non è detto che i sindaci siano i non-plus-ultra delle teste d'uovo , in Politica...certo non sono teste per il nuovo ...
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Re: Torniamo a parlare di PD del Nord?

Messaggioda mauri il 23/06/2009, 21:42

si copia la lega?
dunque ha fatto scuola e oggi va di moda lo stile, al sud, manca il centro

credo ci voglia una buona idea, ma diversa oppure ripescare dal passato, tornare in mezzo alle persone
dopo questa tornata elettorale mi sto convincendo sempre di più che siamo governati da caproni ignoranti e presuntuosi, non dico tutti ma il 95 x 100 di sicuro, e il pàpi lo ha capito come lo ha capito il senatur, per governare caproni ci vogliono caproni, i paria che oggi hanno successo sono diventati i nuovi padroni del rimanente 95 x 100 della popolazione, paria, che aspira...
è questo il problema che affligge l'italia
ma come si può rovesciare il destino di questo popolo?
ciao, mauri
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Re: Torniamo a parlare di PD del Nord?

Messaggioda franz il 25/06/2009, 20:13

mauri ha scritto:si copia la lega?
dunque ha fatto scuola e oggi va di moda lo stile, al sud, manca il centro

Il problema non è copiare dal vicino di banco ma capire la soluzione giusta. 2+2 cosa fa?
Il fatto che altri l'abbiano trovata, anche se in modo pasticciato, non significa che per noi debba fare 5.

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Cacciari: Siamo la compagnia degli sconfitti

Messaggioda franz il 26/06/2009, 8:59

Siamo la compagnia degli sconfitti
di Paolo Forcellini
Dirigenti che da anni sbagliano tutto. E che vanno sostituiti. Un partito che non sa più leggere la realtà. Specie quella del Lombardo-Veneto. Il j'accuse del sindaco di Venezia e la sua ricetta per il congresso.

Immagine
Colloquio con Massimo Cacciari

All'ultimo tratto del suo terzo mandato come sindaco di Venezia, Massimo Cacciari è ormai una mosca rossa: dopo le elezioni dei giorni scorsi, al Nord i primi cittadini del centrosinistra in città importanti si contano sulle dita di una mano, lo smottamento è stato assai significativo. C'è la possibilità di risalire la china? In che modo? Cosa ci si può attendere dal prossimo congresso del Pd? Ne abbiamo parlato con il sindaco-filosofo.

Ci si può consolare col fatto che l'"azzeramento del Pd al Nord", che molti auspicavano o paventavano, non ci sia stato?
"Beh, comunque ci siamo andati vicino. C'è una valanga che dilaga ben oltre il Nord, basta vedere i risultati della Lega in Emilia Romagna, quelli di Firenze al primo turno, la sconfitta di Prato. Quanto al 'problema Nord', la considero una categoria fasulla. Un rischio sradicamento, più che smottamento, minaccia soprattutto quel territorio assolutamente specifico, anche rispetto alle altre aree del settentrione, che è il Lombardo-Veneto. Pd e centrosinistra hanno confermato di non essere in grado di offrire alternative politiche in questa zona dove il duo fondamentale dell'attuale Repubblica, Berlusconi-Bossi, esercita un'egemonia indiscussa".

Quali le peculiarità del Lombardo-Veneto rispetto ad altre aree del Nord?
"È insensato parlare di un Nord general-generico. Il Pd ha tenuto in due capitali dell'ex triangolo industriale, Torino e Genova, perché lì c'è una composizione sociale ancora fortemente centrata sulla grande industria spesso a partecipazione statale o comunque strettamente ammanigliata con le politiche statali, vedi la Fiat. Invece nel Lombardo-Veneto, che ha conosciuto la più radicale trasformazione degli ultimi 30-40 anni, cioè l'esplosione del capitalismo personale, della fabbrica diffusa, insomma nella Terza Italia vera e propria, siamo di fronte a fenomeni di sradicamento del centrosinistra".


Insomma, da sindaco del Pd nel Lombardo-Veneto si sente come una foca monaca: chiederà soccorso al Wwf?

"Non credo. In realtà i risultati per le amministrazioni comunali anche nel Veneziano o nel Vicentino non sono del tutto negativi. Abbiamo vinto in città importanti come Valdagno, Schio, Bassano, Portogruaro. C'è stata una nettissima differenza tra voto provinciale, molto più negativo, e comunale: in quest'ultimo caso abbiamo ancora qualcosa da dire. Certo, durerà poco se il Pd non capisce la lezione".

Sembra che i maggiorenti del Pd non si rendano conto della drammaticità della situazione. Si pensi alle dichiarazioni ottimistiche, all'indomani del voto, di un Dario Franceschini ("Comincia il declino della destra") ma anche di alcuni suoi oppositori interni, ad esempio Livia Turco: "Il risultato positivo è frutto di un grande gioco di squadra". Che ne pensa?
"Ci si può anche tirare su il morale, per carità. Ma il Pd sta diventando sempre più un partito appenninico con qualche appendice. Ormai c'è una concentrazione del voto per il Pd nelle regioni tradizionalmente forti, dove però le perdite percentuali sono talvolta spaventose: il margine di vantaggio era però tale da consentire ancora una tenuta. Mi pare che la leadership del Pd non riesca a leggere la realtà. Io non ho più fiato. E credo neppure studiosi come Ilvo Diamanti o Aldo Bonomi, che da decenni analizzano il Nordest, cercando di trarne alcune conseguenze pratiche-politiche. Ancora nei mesi della fondazione del Pd e dopo la sconfitta del 2008 abbiamo cercato di spingere il nascente partito ad articolarsi territorialmente, in modo da poter risultare nel Lombardo-Veneto una credibile forza alternativa al centrodestra. Questi tentativi sono stati respinti e anche l'odierno verdetto delle urne ne è una conseguenza".

A ottobre ci sarà il congresso Pd. Dopo questi risultati è auspicabile un nuovo cambio di leadership?
"Vedremo i programmi. Ma certo uno degli elementi su cui valutare i candidati sarà la dimostrazione di una piena consapevolezza del dramma che si sta vivendo in generale al Nord e in particolare nel Nordest. Bisogna capire se i candidati hanno metabolizzato la lezione e quindi si presentano con un'analisi corretta di queste realtà e con proposte che vi rendano praticabile una presenza del centrosinistra".

Piena autonomia al Pd del Nordest: cos'altro prevede la sua ricetta?
"Al di là di questo fattore, che potrebbe sembrare soltanto organizzativo, formale, ma non lo è affatto, vi sono numerosi temi strategici da approfondire".

Faccia qualche esempio.
"In primo luogo il Pd deve decidere la propria linea in materia di riforme istituzionali e costituzionali. Inoltre deve impostare una dura battaglia sul tema del federalismo fiscale che scavalchi, per coerenza e radicalità, anche le proposte di un Calderoli che sono 'sine die'. Più in generale, sui temi delle riforme elettorali, cassati i quesiti referendari, cosa si vuol fare? E, sul piano dei rapporti sociali, si dovrà vedere quali analisi, e con quali differenze tra loro, i candidati formulano sulla situazione economica e se si intendono avanzare proposte ad esse coerenti. Il che significa definire precise priorità su scuola, formazione, ricerca, innovazione. Se si tratterà ancora una volta di aria fritta, come spessissimo è stato in passato, la frana proseguirà".

Il centrosinistra l'ha spuntata in alcune città solo grazie all'apporto dell'Udc nei ballottaggi. Una strada su cui proseguire?
"Sì, se non altro per senso della realtà. È assai improbabile che l'Udc possa tornare sui suoi passi, anche se probabilmente il grembo del Cavaliere è sempre aperto. Penso proprio che Casini abbia tutt'altre intenzioni, l'Udc senz'altro si sfascerebbe se ci fosse una maggioranza che proponesse il ritorno a Palazzo Grazioli insieme alle 'signorine'. Nel Pd deve però emergere una posizione molto chiara: non si può essere costantemente in bilico tra nostalgie uliviste, di unione larga, e la costruzione di relazioni organiche e politiche con l'Udc. Anche questo sarà un tema che il congresso dovrà affrontare".

Sembra realpolitik. Ma non è altrettanto realistico constatare che il centrosinistra, in passato, ha vinto grazie ai consensi della sinistra detta radicale?
"Vittorie di Pirro. Come quando si vince una battaglia entrando nel territorio nemico e trovandovi terra bruciata. Poi diventa difficile tornare indietro senza perdere tutto. Il centrosinistra ha vinto nel 2006 e poi si è ritrovato in un'agonia lunga molti mesi".

Condivide l'idea che alla direzione del Pd ci voglia un cambio generazionale?
"Non c'è dubbio. Quella che oggi guida il Pd è una generazione sconfitta. Se ne dovrebbero rendere conto tutti con grande disincanto e anche una certa dose di generosità. Gli attuali leader avevano in mano il pallino vent'anni fa: hanno perso la loro partita e ora dovrebbero cercare immediatamente di promuovere i 30-40 enni. Gli 'anziani' sono stati protagonisti di una serie clamorosa di cazzate tattiche inserite in una marcata indigenza strategico-politica. Cito solo alcuni degli errori più madornali, dal modo in cui Achille Ochetto ha gestito la trasformazione del Pci invece di fondare un nuovo partito, facendosi condizionare esclusivamente da chi se ne sarebbe comunque uscito, dai Cossutta e dagli Ingrao, per arrivare alla gioiosa macchina da guerra. E poi sbagli strategici come quello di non capire che chi si era salvato da Tangentopoli aveva in realtà perso la guerra e avrebbe dovuto aprirsi immediatamente a un rapporto per salvare il salvabile del ceto politico della prima Repubblica. Ancora: si doveva mettere un cuneo possente fra Berlusconi e Bossi dopo il fallimento della loro la prima esperienza di governo; si doveva praticare con coraggio una politica federalista invece di credere al Berlusconi della Bicamerale e aspettare quindi che il Cavaliere e Bossi facessero pace. Potrei continuare a lungo. Non si può pensare che si possa sbagliere praticamente tutto per vent'anni senza pagarne lo scotto. Insomma questa generazione, me compreso, ha finito. Se hanno un mestiere tornino a farlo, altrimenti vadano in pensione".
(25 giugno 2009)
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E c'è anche il Pd del Sud....?

Messaggioda ranvit il 26/06/2009, 11:51

E c'è anche il Pd del Sud....?

Ho letto stammattina sulle pagine di Repubblica-Campania che Bassolino (che ha già messo in campo la sua fondazione Sudd...) e De MIta si sono incontrati per prepararsi per le regionali del prossimo anno....mamma mia!
Inoltre Bassolino sta trattando con Loiero (Calabria) e Lombardo (Sicilia) per concertare un'azione comune a difesa del Meridione pesantemente penalizzato dalla politica del governo.


Personalmente sono dell'idea che una buona dose di autonomia nel partito al nord come al sud sia positiva.
Ma mi augurerei che Bassolino la smettesse di fare danni.

VIttorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: E c'è anche il Pd del Sud....?

Messaggioda franz il 26/06/2009, 20:28

ranvit ha scritto:E c'è anche il Pd del Sud....?

Ovvio. Ci dovrebbe essere. Ci deve essere.
E chi viene eletto leader (e su quale programma) non lo so e non ci metto lingua ma so che sarà responsabilità del Sud.
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