mariok ha scritto:
...Prendiamo in questo caso ad esempio il livello di istruzione. E' lapalissiano che in una economia a tecnologie produttive più avanzate ed innovative, il tasso di istruzione è più elevato rispetto a quello di una società con un tessuto produttivo più arretrato. Ma chi l'ha detto che il primo dato è causa del secondo e non viceversa?....
In generale i due elementi si rafforzano a vicenda, è poi possibile importare le competenze che mancano, ma è molto difficile trovare un paese che possa mantenere elevati livelli d'innovazione nel tempo, senza un sistema educativo avanzato. Gli aspetti di prossimità, cioè la presenza simultanea in un territorio delimitato, di strutture educative di qualità, ed imprese tecnologicamente avanzate è praticamente la norma ovunque, nonostante la globalizzazione
In Italia poi c'è qualche esempio di distretto industriale nato dalle competenze sviluppate negli istituti tecnici.
mariok ha scritto:Riferendoci all'Italia: è stranoto che il livello di istruzione dei nostri giovani è notevolmente più basso di quello dei paesi più avanzati e che il livello delle iscrizioni all'università è addirittura in calo. Mi pare che abbiamo dedicato un intero 3d all'argomento. Ma è altrettanto vero che i laureati hanno difficoltà a trovare un lavoro addirittura maggiori rispetto ai loro colleghi meno qualificati e sono spesso costretti ad accettare ruoli nettamente sottodimensionati rispetto alla loro preparazione. Fatto che è tra l'altro vistosamente confermato dal crescente fenomeno della cosiddetta fuga dei cervelli...
Noi qua abbiamo vari problemi "culturali" ed ideologici che ci trasciniamo dietro da sempre. Da un lato scuola, università, impresa, ricerca, sono stati sempre visti e voluti come mondi separati. Quindi il passaggio dall'istruzione al lavoro è più complesso, dalla ricerca di laboratorio, all'innovazione in fabbrica ide. Aggiornare un programma formativo all'evoluzione del mondo del lavoro una cosa blasfema. Dall'altro lato abbiamo coltivato il mito della piccola impresa, demonizzando la grande. Le grandi imprese spesso hanno un visione strategica e una pianificazione che consente loro di dialogare e fornire input utili anche alla scuola o all'università, le piccole imprese in genere hanno una visione di breve periodo. In Italia non è mai nato un Fraunhofer che fa da motore alla ricerca, alla formazione ad alto livello, all'innovazione industriale in Germania. Manca la cultura.
mariok ha scritto:Non è possibile, ad esempio, che il basso profilo del nostro mercato del lavoro, e quindi dell'istruzione media, derivi dal carattere familistico delle nostre imprese, scarsamente inclini e finanziariamente inadeguate alle scommesse di investimenti a tempi medio-lunghi?
Non è per esempio un fatto che mediamente i nostri imprenditori sono refrattari alla crescita delle dimensioni delle loro aziende, per la paura di perderne il controllo? E non è forse vero che il ricorso al capitale di rischio è tra i più bassi rispetto agli altri paesi a capitalismo avanzato........
Si, ritorniamo al problema della dimensione media delle nostre imprese. In Italia la crescita dimensionale delle imprese non è mai stata vista come importante dallo Stato, ed è sempre stata vista come un problema dall'imprenditore, per i vincoli che comportava. Questo è uno dei fattori determinati della mancata crescita della produttività in Italia.
Se fai un confronto tra Italia ed estero solo tra medie imprese industriali la produttività è la stessa.