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Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda ranvit il 28/02/2016, 8:57

Franz....d'accordo sulla bassa scolarità degli italiani e sulla altrettanto bassa spesa per ricerca etc etc.
Non va bene e bisognerà rimediare al piu' presto! Poi bisogna abbassare le tasse...combattere la corruzione/evasione....la Mafia....il familismo...etc etc

Ma per il resto, guardati intorno: in tutti i Paesi europei ed in particolare in quelli che hanno subito e/o subiscono l'austerity è in corso una avanzata di populismi ed euroscetticismi. Di oggi il risultato delle elezioni in Irlanda.....
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda franz il 28/02/2016, 9:49

Puo' anche darsi che l'avanzata dei populismi sia in qualche modo in relazione con la scolarità nei vari paesi.
Bisognerebbbe indagare ma questa cose sono fuori dalla mia portata. Sono studi tipo dottorato che si fanno nelle università.

L'articolo che citavo ieri di FT è protetto, per alcuni, quindi vi mando il paper originale, si cui è stato scritto l'articolo.
http://www.voxeu.org/article/italys-pro ... -challenge

Italy has the lowest share of population with tertiary education and the fourth highest share of population with only basic education in the EU (European Commission 2014). This gap also concerns young generations, implying that it will take a long time to revert.

Qui in piu' si fa notare che il basso tasso di popolazione con educazione terziaria riguarda anche le giovani generazioni e che quindi ci vorrà tempo per invertire la tendenza nella popolazione lavorativa totale. Anzi tra l'altro ho letto piu' volte addirittura di una diminuzione nelle iscrizioni all'università.

Comunque rispetto a quello che andrebbe fatto per far ripartire l'Italia credo che si possa partire da quei grafici.
Ogni grafico illustra un settore di intervento. Qui le conclusioni dello studio.

The need for urgent action
The indicators presented above serve as a benchmark for a set of stylised simulations in the QUEST model. Structural reforms that close the gap vis-à-vis the average of three best performers in the policy areas discussed above would increase the level of GDP by 23.8% above baseline over 50 years, half of which (12.1%) through productivity gains and the rest through increases in employment (see Table 1).8 The gains, however, are very limited in the short term.

In the long term, more than half of the cumulated impact of reforms would come from raising Italy’s educational attainment to the best performers in the EU. Because of cohort effects, however, the benefits materialise only very slowly; they are negligible after ten years and continue to accumulate after 50. The time lag could be shortened in that respect if measures are taken to foster the return of emigrates with tertiary education and increase high-skill immigration, the latter being among the lowest in the OECD.9

Reducing mark-ups, entry costs and the financing wedge on intangible assets would boost GDP significantly after 50 years, with large gains in productivity. Increasing government subsidies in the form of tax-credits to private R&D would have instead a limited impact on growth.

Shifting taxation away from labour onto consumption would induce a robust increase of employment, and thus of GDP, already in the very first years (with limited further gains thereafter), which could play an important role in helping the reform process at the beginning.

Conclusions
Fundamental structural weaknesses that hold back Italy's productivity and growth have gradually worsened relative to other Eurozone and OECD countries over the last 15 years. Important reforms are ongoing, but restoring healthy growth will require an extraordinary reform effort. Our analysis shows that given the nature and size of the weaknesses identified, reforms will need time to bear fruit, underscoring the urgency of moving decisively forward.


Certo che non basta iniettare ottimismo. Renzi in questo è piu' bravo di Berlusconi, ma non basta dire che ce la faremo.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda ranvit il 28/02/2016, 10:52

Puo' anche darsi che l'avanzata dei populismi sia in qualche modo in relazione con la scolarità nei vari paesi.

E chi l'ha detto? Io ho detto che la causa è l'austerity... :roll:



Certo che non basta iniettare ottimismo. Renzi in questo è piu' bravo di Berlusconi, ma non basta dire che ce la faremo.



L'ottimismo contribuisce :D
Ma non mi pare che Renzi inietti solo ottimismo. Compatibilmente con la situazione sta facendo molto in tutte le direzioni. Certo non quello che vorresti tu, ma governare l'Italia non è cosi' semplice come stare davanti ad un computer e indicare soluzioni...piu' o meno concrete :D

E comunque reforms will need time to bear fruit, !
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda mariok il 28/02/2016, 11:24

Ieri in un'interessante puntata do 8 e 1/2 su La7 (quella del sabato è l'unica che vedo di tanti in tanto, perché non ci sono i soliti politici) il prof. Domenico De Masi con una simpatica battuta ha definito gli economisti un'autentica tragedia dei nostri tempi.
Battute a parte, mi sembra alquanto pretenzioso fare previsioni a 50 anni sulla base di qualche simulazione basata su alcuni parametri statistici partendo da presunte relazioni di causa-effetto assolutamente arbitrarie.

Prendiamo in questo caso ad esempio il livello di istruzione. E' lapalissiano che in una economia a tecnologie produttive più avanzate ed innovative, il tasso di istruzione è più elevato rispetto a quello di una società con un tessuto produttivo più arretrato.

Ma chi l'ha detto che il primo dato è causa del secondo e non viceversa?

Riferendoci all'Italia: è stranoto che il livello di istruzione dei nostri giovani è notevolmente più basso di quello dei paesi più avanzati e che il livello delle iscrizioni all'università è addirittura in calo. Mi pare che abbiamo dedicato un intero 3d all'argomento. Ma è altrettanto vero che i laureati hanno difficoltà a trovare un lavoro addirittura maggiori rispetto ai loro colleghi meno qualificati e sono spesso costretti ad accettare ruoli nettamente sottodimensionati rispetto alla loro preparazione. Fatto che è tra l'altro vistosamente confermato dal crescente fenomeno della cosiddetta fuga dei cervelli.

E qui naturalmente un altro economista tirerebbe dal cappello il solito coniglio dell'elevata tassazione che scoraggerebbe gli investimenti, tranne poi a scoprire che in alcuni paesi molto più innovativi del nostro ci sono livelli di tassazione più o meno simili.

Non è possibile, ad esempio, che il basso profilo del nostro mercato del lavoro, e quindi dell'istruzione media, derivi dal carattere familistico delle nostre imprese, scarsamente inclini e finanziariamente inadeguate alle scommesse di investimenti a tempi medio-lunghi?

Non è per esempio un fatto che mediamente i nostri imprenditori sono refrattari alla crescita delle dimensioni delle loro aziende, per la paura di perderne il controllo? E non è forse vero che il ricorso al capitale di rischio è tra i più bassi rispetto agli altri paesi a capitalismo avanzato.

Prendiamo come altro esempio l'immigrazione, che in altri paesi è una risorsa fondamentale per lo sviluppo anche in presenza di una crescita demografica uguale o minore di zero. Ci siamo mai chiesti perché i nostri immigrati sono in buona parte impiegati in condizioni di semi-schiavitù specialmente in alcune aree agricole del nostro sud? Mentre sono più unici che rari i casi di immigrati utilizzati in settori avanzati o nella ricerca? Eppure, importare know-how sarebbe un modo efficace ed economicamente vantaggioso per colmare nel breve il gap tecnologico della nostra forza lavoro creando tra l'altro le disponibilità finanziarie per i necessari investimenti in scuola e università.

A me sembra che proprio gli economisti, anche quelli più liberisti o meno statalisti, attribuiscano ai governi ed alle politiche economiche molta più importanza di quanto in realtà abbiano, trascurando completamente le cause culturali, storiche e sociologiche di certi fenomeni.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda mariok il 28/02/2016, 11:30

P.S. franz non considerarmi petulante. Ma continui a riferirti a dati in percentuale sul pil.

Il grafico che esponi http://www.google.com/publicdata/explor ... &ind=false ci dice non che "la spesa è debolmente calata", ma che è aumentata un po' meno del pil. :D
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda ranvit il 28/02/2016, 12:05

Metti 5 economisti in una stanza e avrai.....sei indicazioni diverse :lol:

PS Per non parlare poi dei "ragionieri" :lol: :lol:
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda trilogy il 28/02/2016, 13:59

mariok ha scritto:
...Prendiamo in questo caso ad esempio il livello di istruzione. E' lapalissiano che in una economia a tecnologie produttive più avanzate ed innovative, il tasso di istruzione è più elevato rispetto a quello di una società con un tessuto produttivo più arretrato. Ma chi l'ha detto che il primo dato è causa del secondo e non viceversa?....


In generale i due elementi si rafforzano a vicenda, è poi possibile importare le competenze che mancano, ma è molto difficile trovare un paese che possa mantenere elevati livelli d'innovazione nel tempo, senza un sistema educativo avanzato. Gli aspetti di prossimità, cioè la presenza simultanea in un territorio delimitato, di strutture educative di qualità, ed imprese tecnologicamente avanzate è praticamente la norma ovunque, nonostante la globalizzazione
In Italia poi c'è qualche esempio di distretto industriale nato dalle competenze sviluppate negli istituti tecnici.

mariok ha scritto:Riferendoci all'Italia: è stranoto che il livello di istruzione dei nostri giovani è notevolmente più basso di quello dei paesi più avanzati e che il livello delle iscrizioni all'università è addirittura in calo. Mi pare che abbiamo dedicato un intero 3d all'argomento. Ma è altrettanto vero che i laureati hanno difficoltà a trovare un lavoro addirittura maggiori rispetto ai loro colleghi meno qualificati e sono spesso costretti ad accettare ruoli nettamente sottodimensionati rispetto alla loro preparazione. Fatto che è tra l'altro vistosamente confermato dal crescente fenomeno della cosiddetta fuga dei cervelli...


Noi qua abbiamo vari problemi "culturali" ed ideologici che ci trasciniamo dietro da sempre. Da un lato scuola, università, impresa, ricerca, sono stati sempre visti e voluti come mondi separati. Quindi il passaggio dall'istruzione al lavoro è più complesso, dalla ricerca di laboratorio, all'innovazione in fabbrica ide. Aggiornare un programma formativo all'evoluzione del mondo del lavoro una cosa blasfema. Dall'altro lato abbiamo coltivato il mito della piccola impresa, demonizzando la grande. Le grandi imprese spesso hanno un visione strategica e una pianificazione che consente loro di dialogare e fornire input utili anche alla scuola o all'università, le piccole imprese in genere hanno una visione di breve periodo. In Italia non è mai nato un Fraunhofer che fa da motore alla ricerca, alla formazione ad alto livello, all'innovazione industriale in Germania. Manca la cultura.


mariok ha scritto:Non è possibile, ad esempio, che il basso profilo del nostro mercato del lavoro, e quindi dell'istruzione media, derivi dal carattere familistico delle nostre imprese, scarsamente inclini e finanziariamente inadeguate alle scommesse di investimenti a tempi medio-lunghi?
Non è per esempio un fatto che mediamente i nostri imprenditori sono refrattari alla crescita delle dimensioni delle loro aziende, per la paura di perderne il controllo? E non è forse vero che il ricorso al capitale di rischio è tra i più bassi rispetto agli altri paesi a capitalismo avanzato........


Si, ritorniamo al problema della dimensione media delle nostre imprese. In Italia la crescita dimensionale delle imprese non è mai stata vista come importante dallo Stato, ed è sempre stata vista come un problema dall'imprenditore, per i vincoli che comportava. Questo è uno dei fattori determinati della mancata crescita della produttività in Italia.
Se fai un confronto tra Italia ed estero solo tra medie imprese industriali la produttività è la stessa.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda franz il 28/02/2016, 21:46

ranvit ha scritto:Puo' anche darsi che l'avanzata dei populismi sia in qualche modo in relazione con la scolarità nei vari paesi.

E chi l'ha detto? Io ho detto che la causa è l'austerity... :roll:

Credo di poter dire qualche cosa anche io, no? ;)
Per me l'avanzata dei populismi ha due grossi fronti:
1) a Nord il tema degli stranieri (e l'austeità invece la digeriscono e non comporta problemi)
2) a Sud il tema del rigore dei conti, cosa che turba un po' le cicale ed i loro partiti
In entrambi carsi i populismi fanno presa su quegli stati di popolazione dotati di minori strumenti cognitivi.
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda franz il 28/02/2016, 21:57

mariok ha scritto:P.S. franz non considerarmi petulante. Ma continui a riferirti a dati in percentuale sul pil.

Lo faccio perché normalmente è questo che si guarda.
1) spesa pubblica su PIL
2) pressione fiscale su PIL
3) deficit su PIL
4) debito su PIL
5) investimenti su PIL
6) spesa di welfare su PIL
7) spesa per istruzione su PIL
8) .... su PIL
9) ...
10) .
.
In pratica non si guarda un parametro riferito a se stesso ma riferito alla capacità di produrre e consumare.
Questo rende comparabile quel parametro nel tempo (nello stesso paese) e soprattutto tra paesi diversi.

Non per essere i petulante a mia volta ma se io guadagno X e spendo l'80% in affitto, forse c'è qualche cosa che non va.
Sicuramente spendo troppo, rispetto a quanto guadagno. Poi magari spendo di affitto esattamente come te (viviamo in due appartementi identici ed adiacenti) ma tu guadagni il triplo, ed è tutta un'altra musica. La tua spesa è giustificata, la mia no. Ora mettiamo che per entrambi l'affitto scenda del 10%. ed il reddito salga del 5%. La sia situazione rimane sbilanciata, la tua no.
Io chiedo un prestito e tu chiedi lo stesso importo. Chi deve concederlo quali parametri osserverà?
A chi concederà il prestito?
Ora l'Italia è indebitata per il 132% della sua capacità anuale di produrre e cosnumare (ben oltre il doppio rispetto a quel famoso 60%) e cosa credi che guardino gli investitori che devono scegliere se comprare debito italiano o tedesco?
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Re: Rallentamento dell'economia e conti pubblici italiani

Messaggioda mariok il 29/02/2016, 9:24

franz ha scritto:
mariok ha scritto:P.S. franz non considerarmi petulante. Ma continui a riferirti a dati in percentuale sul pil.

Lo faccio perché normalmente è questo che si guarda.

Sì d'accordo, ma un abbassamento della spesa pubblica in percentuale sul pil non significa che essa sia diminuita, significa solo che è cresciuta meno del pil.

Guardare solo alle percentuali è un'arma a doppio taglio.

Per esempio, è una pratica utilizzata dal partito della spesa secondo cui una diminuzione del debito (in % sul pil) va perseguita attraverso l'aumento del pil e non mediante i tagli della spesa.
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