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La svolta di Gentiloni sulle tasse

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

La svolta di Gentiloni sulle tasse

Messaggioda ranvit il 04/03/2017, 13:15

Se ce la fa è un grande!


IVA OFFENSIVA ANTIEVASIONE

La svolta di Gentiloni sulle tasse
Tra gli obiettivi del governo una nuova «spending review» una riforma della fatturazione elettronica in grado di far emergere un gettito di 41 miliardi in 3 anni
di Federico Fubin


Paolo Gentiloni sembra aver deciso: è il momento che il suo governo entri in una seconda fase, con una serie di risposte chiare ai problemi di un’economia malata. Il presidente del Consiglio ha ottime ragioni politiche per farlo. Non conta solo l’esigenza di un rilancio di fronte al resto d’Europa, dove in troppi oggi dubitano della capacità dell’Italia di risollevarsi. Né incide tanto l’improvvisa fragilità di Matteo Renzi, che pure apre a Gentiloni più spazio ora che l’ex premier è sulla difensiva. Sulle valutazioni del presidente del Consiglio si fa sentire soprattutto la scissione nel Partito democratico: la costola sinistra dei Democratici e progressisti sarà determinante in Senato, dunque far approvare il bilancio rischia di diventare impossibile senza un disegno coerente che li coinvolga.
L’accelerazione
Gentiloni però ha anche ottime ragioni economiche per accelerare adesso: sa che altrimenti il suo governo e il Paese rischiano di fare la fine di una lepre paralizzata nel fascio degli abbaglianti. Il mezzo pesante che rischia di travolgerla è il debito pubblico, quando verrà meno il sostegno della Banca centrale europea.
Per questo il premier, con il sostegno del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e di quello dello Sviluppo Carlo Calenda, ha sviluppato un disegno di attuazione immediata. Esso ha diversi passaggi: una nuova spending review, che partirà in primavera e i cui «commissari» di fatto sono lui stesso e Padoan; una risposta al dramma della povertà, finanziata con i risparmi di spesa pubblica; un taglio molto deciso al cuneo fiscale che grava sul lavoro e sulle imprese, da disegnare nell’imminente Documento di economia e finanza (Def) e da finanziare con un affondo altrettanto deciso contro l’evasione Iva; una manovrina da 3,4 miliardi, come chiesta da Bruxelles, che anticipa nel 2017 parte di queste misure degli anni prossimi; e a quel punto un dialogo con la Commissione Ue, realistico e pacato, per evitare una stretta di bilancio da 20 miliardi in autunno proprio grazie a questa ampia riforma fiscale. Sono passati pochi mesi, ma siamo lontani anni luce dai bonus e dai decibel delle polemiche di Renzi.
Nuova spending review
Il suo fondamento è una riforma della procedura di bilancio votata nel 2016, che pochi avevano notato. Essa incardina programmi triennali in serie di riduzione di spesa dei ministeri per via amministrativa, non solo con le modifiche da approvare in Legge di bilancio. La recente modifica alla Legge 196 del 2009, sulla base dell’articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio, prevede che si lavori sullo stock di tutte le voci di spesa esistenti e non solo sulle variazioni in legge finanziaria. Entro il 31 maggio prossimo un decreto del presidente del Consiglio, su proposta del ministro dell’Economia («previa deliberazione del Consiglio dei ministri») assegnerà gli obiettivi di spesa per ogni ministero fino al 2020. Essi saranno coerenti con le linee indicate del Def, in uscita il 10 aprile e in preparazione nelle prossime due settimane. In base alla nuova procedura i ministeri dovranno proporre gli interventi sulle spese entro metà ottobre e definire come conseguirli entro dicembre. Quindi il primo marzo di ogni anni tutti gli accordi (resi pubblici e verificabili) passeranno in Consiglio dei ministri, mentre il ministro dell’Economia e lo stesso premier verificheranno a scadenze regolari di pochi mesi l’attuazione degli impegni di ogni ministero. Qualunque deviazione arriverà in Consiglio dei ministri e andrà spiegata con una nota scritta a ciascun Def.
Si apre dunque una nuova finestra d’opportunità per una vera «spending review» (l’anno scorso la spesa è salita dell’1,3%, a causa del personale e dei «consumi intermedi») e c’è una svolta politico-istituzionale: come in tutti i Paesi dove i tagli di spesa funzionano (Australia, Belgio, Canada, Svezia), essi sono incardinati nell’esercizio costante di definizione e gestione del bilancio, scattano (anche) per via amministrativa e fanno capo al vertice del potere esecutivo: non a un corpo estraneo chiamato «commissario». Dei proventi, 1,5 miliardi l’anno dovranno andare a contrasto della povertà.
Operazione cuneo fiscale
La settimana scorsa la Commissione Ue è tornata a sottolineare una delle grandi anomalie che zavorrano l’economia e la competitività delle imprese in Italia (vedi grafico): una pressione fiscale sul lavoro e sulle aziende fra le più alte, espressa nell’enorme «cuneo» fra il costo del lavoro e il compenso netto dei dipendenti; e un gettito Iva fra i più bassi, in parte per le molte voci nell’aliquota ridotta al 10% e soprattutto per un 30% di evasione da parte delle imprese. Il Def di aprile proporrà dunque uno spostamento simmetrico: più entrate dall’imposta sul valore aggiunto, introducendo e rendendo sempre più stringenti anche nelle transazioni fra imprese private i meccanismi di fatturazione elettronica già applicati con successo alle aziende fornitrici dello Stato; e un collegamento ferreo dell’aumento di questo gettito al calo del cuneo fiscale. Questa proposta ha peraltro il vantaggio di andare bene sia a Renzi che agli scissionisti di Mdp. La fatturazione elettronica dovrà essere inviata a una piattaforma centrale dello Stato e solo le imprese che lo faranno eviteranno accertamenti fiscali (le altre vi si esporranno). Secondo Vincenzo Visco, l’ex ministro, fra il 2018 e il 2020 questo sistema può far emergere 41 miliardi di euro di gettito. Il governo stima con prudenza solo un terzo di questa cifra e studia un taglio del cuneo del 5% (2,5% per le imprese, il resto a vantaggio dei lavoratori). Si ridurrebbe così il cuneo a livello della Germania, mitigando una delle grandi anomalie italiane.
Gentiloni è deciso a fare della manovrina da 3,4 miliardi da varare in aprile un prodromo coerente con questa ampia riforma fiscale. Anche perché essa ha tutte le caratteristiche di efficacia necessarie a evitare che Bruxelles, in autunno, davvero pretenda la temuta stretta da 20 miliardi. Sempre che i partiti nel caos permettano al governo di fare il proprio lavoro.
3 marzo 2017 (modifica il 3 marzo 2017 | 21:26)


http://www.corriere.it/economia/17_marz ... debd.shtml
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: La svolta di Gentiloni sulle tasse

Messaggioda Robyn il 04/03/2017, 13:37

Penso che il taglio del cuneo fiscale debba essere molto di più portato a livello della Gran Bretagna cioè la differenza fra quanto il datore di lavoro paga e quanto percepisce il lavoratore non posa superare il 30%,ma naturalmente serve gradualità non è una cosa immediata.Questo contrasta efficacemente la precarietà perche porta di conseguenza il lavoro flessibile della biagi a costare di più insieme ad alcune ridefinizioni prudenti della legislazione del lavoro
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: La svolta di Gentiloni sulle tasse

Messaggioda pianogrande il 04/03/2017, 15:10

Chissà che la forza di Gentiloni non sia proprio la sua debolezza.

Un governo comunque destinato a durare poco (un anno?) e il cui primo ministro non pare aspiri a presiedere anche il prossimo, potrebbe essere un ottimo sostituto di un governo tecnico che è la tecnica della politica italiana per non essere marchiata dai provvedimenti impopolari.
Sì perché, in questo paese, far pagare le tasse è un provvedimento molto impopolare.

Insomma, i politici hanno da litigare e accusarsi reciprocamente e sfiduciarsi e scindersi e trattare su mille risvolti del potere ma ci vuole (ma no) qualcuno che governi il paese.

Bello l'invito di Gentiloni a non entrare nelle fibrillazioni.

Insomma, perché il paese funzioni dobbiamo dare lo stipendio ai politici ma far governare i tecnici.
O politici che ancora conservano un po' di coscienza del ruolo.

Un applauso a Gentiloni.
Persona seria.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: La svolta di Gentiloni sulle tasse

Messaggioda mariok il 17/03/2017, 10:10

Se per tappare i buchi di bilancio si ricorre sempre all'aumento delle accise sui carburanti, non è che ci sia questa grande svolta.

Quando vedo Di Maio in televisione gongolare e sparare le sue sentenze dall'alto del suo nulla, spero proprio che il PD ce la faccia a fermarli. Ma quando vedo l'impotenza e l'insipienza di questa classe dirigente, di cui si è data un'ulteriore prova ieri al senato sul caso minzolin, ogni speranza svanisce.

Manovra correttiva: spunta l’aumento sulle accise di tabacchi e carburanti
Nel decreto di Gentiloni e Padoan niente tagli alla spesa pubblica

Pubblicato il 17/03/2017
AMEDEO LA MATTINA
ROMA
Paola De Micheli, sottosegretario all’Economia, lo ha anticipato l’altra sera in commissione Ambiente della Camera: il governo intende inserire per decreto nella manovra correttiva alcune misure per la crescita. Un’anticipazione rispetto a quelle che ci saranno ad ottobre nella legge di stabilità. Adesso un antipasto, con un occhio particolare alla fiscalità di vantaggio per tutte le zone interessate al terremoto. Quello che però De Micheli non ha detto nella commissione presieduta da Ermete Realacci è che nello stesso decreto verrà previsto l’aumento delle accise su tabacchi e carburanti. Non sembra che ci sia invece un taglio alla spesa pubblica. La decisione è stata presa nei giorni scorsi dal premier Paolo Gentiloni e dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che si sono visti ieri a Palazzo Chigi per mettere a punto il Def.


Renzi dovrà dunque farsene una ragione: il rientro di 3,4 miliardi entro il 10 aprile, chiesto da Bruxelles per correggere i conti ed evitare la procedura d’infrazione, verrà fatto anche con l’aumento delle accise. E questo nonostante 37 deputati renziani, in un atto di indirizzo al governo, avevano precisato che le risorse per correggere i conti pubblici avrebbero dovuto essere reperite «unicamente dal taglio alla spesa pubblica improduttiva e dalla lotta all’evasione fiscale». Lo stesso Renzi, più volte pubblicamente, aveva posto dei paletti al Tesoro: nessun aumento delle tasse, nemmeno delle accise. «Non possiamo spremere ulteriormente i cittadini. Il tema di non aumentare le tasse - aveva detto nella Direzione del Pd a febbraio - è un principio di serietà nei confronti dei cittadini».

L’ex premier deve vincere il congresso e poi affrontare una lunga campagna elettorale che lo porterà al voto nel 2018, se nel frattempo non succederà qualcosa che faccia precipitare verso elezioni anticipate. Una volata, quella dell’ex premier, che non prevede aumenti di tasse di alcun genere, accise comprese: «Sarebbe un errore politico». Ma a via XX Settembre non trovano una soluzione migliore per reperire una parte delle risorse necessarie per centrare l’obiettivo che ci viene chiesto da Bruxelles. Ma allo stesso tempo Padoan anticipa, rispetto alla legge di stabilità, alcune misure di crescita che sono necessarie anche per abbattere il debito pubblico: quel macigno che non consente di liberare risorse da destinare agli investimenti. È il problema dei problemi che tutti i governi hanno dovuto affrontare, senza mai risolverlo, e che ieri Piero Fassino nell’intervista alla Stampa ha posto a Gentiloni come prioritario. Il punto è che l’ex sindaco di Torino, tra le possibili soluzioni, indicava le privatizzazioni, mentre nel Pd c’è una componente robusta che non le vuole. Nella stessa Direzione del partito dello scorso mese Matteo Orfini aveva detto che non si può ricominciare con «la stagione delle privatizzazioni: serve al contrario una grande strategia di investimenti pubblici». Anche il ministro Graziano Delrio ha bloccato ogni ipotesi di vendita di asset pubblici, in particolare delle Ferrovie dello stato: «Ho dei problemi a privatizzare le Frecce con dentro il trasporto pubblico regionale». Quel giorno ad ascoltarli in platea c’era proprio Padoan.

Gli scissionisti demoprogressisti si godono lo spettacolo e il senatore Miguel Gotor parla di «braccio di ferro tra il partito di Gentiloni-Padoan e quello di Renzi che vuole una manovra elettorale: questo è visibile su molte questioni, compresa quella delle privatizzazioni». Se ora arriva pure l’aumento delle accise su tabacchie carburanti non sarà una passeggiata approvare in Parlamento il decreto che serve alla manovra correttiva.
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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