Ebbene quelle del ragioner Ichino corrispondono a questa esigenza? A me pare di si e mi piacerebbe leggere i perchè chi non è d'accordo con le soluzioni.
Mi sembra che da leggere a questo riguardo ce ne sia, nel forum: non solo non abbiamo lesinato le nostre opinioni, ma abbiamo abbondato anche in citazioni di articoli di varia provenienza.
Forse siamo stati perfino esagerati, specialmente a fronte di chi si è limitato a far un breve applauso agiografico.
Credo quindi che in questi ultimi giorni ci siano nel forum abbastanza post sull'argomento da soddisfare la legittima curiosità di Lodes.
Ma due parole di chiarimento in più non ci mandano in rovina ...
Il fatto che, invece, il “sì” e il “no” di Mirafiori assumano una valenza politica- dice Ichino in apertura.
Quest'affermazione è dello stesso Ichino. Ma senza alcun seguito coerente.
O meglio, con un seguito di discorso tale da giustificare il giudizio di "riduzionismo" tecnicistico che ho sentito di attribuirgli.
Il documento a sua firma ripropone il solito "imbuto" per cui da una premessa che spazia sull'orizzonte più vasto si scende per i rami a focalizzare l'attenzione su uno o due aspetti specifici, con l'ovvia avvertenza che quelli sono gli aspetti "fondamentali" sui quali tutto si regge. Nel nostro caso, tutto il problema numero 1 è l'investimento di capitali stranieri, e il numero 2 è l'attrattiva che a questo fine eserciterebbe un mercato del lavoro rinnovato secondo i dettami della vicenda Fiat.
Quello che posso aggiungere alle obiezioni fatte in altri post o da altre fonti è che sono in disaccordo sul valore e sul significato che consegue dall'affermazione che tutta la vicenda ha una "valenza politica": in Ichino quest'affermazione serve a valorizzare il seguito del suo discorso e a farlo assurgere al rango di "soluzione del problema italiano".
Io invece vedo quell'affermazione proiettata in un quadro più generale.
Non contesto, per esempio, che un mercato del lavoro revisionato by Marchionne attrarrebbe capitali. Ancora di più ne attrarrebbe una revisione più profonda, disegnata sulla falsariga del diritto del lavoro rumeno o polacco o thailandese - lo dico senza ironia.
Ma sul piano politico le cose stanno in modo assai diverso, che dipende poco da questa o quella clausola contrattuale in se stessa.
Detto in poche parole: è in atto su scala globale non solo e non tanto un "aggiustamento" del sistema capitalista sul piano tecnico-finanziario, ma una trasformazione della società in direzione di una riduzione dei diritti e una complessiva deriva verso destra - non c'è bisogno di specificare cosa questo significhi in dettaglio - non solo verso il mondo del lavoro dipendente, ma verso i cittadini in quanto tali.
Questo è, a mio parere, l'orizzonte realmente politico, il vero problema che si trova (troverebbe) da affrontare la sinistra.
Ichino ha sentore di tutto questo, e cerca di fare un virtuale terreno bruciato intorno alla sua tesi per non subordinarne l'importanza al piano politico di cui ha coscienza.
Ma secondo me non ci riesce.
La difficoltà del momento (per la sinistra, e non solo) sta nel fatto che - fermo restando che la tesi di Ichino non risolve il problema politico - tuttavia il problema economico e quelo politico non si escludono l'uno con l'altro, e sono destinati a coesistere in una complicata contraddizione, almeno a breve termine.