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WikiLeaks, il capitolo Bossi

Il futuro del PD si sviluppa se non nega le sue radici.

WikiLeaks, il capitolo Bossi

Messaggioda ranvit il 05/03/2011, 9:55

http://www.repubblica.it/politica/2011/ ... -13208631/

IL CASO
WikiLeaks, il capitolo Bossi
"Ruba voti agli ex Pci, è xenofobo"
"Berlusconi concede alla Lega in cambio della sua agenda legislativa personale". E il Pd ammette con gli americani la sua debolezza
di ALBERTO D'ARGENIO

ROMA - La Lega deborda, gli stessi uomini del Partito democratico riconoscono che il Carroccio "è il re" incontrastato della comunicazione ed è irraggiungibile sul territorio. Di più, al Nord sono le camicie verdi ad avere raccolto l'eredità organizzativa ed elettorale del Pci, costruendo il mito del buon governo con l'attivismo della sua propaganda e l'accessibilità dei suoi dirigenti, sempre pronti ad incontrare gli elettori. Una situazione che preoccupa non poco la diplomazia statunitense che in vista delle regionali dello scorso anno ha studiato da vicino il partito di Bossi. Non solo per la sua ostilità alle missioni militare care a Washington, ma anche perché il crescente peso dei padani sulla coalizione di governo potrebbe comportare l'affermarsi di una politica sempre più anti-immigrati e xenofoba. È il quadro che emerge dalla lettura dei cablogrammi riservati ottenuti da WikiLeaks che L'Espresso continua a pubblicare in esclusiva italiana con le anticipazioni di Repubblica. Documenti dai quale emerge lo sconcerto degli americani di fronte ai due grandi azionisti della maggioranza: Berlusconi alle prese con la sua "agenda legislativa personale" (modo elegante per definire le leggi ad personam) e Bossi, impegnato a promuovere la finta "ideologia della sicurezza" leghista. Con i pesi che si spostano sempre più verso l'alleato padano.

IL PD: LA LEGA CI RUBA LE RIFORME
È il 17 febbraio 2010, manca poco più di un mese alle amministrative e il console generale di Milano, Carol Z. Perez, per studiare da vicino il fenomeno leghista va in Veneto. Data per scontata la futura vittoria del padano Luca Zaia, chiede ai massimi dirigenti del Pd locale di spiegarle il segreto del successo leghista. Una domanda da un milione di dollari che sta a cuore all'alleato a stelle e strisce, visto che i risultati delle regionali - scriverà la Perez nel file poi inviato a Washington - "possono cambiare il bilanciamento dei poteri tra Lega e Pdl" a livello nazionale. Ovvero al governo. Così parla con i protagonisti di quella che ritiene una "opposizione debole e disorganizzata". Un dirigente dei democratici veneti ammette che il suo partito "non è capace di articolare una piattaforma e soffre la mancanza di organizzazione". La Perez constata che il problema non è la qualità degli amministratori del Pd, sensazione che le viene confermata da un dirigente del partito di Verona. "Non siamo stati in grado di comunicare i successi dei nostri sindaci e di trasformarli in voti. Il partito ha anche fallito nello spiegare se stesso ai cittadini". Tanto che, confida, la Lega si è potuta impossessare anche del cavallo di battaglia democratico, ovvero le riforme. Pure guardando al futuro i democratici sono pessimisti, consapevoli che la Lega si sta impossessando dei "giovani elettori". Conclude la console: "Il Pd ha fallito nel mantenere la struttura del Pci o della Dc e dopo una serie di fallimenti a livello nazionale e regionale non riesce nemmeno a mettere nuove radici".
padani leader della comunicazione

Insomma, la Lega ha in mano il Veneto e il resto del Nord "grazie alla presenza sul territorio e di una retorica a volte rozza". E alla strategia di Bossi, che è riuscito ad affiancare la battaglia per il federalismo a "sicurezza e protezione dalle minacce esterne, associando l'aumento dell'immigrazione con il crimine, la disoccupazione e un generale degrado dell'identità culturale". Tutti temi che, a quanto risulta da un cablogramma già pubblicato, per gli americani sono solo propaganda slegata dalla realtà dei fatti. Ma tant'è, grazie a questa retorica bollata come "xenofoba" il Carroccio riesce ad allargare la sua storica base elettorale, i piccoli imprenditori, a quella della sinistra: "I lavoratori". Una logica che "l'opposizione rifiuta", anche contestando l'efficacia delle misure estreme proposte dalla Lega. Anche se gli stessi democratici confessano che "sulla sicurezza i leghisti sono i re" della comunicazione. Sconsolato un uomo del Pd di Treviso racconta che nonostante il vero tema sia l'insicurezza economica, la Lega ha imposto (e fatto fruttare) il tema della sicurezza fisica, "che è più facile da spiegare agli elettori".

Eredi del PD. Insomma, per gli americani "la Lega in Veneto "pesca pesantemente dalla vecchia tradizione comunista" ed è "l'unico partito di massa". Il segreto è il territorio. Ma alla Perez non sfugge che "la reputazione leghista di amministrare bene" comuni e province, in realtà nasce da altro, ovvero dalla "accessibilità e visibilità" dei suoi uomini. Un esempio? "La Lega si espande grazie a numerosi e accessibili uffici di partito" sempre aperti. E ancora, "sindaci e consiglieri sono sempre in giro, parlano con la gente e mantengono i rapporti personali", "grazie alla forte presenza politica catturano il voto dei giovani". Il tutto mentre il Pd dal territorio è fisicamente assente.

Spie anti-immigrati. Il console generale di Milano dà per scontato il trionfo elettorale della Lega e mette in guardia Washington: "Le conseguenze (della vittoria, ndr) si avranno sui rapporti tra Lega e Pdl" al governo perché "cambierà il bilanciamento dei poteri" a livello nazionale. Allarmante la conclusione che la Perez affida al dipartimento di Stato: "In un periodo di debolezza e vulnerabilità Berlusconi ha già concesso molto ai leader della Lega in cambio del sostegno alla sua agenda legislativa personale. La Lega potrebbe però assumere una posizione ancora più forte e influenzare la politica nazionale imponendo la sua ideologia anti-immigrati basata sulla sicurezza".
(05 marzo 2011)
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Re: WikiLeaks, il capitolo Bossi

Messaggioda flaviomob il 05/03/2011, 10:11

Un esempio di disorganizzazione:


Il Pd: “Abbiamo raccolto 10 milioni di firme”
Aderiscono anche Garibaldi, Hitler e Wojtyla “Abbiamo raccolto 10 milioni di firme per mandare a casa Berlusconi”. La cifra annunciata a gennaio dai dirigenti del Partito democratico era decisamente ambiziosa. E ieri i vertici del Pd hanno confermato: missione compiuta, raccolte le firme che ci eravamo ripromessi. Ma Pierluigi Bersani, proclamando il trionfo, ha spinto gli scettici a verificare l’autenticità delle firme e le modalità di raccolta.

Il Giornale ci ha messo lo zampino e ha svelato il mistero: è andato a spulciare le liste e ha verificato che molti, troppi, dei firmatari, non esistono. Qualcuno si è divertito a firmare col nome di Hitler, Mussolini, Berlusconi da Arcore, Wojtyla da Cracovia, Fidel Castro dall’Avana, Giuseppe Mazzini, Garibaldi, Moana Pozzi, Hitler e Mussolini. “Firme patacca”, strilla il quotidiano diretto da Sallusti. Che cita anche Franco Giordano, ex segretario di Rifondazione: “Se il Pd avesse tanti voti quante firme avrebbe già vinto le elezioni”.

“Il Pd ha toccato il fondo”, si legge in un corsivo pubblicato oggi su Il Giornale. “In un comunicato ci accusano di essere stati noi a mettere le firme false sul loro sito. Si vergognino, i signori democratici. Sono due volte in malafede: non si accorgono, o non vogliono accorgersi, delle firme patacca e poi pezzicati con le mani nella marmellata scaricano le colpe su altri. Ci accusano vigliaccamente solo perchè non vogliono che ci occupiamo dei loro colpi bassi”.

Il riferimento è a una nota pubblicata sul sito del Pd già ieri, quando il partito aveva deciso di sospendere momentaneamente la visualizzione delle firme ma non la raccolta. “Scottati dal successo della campagna Berlusconi dimettiti, Libero e Il Giornale attaccano con l’apposizione di firme false e l’invito a firmare la pagina per la raccolta online delle firme”, si legge sul sito del Pd. “Il livello di volgarità raggiunto ha superato i livelli fin qui monitorati per cui sospendiamo momentaneamente la visualizzazione delle firme raccolte per ripulire il database da alcuni nomi inventati e inseriti appositamente per disturbare l’iniziativa del Pd”.

Bersani, però, era già stato avvertito da Paolo Flores D’Arcais, sulle pagine del Fatto, in tempi non sospetti: “Dieci milioni – spiegava il 23 gennaio – è grosso modo il numero di voti di cui è accreditato il Pd nei sondaggi e il rapporto tra consenso elettorale e capacità di mobilitazione è di trenta a uno, dieci a uno in casi eccezionali, come sa chiunque, dirigenti del Pd compresi”. Ma il Pd sulla raccolta firme è andato avanti e, a cifra dieci milioni, ha cantato vittoria. Per poi dover tornare indietro, chiudere la raccolta sul sito, e lanciare accuse a Sallusti di “istigazione alla firma falsa”. Non sappiamo da che parte sia la verità. Un dato è certo: le firme sono state raccolte soprattutto via web e senza nessuna autenticazione.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03 ... yla/95087/

PS In effetti ho aderito anch'io, firmando (sulla carta, non sul web), ma nessuno mi ha chiesto uno straccio di documento! Inoltre non ero nel mio comune, per cui avrei potuto firmare infinite volte in infiniti comuni diversi (o a gazebo diversi nello stesso comune).
Serietà sta a zero.


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Re: WikiLeaks, il capitolo Bossi

Messaggioda Loredana Poncini il 05/03/2011, 11:07

Raccogliere firme o stare in parlamento quando si votano mille deroghe ? :? :oops: :roll:
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Re: WikiLeaks, il capitolo Bossi

Messaggioda ranvit il 05/03/2011, 11:39

Bersani ha fatto una cavolata, a conferma del fatto che non puo' essere il leader del centrosinistra...
Uno che messo alle strette fa errori cosi' grossolani (lanciare la raccolta di dieci milioni!!! di firme) non è un capo.
Semplicemente.

Piuttosto stiano in mezzo alla gente invece che nei palazzi; oppure si tolgano dalle scatole!

Vittorio
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