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Il caso Campania.

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

Re: Il caso Campania.

Messaggioda pierodm il 07/12/2008, 12:47

Manuela
Sulla nostalgia e la gioventù parleremo, forse, in un altro momento, cara Manuela.

Il fallimento del "partito leggero" non è il fallimento di un fatto, ma di un'ipotesi, o meglio di un quadro mentale nel quale crescono e nascono ipotesi imprecise o impraticabili, o meglio ancora nascono fughe in tutte le direzioni pur di non affrontare la vera e unica sostanza del problema - che nel caso della creazione o rifondazione di un partito riguardano prima i contenuti e poi l'eventuale forma, tanto per essere schematici e un po' rudimentali.

Tu dici : " ... sono d'accordo con chi teorizza che la corruzione è connaturata al potere. Allora occorre un'azione correttiva rispetto al sistema di acquisizione, di mantenimento, di sanzionamento del potere stesso. Occorre immaginare un sistema che restituisca ai cittadini ... la funzione di delega e ritiro del potere, in modo che chi lo detiene debba rispondere dell'uso che ne fa. "

Io non sono invece del tutto d'accordo con la prima frase citata.
Il potere è già in sé una corruzione della "persona" come ente etico, in quanto la esalta come ente funzionale, su questo siamo d'accordo.
Ma ciò non significa che chi ha potere incentiva i corrotti e i malfattori: questa è solo una delle varie eventualità.
C'è poi un'altra considerazione da fare: l'equilibrio tra corruzione e utilità, o meglio tra la natura corrotta del potere in quanto tale, e il fine che giustifica il potere stesso, ma qui credo che invaderemmo il campo della filosofia pura.

Quanto al resto, il sistema di cui tu parli esisterebbe già, e sarebbe la democrazia con tutte le sue istituzioni.
Solo che è dimostrato che chi detiene il potere non risponde per niente o assai limitatamente dell'uso che ne ha fatto.
Nel caso di Bush, per esempio, "rispondere" significherebbe vestrsi con abiti da lavoro e andare a spalare le macerie in Irak, o a prestare quattro anni di servizio in un ospedale da campo, dopo aver devoluto tutte le proprie risorse in dollari alle famiglie dei caduti americani e irakeni, etc: forse esagero (?), ma francamente non bastano le scuse, dopo aver provocato il finimondo, mentendo sapendo di mentire.
Quindi la tua ipotesi dovrebbe tradursi in una riforma della democrazia e delle sue istituzioni, in senso sostanziale e non come manutenzione del sistema esistente: ciò richiederebbe un cambiamento del "fine" di queste riforme, senza darle per scontatre secondo parametri ormai superati dall'evidenza della realtà.
La nostra "sinistra", invece, ha mostrato in questi anni di non porsi affatto il problema in questi termini, accontentandosi di borbottare concetti rimasticati e banali, riciclati da un liberalismo antiquato e mal riciclato.
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda Manuela il 07/12/2008, 18:43

Confesso che al discussione mi intriga. Dividerei la risposta in due parti.
La prima, sul partito leggero. Credo che dovremmo metterci d'accordo sul concetto di "partito leggero", poiché, ribadisco, a me il PD sembra tutt'altro che leggero. Al contrario, è una stratificazione di livelli (circoli, comitati comunali, provinciali, regionali, nazionali... non ci manca giusto che un coordinamento del nord!) che lo ingessano in una struttura chiusa e non scalabile.

La seconda, riguardo al potere. Non intendo certo che "chi ha potere incentivi i corrotti e i malfattori", ma che la detenzione del potere comporta di per sé la creazione di una rete di relazioni che, se è inizialmente mezzo per conseguire i propri scopi, finisce per autoconservarsi, diventando in se stessa un fine.
Non basta la democrazia - concetto generale che si realizza in molti modi diversi - per difendercene. E' necessario tradurre la "democrazia" in un sistema politico che sia consapevole di questi rischi e che sia in grado di autocorregersi. Tu citi Bush; ma, a mio vedere, confondi una sanzione morale con la difesa che il sistema politico americano ha elevato per difendersi dall'eccessiva concentrazione di potere: il limite dei due mandati. Significa che Bush, per quanti danni abbia prodotto, non potrebbe comunque continuare a farne, perché non avrebbe potuto essere rieletto. Così come le primarie in USA sono state introdotte per difendersi da partiti che erano diventati puri comitati d'affari*

Sono del parere quindi, che sia davvero necessaria una riforma radicale del sistema poitico (anche se so che oggi non è proprio all'orizzonte), in cui i partiti abbiano finalità molto diverse da quelle odierne, basato su collegi uninominali, candidati scelti con elezioni primarie, limite al numero di mandati. Questo significa restituire ai cittadini la possibilità di sanzione ai politici col voto (o col non-voto), cosa da cui dovrebbe consiguire un costume virtuoso per cui chi perde non viene promosso (come accade oggi), ma lascia il campo ad altri. Certo, questo non significa che non ci sarebbero più episodi di corruzione, e che tutti i politici sarebbero onesti: significherebbe però che il sistema sarebbe in grado di individuare ed isolare gli episodi di corruzione e di sanzionarli, così come avviene in molti stati occidentali.
Purtroppo mi trovi perfettamene d'accordo con la tua conclusione. [quote="pierodmLa nostra "sinistra", invece, ha mostrato in questi anni di non porsi affatto il problema in questi termini, accontentandosi di borbottare concetti rimasticati e banali, riciclati da un liberalismo antiquato e mal riciclato.[/quote]

* Lasciami citare a questo proposito un film ormai troppo vecchio per essere stato visto dai più: "Mr Smith va a Washingotn", con un splendido James Stewart, film che mi ha molto colpito per le assonanze (non similitudini) con la nostra condizione. E, immodestamente, mi cito: http://vgbmultisala.wordpress.com/categ ... ashington/
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda franz il 07/12/2008, 19:16

Manuela ha scritto:La seconda, riguardo al potere. Non intendo certo che "chi ha potere incentivi i corrotti e i malfattori", ma che la detenzione del potere comporta di per sé la creazione di una rete di relazioni che, se è inizialmente mezzo per conseguire i propri scopi, finisce per autoconservarsi, diventando in se stessa un fine.
Non basta la democrazia - concetto generale che si realizza in molti modi diversi - per difendercene. E' necessario tradurre la "democrazia" in un sistema politico che sia consapevole di questi rischi e che sia in grado di autocorregersi.

Vero manuela, dici bene, ma dici e non vedi, come solo chi non vuol vedere sa fare.
Il sistema per ottenere cio' che dici - lo dico a te, a piero ed a qualli che non lo hanno ancora realizzato - è proprio quello di confinare, limitare il potere a livello locale, dove è controllabile.
Tanto potere, vasto potere, significano grandi tentazioni, grandi possibilità di abuso. Non che l'abuso non manchi anche a livello locale, ma un piccolo sceriffo prepotente lo puoi contrastare, il grande potere scorazza indisturbato.

Non basta la democrazia, occorre anche spezzettare il limite del potere, nel tempo e lnello spazio, limitare le giurisdizioni, come il federalismo sa fare, senza perdere pero' tutti gli aspetti comuni che l'ambito federale sa ottenere.
Non è un caso che il clentelismo sia tipico di grandi nazioni centralizzate, come la nostra, e sia inesistente nelle nazioni federali, in cui nemmeno un potente senatore della california riesce ad ottenere favori dal governo federale. E nemmeno ci tenta.
Partito leggero quindi secondo me vuol dire partito federale, dove diversi livelli controllano gli altri, secondo il mirabile esempio (se permetti anche e me qualche citazione) dato dai padri fondatori americani. Esempio che vale per il governo come per un partito:

Dividere la grande repubblica

di Thomas Jefferson, lettera del 2 febbraio 1816 a J.C. Cabell


"Il mezzo per avere un governo buono e fidato non sta nell'affidare ad un unico organo tutto il potere ma nel dividerlo tra molti, distribuendo a ciascuno esattamente le funzioni che e' in grado di assolvere. Che al governo nazionale siano affidate la difesa della nazione e le relazioni estere e federali; ai governi degli Stati le leggi, i diritti politici e civili, la polizia e l'amministrazione di quanto concerne lo Stato nel suo complesso; alle contee le materie di interesse locale al livello della contea ed a ciascuna comunita' minore gli affari che la interessano direttamente. E' dividendo e suddividendo la grande repubblica nazionale in queste repubbliche minori da un estremo all'altro della gerarchia, finche' si giunga all'amministrazione da parte di ciascun individuo della propria fattoria ; attribuendo ad ognuno la direzione di cio' che il suo occhio riesce a sorvegliare direttamente, che tutto verra' realizzato per il meglio. Che cosa e' stato a distruggere la liberta' ed i diritti dell'uomo in ogni forma di governo esistita sotto il sole? L'estendere ed i concentrare tutti i poteri e tutte le attribuzioni in un solo corpo, non importa che si tratti degli autocrati di Russia o di Francia o dei patrizi del senato veneziano. Ed io sono convinto che se l'Onnipotente non ha decretato che l'uomo non debba mai essere libero (e sarebbe bestemmia il crederlo), si scoprira' che il segreto consiste nel farsi egli stesso depositario dei poteri che si riferiscono a lui, nella misura in cui e' capace di esercitarli, e nel delegare soltanto quelli che sono al di la' delle sue capacita', mediante un processo sintetico, a gradi sempre piu' elevati di funzionari, in modo da conferire sempre meno poteri mano a mano che i delegati rappresentano sempre piu' una oligarchia. Le repubbliche elementari rappresentate dalle comunita' dalle contee, dagli Stati e dall'Unione federale formerebbero una gradazione di autorita' ciascuna fondata sulla legge, investita ciascuna della sua sfera di poteri delegati, e costituenti per davvero un sistema di freni e contrappesi per il governo. [....] Come Catone, ai suoi tempi concludeva ogni suo discorso con le parole <<Carthago delenda est>>, cosi' io concludo sempre con l'esortazione <<dividete le contee in comunita'>>. Cominciate con l'istituirle per una sola funzione; dimostreranno ben presto per quali altre esse sono lo strumento migliore. Dio vi benedica, e benedica tutti come i nostri governanti, e dia loro la saggezza, cosi' come sono certo che avranno la volonta', di fortificarci, contro la degenerazione di un unico governo e la concentrazione di tutti i poteri nelle mani dell'uno, dei pochi, della gente per bene o dei molti."


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Re: Il caso Campania.

Messaggioda ranvit il 07/12/2008, 19:44

IlMattino.it :

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Sondaggio su giunta e sindaco Iervolino
Gradimento in picchiata, crollo della fiducia
I dati della Swg: per l'84 per cento dei cittadini amministrazione inefficace
Comune bocciato su sicurezza, vivibilità, ambiente e periferie.


Senza equivoci i risultati di un sondaggio (vedi le schede) effettuato da Swg su un campione di 800 residenti a Napoli, interpellato sull’operato dell’amministrazione comunale: i napoletani bocciano senza appello la giunta Iervolino - l’84 per cento si dichiara poco o per nulla soddisfatto - e la ritengono responsabile del peggioramento della qualità della vita.

Il parere degli intervistati (sottoposti al questionario prima delle vicende giudiziarie degli ultimi giorni) è nettissimo: il 61% si dice convinto che a Napoli si vivesse di gran lunga meglio quattro anni fa tanto che in termini di voti, su una scala da uno a dieci, la media è di 4,4 (sia per gli elettori di centrosinistra che di centrodestra nonché per i moderati), con il 70% del campione che si è espresso al di sotto della sufficienza.

Secondo l’indagine, la giunta ha fallito negli obiettivi considerati più importanti e comunque la quota di coloro che si dicono soddisfatti non supera mai il 25%.

I «comparti» più criticati: criminalità e il degrado urbano (3,7 in pagella), la vivibilità e lo smaltimento dei rifiuti (4)

N.B. - Nota informativa ai sensi dell’art. 2 della delibera n. 153/02/Csp dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni
Soggetto realizzatore:
Swg srl
Committente: Il Mattino
Data di esecuzione: dal 14/11/2008 al 17/11/2008
Tipo di rilevazione: l’indagine quantitativa è stata condotta mediante una rilevazione con tecnica mista: interviste telefoniche Cati (computer assisted telephone interview) e interviste on-line Cawi (computer assisted web interview) su un campione di 800 maggiorenni residenti nel comune di Napoli, rappresentativi dell’universo di riferimento in base ai parametri di sesso ed età. Il documento completo sarà disponibile sul sito www.agcom.it
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda ranvit il 07/12/2008, 19:47

Sempre da ilmattino.it :

L'inchiesta sul Comune,
in arrivo arresti e misure interdittive

NAPOLI (5 dicembre) - Sul tavolo del giudice delle indagini preliminari che sta esaminando le richieste della Procura formulate nell'ambito delle indagini sugli appalti del Comune di Napoli, vi sarebbero anche misure interdittive nei confronti di amministratori locali.

Le accuse. I pm che si stanno occupando dell'indagine - il procuratore aggiunto Roberti e i sostituti della Dda Falcone, D'Onofrio e Filippelli - sulla vicenda del mega appalto Global service hanno ipotizzato i reati di abuso di ufficio e turbativa d'asta riguardanti le presunte irregolarità per favorire l'assegnazione della manutenzione e dell'arredo urbano alla Romeo immobiliare, mentre non sarebbero emersi dazioni di danaro o comunque casi di corruzione. Circostanze che fanno ritenere probabile l'adozione di misure «attenuate».

Le intercettazioni. A determinare quello che da più parti viene annunciato come un «terremoto» destinato a far crollare l'amministrazione napoletana sarebbero soprattutto le numerose intercettazioni telefoniche raccolte dagli inquirenti. Dalle conversazioni emergerebbero commistioni tra politica e affari nonchè comportamenti da parte di esponenti dell'amministrazione comunale, della burocrazia e dell'imprenditoria simili per molti versi a quelli che caratterizzarono la Tangentopoli di quindici anni fa.

La fuga di notizie. I magistrati proseguono intanto le indagini per individuare i responsabili della fuga di notizie e della diffusione del contenuto di alcune intercettazioni negli ambienti politici. Il timore di essere coinvolto nell'inchiesta sul Global Service, alimentato magari da qualcuno che intendeva accentuarne lo stato di prostrazione, potrebbe essere stato all'origine del suicidio dell'ax assessore Giorgio Nugnes.

Nessuna collaborazione. «In questi giorni non si è presentato nessuno spontaneamente a riferirci quello che sa», ha spiegato una fonte della procura. Una situazione diversa da quella di Tangentopoli quando ai primi accenni della bufera giudiziaria furono diversi a Napoli i politici che decisero di collaborare con gli inquirenti.

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Ma la Iervolino non si è accorta di niente....che cavolo ci sta a fare là?

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Intervento di Bobo Craxi

Messaggioda ranvit il 07/12/2008, 19:51

Dal quotidiano Il Mattino di oggi :
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07/12/2008

Democratici e questione morale.
Sulla polemica interviene anche l’esponente socialista Bobo Craxi, che insiste: «Dovrebbero chiedere scusa a mio padre». In una nota il figlio dell’ex premier socialista Bettino Craxi afferma: «La questione morale che sta emergendo nel Pd, sul piano politico, è assai più grave di quella che colpì a suo tempo il Psi: è grave, perché scoppia a più di 15 anni di distanza da una Tangentopoli che ampi settori della sinistra ”giustizialista” cavalcarono senza assumere anticorpi e comportamenti affinché il fenomeno non si ripetesse». Ancora, prosegue Bobo Craxi: «È grave, perché gli elementi della lotta politica nazionale ed internazionale nella seconda Repubblica sono totalmente diversi, privi delle implicazioni che condussero i partiti dell’epoca ad una strenua lotta per l’approvvigionamento economico». Quindi, la conclusione: «Per il bene della democrazia italiana e della sinistra, io non mi auguro che accada ad altri ciò che è capitato a noi. Tuttavia, in un momento come questo, credo che Bettino Craxi e i socialisti meriterebbero, da sinistra, delle sincere scuse». È una polemica che ritorna, visto che l’altro ieri ne aveva parlato in una visione più ampia anche il ministro per i Beni culturali Sandro Bondi, in occasione di una manifestazione promossa a Siena dalla fondazione che porta il nome dell’ex leader del partito socialista. Diceva Bondi: «Oggi le idee di Bettino Craxi sono vincenti e la sinistra italiana dovrebbe riflettere molto su quello che è accaduto negli anni precedenti». E concludeva: «La sinistra dovrebbe soprattutto riflettere su quello che è stato fatto a Craxi, sia come persona sia come uomo politico. È importante riflettere sull’eredità di Craxi, che si trova nei suoi archivi a disposizione di storici e studiosi, e sul perché le sue idee sono vincenti nella storia politica italiana, pur essendo state demonizzate e combattute da parte della sinistra che oggi si trova una crisi drammatica».
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda lucameni il 07/12/2008, 20:12

le idee di Craxi su come imboscare percentuali delle tangenti nei conti svizzeri erano veramente ottime.
Vincenti potremmo dire.
Bondi in fondo ha ragione.
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda franz il 07/12/2008, 21:38

lucameni ha scritto:le idee di Craxi su come imboscare percentuali delle tangenti nei conti svizzeri erano veramente ottime.
Vincenti potremmo dire.
Bondi in fondo ha ragione.

Già, ed anche il riferimento all'eredità di Craxi non è male. Non tanto quella negli archivi, ma il tesoro vero e proprio, che quando si capi' che nemmeno le banche svizzere erano poi cosi' sicure, fu spostato altrove.
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Re: Il caso Campania.

Messaggioda ranvit il 08/12/2008, 11:47

Non so che prove avete per dire che realmente Craxi accumulo' un tesoro per uso personale.

Quello che invece si sa per certo è che i dirigenti del Pci si sono oggi spostati su posizioni politiche che Craxi rivendicava.....anzi sono andati anche oltre.

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Re: Il caso Campania.

Messaggioda ranvit il 08/12/2008, 11:52

Naturalmente il caso Craxi è un OT. Ma si lega bene.

Dal Corriere.it :

Lo storico «girotondino»
«Questo partito può finire come il Psi»
Ginsborg: nelle amministrazioni pd clientelismo e nepotismo, Cioni un uomo di destra
DAL NOSTRO INVIATO

FIRENZE — Paul Ginsborg è appena tornato nella sua casa d'Oltrarno, dopo quattro mesi a Berkeley. Ha davanti il titolo dell'Espresso — Compagni Spa — che ha fatto infuriare il sindaco di Firenze, e i quotidiani con la foto di Domenici in catene. Cultore di storia repubblicana, «ideologo» della fase nascente dei girotondi e protagonista dell'episodio-simbolo, la disputa con D'Alema al Palasport davanti a migliaia di fiorentini: «Vinsi io, 3 gol a 1. Anche se D'Alema forse non la pensa così». Professor Ginsborg, Cordova dice al «Corriere» che gli scandali di oggi chiudono, sul versante sinistro, il cerchio di Tangentopoli. È così? «Non c'è dubbio che la cronaca di questi giorni vada inquadrata in un contesto storico che comincia nell'89. Allora i postcomunisti non riuscirono ad elaborare un progetto forte che spezzasse l'intreccio tra l'azione politica e il clientelismo. Uno storico male italiano: il rapporto verticale tra patrono e cliente. Gli antichi romani l'avevano codificato. Andreotti lo teorizzò nel '57, quando disse che la domenica mattina, anziché riposare, lui e gli altri democristiani si prendevano cura delle famiglie disagiate».


D'Alema e Veltroni
La sinistra aveva un atteggiamento diverso? «Non ho mai mitizzato il Pci. E non amo parlare di questione morale. Ma a sinistra questo male veniva studiato: penso al lavoro di Mario Caciagli su Catania, di Percy Allum su Napoli, di Amalia Signorelli sul Salernitano; Chi può e chi aspetta era il felice titolo del suo libro. E a sinistra c'era l'orgoglio della diversità, della fibra morale, della connessione tra etica e politica». C'era. E adesso? «Oggi il rapporto tra patrono e cliente non viene più studiato. In compenso, è fiorito. Il patrono non è più il proprietario terriero che dispone delle cose proprie; è il politico che dispone delle cose pubbliche. Anche molti politici di sinistra». Berlusconi dice che la questione morale riguarda il Pd. «Berlusconi è un grande patrono. Lo dimostra anche con il linguaggio del corpo: ha sempre le mani sulle spalle di qualcuno. Ma il clientelismo e il nepotismo si ritrovano anche nelle amministrazioni del Pd. E non vedo tensione su questo tema al suo interno. Neppure il Pd affronta il grave problema della forma e del ruolo dei partiti. Molti meno iscritti, molto meno consenso. Il partito di massa cede il posto allo staff del leader. Il primo è stato Tony Blair».

Si disse qualcosa di simile del governo D'Alema nel 2000, con Velardi e Latorre. «L'impressione era quella. D'Alema aveva quell'atteggiamento. Ma non solo D'Alema. Se il centrosinistra non cambia direzione, può fare la fine dei socialisti craxiani negli anni '90». Addirittura? «Se il Pd non si apre alla democrazia partecipata, se non si rivolge ai cittadini e si limita a fare da mediatore, a tenere i contatti con i poteri forti economici, diventa indistinguibile dagli altri partiti. Il clientelismo di Cioni nei suoi meccanismi non è diverso da quello della destra». Che succede a Firenze? «Le racconto un episodio. Quando Domenici fu eletto, fondammo un comitato per lo sviluppo sostenibile dell'Oltrarno. Andammo dal sindaco, portammo proposte per migliorare il traffico e la vita. Lui sembrò disponibile. Distinse tra le cose da fare subito, quelle di medio e quelle di lungo termine. Decise la chiusura temporanea di due strade, un'ora al giorno, per fare andare i bambini a scuola. Buon inizio. Ma tutto finì lì. Fu commissionato a Carlo Trigilia un piano strategico per la città; ma nel 2005 l'intero comitato scientifico si dimise, e oggi l'inquinamento a Firenze è sopra il livello di guardia. Se non hai una visione complessiva della città, finisci per occuparti solo di edilizia, project-financing, poteri forti. Domenici si è comportato come gli altri politici di sinistra con cui abbiamo discusso, da D'Alema a Chiti: ascoltano; spesso ci danno ragione; e poi fanno come se nulla fosse stato. Un muro di gomma».

Domenici si è incatenato sotto «Repubblica». «Mi dispiace, ma non lo vedo come vittima. Preferisco prenderla con leggerezza. Non a caso si è incatenato a Roma; se l'avesse fatto a Firenze avrebbe violato il regolamento del suo assessore Cioni. Vietato disturbare la pubblica quiete, vietato esporre targhe e bacheche senza autorizzazione... C'è però una cosa che mi ha colpito molto del caso Domenici. Il cartello che inalberava». «Sì alla difesa della dignità e dell'onorabilità». «Ecco, la parola chiave è onore. Sento un'eco della vecchia Italia, della profonda cultura mediterranea. L'Italia ha grandi meriti che il mondo anglosassone non ha; ma nei Paesi anglosassoni non ci si appella all'onore maschile. Ci si difende laicamente in tribunale. La stessa eco la sento nel tragico suicidio di Nugnes: un'altra storia che ci riporta agli anni di Tangentopoli. Perché reagire così? Perché non dimostrare la propria innocenza, oppure patteggiare la pena? Siamo tutti esseri umani, non dei, e possiamo tutti sbagliare». Lo scontro tra procure? «Brutto. I giudici non dovrebbero comportarsi così. Molte cose nella magistratura come casta vanno criticate. Ma la sua autonomia è preziosa e va salvaguardata. E gestita in modo responsabile». Bassolino deve andarsene? «Qualsiasi politico indagato, compreso Berlusconi, dovrebbe andarsene. Figurarsi quelli rinviati a giudizio».

Dove sono però i girotondi? E che fine hanno fatto i «ceti medi riflessivi» da lei teorizzati? «I ceti medi riflessivi non sono il Pensatore di Rodin. Si muovono. Ma faticano quando vengono sistematicamente irrisi, come fanno anche molti giornali. In tanti sono caduti nel cinismo, e non si impegnano più. Sarà difficile rianimarli, ma non impossibile». Può riuscirci Di Pietro? «Ho sempre pensato che Di Pietro doveva restare in magistratura. Ora ho cambiato idea. Non appartengo al gruppo di Travaglio, Flores, Di Pietro, ma condivido le loro battaglie. Voi giornalisti lo considerate noiosissimo, ma all'estero il conflitto di interesse resta il primo argomento quando si parla d'Italia». Quindi Veltroni non deve rompere l'alleanza? «Veltroni ha già commesso un grave errore a rompere con la sinistra radicale. Ha ottenuto un vantaggio immediato. Ma poi la sua apertura a Berlusconi non ha portato a nulla. Ora è in arrivo una crisi economica globale di grande drammaticità. O il Pd trova una progettualità forte e ricostruisce un'alleanza alternativa; o entra in un governo d'emergenza nazionale, e allora diventa indistinguibile dalla destra».

Aldo Cazzullo
08 dicembre 2008

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Non mi è simpatico Ginsborg, ma forse questa volta c'azzecca.

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