da pierodm il 26/01/2009, 3:32
Mi sembra un dibattito che tende verso il guazzabuglio, in cui si mescolano troppe cose diverse.
Ringrazio comunque Pino che ha tentato di ricordare quello che volevo intendere con molta semplicità.
Guido.
Dire che una cosa "è evidente" non mi sembra, nemmeno lontanamente, qualcosa che somigli a una sia pur larvata forma di aggressività.
Ma lasciamo stare: la mia è solo una noticina marginale. Se non ne puoi fare a meno, mi puoi anche mandare affanculo, o chiamarmi "cretino": non me ne frega niente, non sono schizzinoso.
Rileggere qualunque tipo di votazione - compresa quella dell'agorà - come una forma di "maggioritario" è un tantinello stravagante.
Il problema, la scelta tra la logica maggioritaria e quella proporzionalistica nasce con le rappresentanze parlamentari e con i meccanismi dei sistemi elettorali complessi.
Trovo piuttosto sbagliato, e poco attendibile, rifarsi al caso di una o l'altra storia nazionale per "dimostrare" pregi o difetti di un sistema o dell'altro.
Soprattutto, trovo sbagliato legare la sopravvenienza di regimi autoritari in conseguenza di un sistema o di un altro.
Se proprio vogliamo trovare un rapporto, questo vale in senso opposto, e cioè che è il sistema elettorale/istituzionale che discende da un clima e una "sostanza" socio-politica "autoritaria" - sia che si tratti di un degrado contingente verso l'autoritarismo, sia che si tratti di un dato strutturale o permanentemente culturale.
In ogni caso, non intendevo discutere dei sistemi elettorali in generale e universale, ma del caso specifico italiano.
Ricordo benissimo il dibattito di allora, di quando cominciò la sterzata verso il bipolarismo e il maggioritario.
Era evidente a molti, che osteggiavano il bipolarismo/maggioritario, non solo quello che sarebbe accaduto poi con l'adozione di questo sistema, ma anche quale fosse la fenomenologia di cui questa tendenza era il sintomo e la causa.
Era evidente ed era largamente detto, motivato e spiegato. Un'evidenza quindi che non è una diceria, un segreto, un intimo moto dell'animo, ma una tesi abbondantemente esibita.
A me sembra altrettanto evidente che praticamente tutti i timori di allora siano stati puntualmente confermati dalla realtà.
Specialmente, poi, se non ci si ferma ai soli dati elettorali, ma si prende in considerazione il clima politico complessivo che si è andato affermando.
Berlusconi ha vinto tre elezioni.
La politica è diventato un teatrino di figuranti e di leader e leaderini, che fanno a gara a chi è più telegenico e a chi ha l'hobby più simpatico.
Siamo in una perenne campagna elettorale, perché la politica si è ridotta ai soli momenti elettorali e al solo fine della "vittoria".
La vita e il ruolo del Parlamento si sono quasi completamente svuotati, specialmente con i premi di maggioranza che danno un potere esorbitante all'esecutivo, che diventa ipso facto anche legislativo - e fra poco anche giudiziario.
Tutto questo - è il fattore più grave, anche se il meno politicamente definibile sul piano oggettivo - si sposa con una tendenza latente della maggioranza di questo paese alla ricerca dell'Uomo Carismatico, la quale esalta e aggrava in pratica qualunque rischio insito nel sistema in via teorica.
Per quanto riguarda l'altro versante - cioè quello del clima socio-culturale che è all'origine della tendenza - mi sembra ormai riconosciuto che nel mondo, non solo in Italia, ci sia una generale deriva conservatrice, di destra, com'è confermato da numerosi fenomeni: da un ritorno dell'idea "imperiale" nei rapporti internazionali, da una revanche dell'idea oligarchica nei rapporti sociali, al recupero del tradizionalismo e dell'integralismo religioso, fino ad una serie di fenomeni che sono minori rispetto a questi citati, ma che permeano una parte importante della vita sociale.
Personalmente, non nego i difetti della logica e della prassi proporzionalistica, né quelli di un esasperato parlamentarismo, ma credo che questo sia un sistema che ha bisogno di molta pazienza: una pazienza che significa anche fiducia nella democrazia e nel confronto, e nel "lavoro" politico.
Il furore e in qualche misura anche il livore con il quale in Italia si è voluto procedere verso il bipolarismo/maggioritario mi sembra invece che corrispondano al desiderio di trovare scorciatoie, ad una perdita della pazienza democratica, alla voglia di manicheismo e di guerra sociale.
Una logica di guerra che Berlusconi sa interpretare benissimo, se non altro perché è l'unico modo in cui vede la politica.