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NO, NON SIAMO DIVENTATI PIÙ POVERI PER COLPA DELL'EURO

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

NO, NON SIAMO DIVENTATI PIÙ POVERI PER COLPA DELL'EURO

Messaggioda franz il 27/02/2019, 15:11

NO, NON SIAMO DIVENTATI PIÙ POVERI PER COLPA DELL'EURO

Scritto da Alessandro Martinello

NO, NON SIAMO DIVENTATI PIÙ POVERI PER COLPA DELL'EURO
ISTITUZIONI ED ECONOMIA

Circola in questi giorni lo studio “20 Years of the Euro: Winners and Losers”, che stimerebbe l’impatto dell’Euro sul PIL pro-capita di diversi paesi membri dell’Eurozona. Lo studio ha attirato l’attenzione dei media per le sue conclusioni. L’euro avrebbe causato una perdita cumulata di oltre settantamila euro in media per ogni Italiano, e un guadagno complessivo di oltre 20mila euro per un Tedesco. Qui cerco di spiegare perchè queste stime siano azzardate.

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Lo studio del Center for European Policy (CEP) utilizza un metodo che fa parte dell’arsenale metodologico di un micro-economista, chiamato Synthetic Control (SC), ed è tradizionalmente usato per l’analisi comparata di eventi singoli in piccola scala su dati aggregati. SC è stato usato per, ad esempio, stimare l’impatto di un sussidio pubblico in Alaska, o l’impatto dell’immigrazione Cubana sulla forza lavoro di Miami. Questi studi hanno in comune, da un lato, la carenza di dati: si osservano soltanto delle medie aggregate, e una sola delle unità osservate riceve l’evento. Dall’altro lato, le unità sono simili e all’interno dello stesso sistema aggregato. Si tratta di città all’interno di un paese, o stati all’interno degli Stati Uniti.

Per capire perché questo metodo non sia adatto per analisi macroeconomiche tra stati è necessaria una parentesi. Quando cerchiamo di stimare l’effetto di qualcosa, ad esempio dell’immigrazione su una città, incontriamo un problema fondamentale. In un certo istante posso osservare una città se ha ricevuto immigrazione. Oppure, posso osservare un’altra città che non ha ricevuto immigrazione.

Non potrò mai osservare nello stesso identico momento la stessa identica città che ha e non ha ricevuto immigrazione, e calcolarne direttamente la differenza. Dovrò invece usare qualcosa che posso osservare per approssimare la città in questione se non avesse ricevuto lo shock dell’immigrazione Cubana. Questo problema è fondamentale, e non esiste metodo statistico che di per sé possa risolverlo.

Nel caso di Miami, prenderò delle città simili, facenti parte della stessa nazione, con cui Miami condivide demografia e shock macroeconomici, chiamate “donors”. Assumendo che ciò che è successo a Miami sia l’unica cosa successa solo a Miami e non alle altre città da una certa data in poi, posso quindi calcolare la differenza tra Miami e i donors.

SC risolve invece un secondo, diverso problema. Avendo solo dei dati aggregati, una unità trattata, e poche di controllo, paragonando una dozzina di linee tra di loro è più facile ottenere una spaghettata che un grafico informativo.

Una semplice alternativa è paragonare Miami alla media delle altre città. SC fa un passo ulteriore, e permette di creare dei pesi tali che la media ponderata dei donors prima dell’avvento dell’immigrazione Cubana ricalchi precisamente ciò che successe a Miami nello stesso periodo. La media ponderata dei donors sarà quindi la mia Miami “sintetica”. Ma ciò non vuole assolutamente dire che ho artificialmente costruito un perfetto controfattuale a Miami. Semplicemente, partendo da un gruppo di controllo grossomodo accettabile, lo ho aggiustato statisticamente per renderlo ancor più paragonabile a Miami prima dello shock.

Lo studio CEP paragona l’Italia a Australia, Bahrain, Israele, Giappone, Nuova Zelanda, Singapore, Svezia e Gran Bretagna, e calcola dei pesi per la media ponderata tali che il PIL procapita medio di questi paesi tra il 1980 e il 1995 sia simile a quello Italiano. Una volta calcolata questa media, paragona le due linee. Non stiamo quindi facendo delle complesse analisi. Stiamo paragonando una nazione a una media di altre nazioni prima e dopo l’introduzione dell’Euro, nè più né meno di quanto il Sen. Alberto Bagnai fa da anni nel suo blog.

Usando dati della stessa fonte, ho riprodotto il risultato del CEP (grafico a sinistra). In genere, se è disponibile solo una variabile per creare i pesi, si usano tutti i dati antecedenti allo shock. Il risultato relativo appare a destra.

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Nessuno dei due grafici è sorprendente. Dagli anni ’90 la produttività Italiana è stagnante, e sappiamo già che dal 2000 l’Italia cresce meno dei paesi nel gruppo di controllo.

La fallacia cruciale è attribuire tutta questa stagnazione all’euro, quando sappiamo che l’italia sconta moltissimo, ad esempio, la mancata adozione di tecnologie ad alta produttività. Questo è il principale abbaglio dello studio CEP. La realtà è più complessa, e le cause sono molteplici. Le bacchette magiche non esistono, e mente chi millanta di averne una.

Ma anche l’uso di SC in questo contesto è problematico, se non altro per la quantificazione del gap. La scelta del gruppo di controllo, che varia leggermente tra nazione e nazione nel rapporto CEP, è cruciale. Per esempio, questi sono i risultati ottenuti applicando lo stesso metodo ma modificando il gruppo di controllo per l’Italia (Svizzera, U.A.E., Brasile, Giappone, Norvegia), e rimuovendo il Bahrein dai donors della Germania.

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I grafici sono altrettanto convincenti, ma la storia é fondamentalmente diversa. L’Italia sembra ora guadagnare dall’euro in un primo periodo, e comincia a soffrirne soltanto dopo la crisi finanziaria del 2007. La Germania invece non sembra affatto essere avantaggiata dall’euro, e anzi sembra soffrirne.

Non voglio certo sostenere che questi siano i risultati corretti. Sono semplicemente diversi confronti, che possono essere più o meno informativi come statistiche descrittive, ma che non possono rispondere alla fondamentale domanda “che effetto ha avuto l’euro?”.

Sottolineo infine un punto fondamentale. Non è il metodo statistico che determina la validità di una analisi econometrica, ma il tipo di confronto che si vuol fare nei dati. SC è probabilmente il miglior modo di trattare analisi comparate di eventi singoli su dati aggregati. È usare una analisi comparata per cercare di stimare l’effetto dell’euro il problema di fondo.

I metodi statistici sono semplicemente attrezzi, utili a seconda dell’uso che se ne vuol fare. Un martello è utile per piantare un chiodo, ma probabilmente meno efficace per aggiustare un lavandino. L’abilità di chi analizza dati non è nella complessità degli attrezzi che porta in cassetta, ma nel saper riconoscere quando e come usare quelli in proprio possesso.

https://www.stradeonline.it/istituzioni ... -dell-euro
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Re: NO, NON SIAMO DIVENTATI PIÙ POVERI PER COLPA DELL'EURO

Messaggioda franz il 27/02/2019, 15:14

Qui una sua spiegazione su twitter: https://twitter.com/ale_martinello/stat ... 47585?s=21

Qui una spiegazione umoristica sulle cosiddette correlazioni spurie: http://www.tylervigen.com/spurious-correlations

Qui un post di massimo fontana: https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... =3&theater
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Re: NO, NON SIAMO DIVENTATI PIÙ POVERI PER COLPA DELL'EURO

Messaggioda franz il 02/03/2019, 8:52

Pillola antibufala. Pseudo-studio CEP su Euro e' una frode

Michele Boldrin
Pubblicato il 28 feb 2019

Spiego, spero chiaramente, perche' il pamphlet di cui tutti i media italiani parlano da alcuni giorni e' peggio di una boiata, e' una frode pazzesca che mai avrebbe dovuto circolare in un paese dove i giornalisti facessero, onestamente, il loro lavoro.

https://www.youtube.com/watch?v=w4RFsRflnzU

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Re: NO, NON SIAMO DIVENTATI PIÙ POVERI PER COLPA DELL'EURO

Messaggioda franz il 03/03/2019, 9:04

DISASTRI MEDIATICI
02 marzo 2019
L’Euro ha fatto male all’Italia? Ecco perché è una bufala colossale

Michele Boldrin

Un metodo insensato, giornalisti compiacenti e pigri, un’opinione pubblica pronta a bersi qualunque fandonia che confermi le proprie opinioni: ecco come uno studio farlocco può diffondere in un Paese la certezza che il nemico sia là fuori e sia una moneta. Mentre invece la realtà è diversa

L’ennesima bufala cattura da giorni la fantasia degli italiani: l’euro ci è costato quasi 5mila miliardi, poco meno di 80mila euro a testa! L’ha detto un “prestigioso centro studi tedesco” riconoscendo, al contempo, che la Germania ci ha invece guadagnato. Senza euro ora vivremmo alla grande grazie ai “soldi” che i tedeschi ci hanno portato via. Grazie all’interazione fra lobbisti al soldo, intenti a spacciare baggianate adulterate come se fosse ricerca di qualità, e la professionalità del giornalista medio italiano, il quale verifica sempre l’attendibilità di quanto il pusher rossobruno gli offre a buon mercato, questa ridicola fandonia è oramai parte della chiacchiera nazionale e sarà impossibile sradicarla.

Lo “studio” cerca quattro paesi non euro i cui PIL per capita – combinati in una insalata russa statistica che va sotto il nome di synthetic control e non si meritava questa infamia – si comportino come quello italiano tra il 1980 ed 1999. I paesi scelti sono, Australia (31%), Giappone (2%), Israele (4%) e Regno Unito (63%). I numeri fra parentesi sono le percentuali con cui l’insalata russa statistica, che chiameremo per brevità “Bufala”, viene composta. Negli anni indicati (a dire il vero: sino al 1992-93) sommando il 31% del PIL australiano al 2% del giapponese, eccetera, si ottiene più o meno quello italiano. Miracolo: la Bufala diventa l’Italia senza euro e viene servita per cena, in salsa rossobrunata, dai teleschermi degli italiani.

Qui si arriva al passaggio fondamentale: “siccome il PIL italiano si comportò come quello della Bufala nei 19 anni [13 per la verità] precedenti all’adozione dell’euro, allora esso si sarebbe comportato come quello della Bufala anche nei 18 anni seguenti se l’Italia non fosse entrata nell’euro”! Ma certamente signori miei, ma certamente! Guarda caso il PIL dell’Italia vera comincia a divergere già nel 1993 da quello della Bufala! Questo perché l’Italia sperimentava l’effetto della crisi del 1992, causata a sua volta dalle irresponsabili politiche dei 15 anni precedenti, mentre i paesi che compongono la Bufala non sperimentavano nulla di tutto questo! Essi non sperimentarono nemmeno le dissennate politiche economiche di Tremonti, Visco e successori, l’aumento continuo di spesa pubblica e tassazione, il continuo sperpero pensionistico, il degrado della pubblica amministrazione ...

Infatti, sperimentarono esattamente l’opposto come un breve sguardo alla storia recente di Australia e Regno Unito (il 94% della Bufala) conferma. Sperimentarono l’effetto della crescita di Londra come hub finanziario mondiale, della trasformazione di Israele in hub tecnologico, della esplosione della domanda cinese per le materie prime ed i prodotti agricoli australiani, del flusso d’immigrazione e di capitali verso l’Australia, della crescita tecnologica del Regno Unito grazie alla qualità delle sue università, eccetera. Il Giappone, che sperimentò invece l’inizio di due decenni di semi-stagnazione conta solo per il 2% della Bufala, guarda caso ... Ma forse hanno l’euro.

La tecnica del synthetic control non si meritava questo trattamento (battuta per addetti ai lavori). Essa nasce in ambiente statistico per supplire ad un problema che si incontra spesso con alcuni esperimenti “puntuali”. Come si testano gli effetti di una medicina? Si formano due gruppi di persone “simili”, ovvero tali che nei due gruppi tutte le caratteristiche fisiologiche e comportamentali rilevanti per l’effetto finale siano ugualmente distribuite. Ad uno dei gruppi viene somministrata la medicina (trattamento) mentre all’altro no (controllo). Nel periodo di tempo in cui il trattamento avviene ci si assicura che lo stile di vita delle persone nei due gruppi sia ragionevolmente simile e, soprattutto, si eliminano coloro che vengono influenzati da avvenimenti importanti ed inattesi. Questi possono essere sia positivi (commercio con la Cina, riduzione spesa pubblica ed imposte, per esempio) che negativi (Berlusconi o D’Alema al governo, per esempio). Trascorso un certo periodo di tempo si misurano gli effetti della medicina comparando le persone nei due gruppi.

Quando il gruppo di controllo non è disponibile la tecnica statistica soccorre, in molto limitati contesti. Un caso celebre è quello della stima dell’effetto sul consumo di sigarette di provvedimenti volti a ridurlo. Se questi vengono adottati in uno stato ma non in stati contigui, socio-demograficamente simili e nei quali l’andamento del consumo di sigarette negli anni precedenti aveva riprodotto perfettamente (via tecnica dell’insalata russa descritta sopra) quello dello stato trattato, allora si può provare a stimare l’impatto via synthetic control. È necessario che, durante il trattamento (1999-2017, per dire) nulla accada – negli stati del synthetic control e nello stato trattato – che possa influenzare per altri canali il consumo di sigarette. Insomma, niente Cina, niente Tremonti, niente City of London, niente Berlusconi, niente Camusso ed anche niente Bossi. Sarà allora ragionevole (con una dozzina di altri caveat tecnici) confrontare i due consumi di sigarette e decretare che si è stimato l’impatto della politica adottata sul consumo di sigarette.

Tutto questo ha qualcosa a che fare con la pagliacciata messa in scena dai dipendenti del “centro studi” CEU? No. Era difficile scoprirlo? No, bastava una telefonata a qualcuno che sapesse di cosa si tratta. Ma che lo sapesse per davvero, non come Bifarini, Rinaldi e Telese. Bastava chiamare. I Paesi si distruggono anche così e la responsabilità, giornalisti italiani, è tutta vostra. Invece di blaterare sul patriottismo, studiate e chiedete a chi sa, non ai buffoni con cui date spettacolo tutte le sere in TV.

https://www.linkiesta.it/it/article/201 ... sale/41281
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