ranvit ha scritto:Guido, che faccia tosta!
Hai scritto due post piu' sopra :
>Che per ottenere, ad esempio, un permesso di soggiorno si debba essere in grado di comprendere l'Italiano, può essere un requisito accettabile. Ma obbligare qualcuno a parlare una data lingua in un qualsivoglia contesto è ben altra cosa. Con la tua incredibile logica se invitassi (poniamo) un dissidente cubano ad una manifestazione di piazza non dovrebbe essergli consentito di parlare spagnolo perché non è la lingua ufficiale dello Stato, ed egli tuttavia si trova in un luogo e in un contesto pubblico (molto più pubblico di quanto non sarebbe una moschea, peraltro). Oppure volendo spingerci ancora più in là nell'assurdo, se un folto gruppo di studenti polacchi in erasmus si incontra in un bar (anch'esso luogo pubblico tanto quanto una moschea) o nel cortile dell'università (luogo assai più pubblico di una moschea) gli dovrebbe essere impedito di parlare in polacco tra di loro.
Oppure vale solo per gli arabi e solo per le moschee?
Chi vive in Italia, cittadino o straniero, deve adeguarsi ai diritti e doveri vigenti, e su questo non ci piove, che tra questi diritti ci sia l'OBBLIGO di parlare italiano invece che la propria lingua (o la lingua che si preferisce, per i poliglotti) è una assurdità quasi incredibile.<
La prima parte in grassetto è dove hai addebitato a me l'obbligo di parlare italiano in qualsiasi contesto.
Modererei i termini e le facce toste dato che tu (intenzionalmente devo supporre visto che ti sei pure messo a grassettare proprio quella parte di discorso) confondi l'esempio di un discorso pubblico in piazza con quello di un turista nel (non)rispondermi.
Il mio "qualsivoglia" voleva appunto dire "qualsiasi", privato O PUBBLICO. Non voleva dire, e in italiano non poteva voler dire, opporre pubblico+privato al tuo pubblico.
È evidente in base a considerazioni minime di libertà religiose e di parola che il poter parlare la lingua che si vuole valga SIA in pubblico SIA in privato, e questo io ho sostenuto, contro la tua tesi inquietante che ciò debba valere (e per legge!) solo in privato. La "faccia tosta" di giocare alle tre carte facendo finta che io avessi parlato di contesti privati opponendoli a ciò che tu sostenevi riguardo al pubblico è resa evidente dal fatto che gli esempi che ho fatto (e soprattutto quello della manifestazione) riguardavano (dicendolo esplicitamente) contesti pubblici quanto e più di una moschea, e contesti nei quali nessuno (spero...) si sognerebbe neanche lontanamente di imporre l'uso di una lingua in luogo di un'altra.
Ne aggiungo un altro di esempio, reale anziché inventato: nella manifestazione pro-israele contro le minaccie iraniane (davanti all'ambasciata nel novembre del 2005), l'intervento di Giuliano Ferrara consistette nell'iconica ripetizione di una frase in lingua farsi (lingua iraniana assai diversa dall'italiano per chi non lo sapesse...) che voleva dire "viva israele". Era una manifestazione pubblica e Ferrara era l'organizzatore (e addirittura CITTADINO italiano, neanche solo residente... o forse vale per i residenti ma per i cittadini come per i turisti è concesso parlare qualsiasi lingua?). Secondo la tua logica gli si sarebbe dovuto proibire di fare quell'intervento.
La seconda parte in grassetto è dove parli di un dissidente cubano....e cosa alyto sarebbe se non un turista?
(Perchè se fosse un residente in Italia varrebbero le stesse cose dette per i musulmani...).
Ecco, qui si è toccato proprio il fondo. Un dissidente cubano in italia sarebbe un turista, e potrebbe parlare spagnolo ad una manifestazione pubblica, ma se fosse invece un residente (poniamo, un rifugiato politico? Perché sai non è che cuba mandi tanti turisti in giro per il mondo quindi l'esempio diverrebbe un po' strano) allora non potrebbe parlare spagnolo in un contesto pubblico, per esempio dal palco di una manifestazione piuttosto che, magari, dal pulpito di una chiesa (se fosse ad esempio un prete). Ma non ti viene da ridere da solo a scrivere certe cose?