Cardarelli al collasso la rabbia dei malati “Da 6 giorni in barella l’ospedale scoppia”Pronto soccorso, 58 lettighe da smistare “In piedi da 9 ore, assistenza impossibile”
TIZIANA COZZI
«MIO padre, 80 anni, è stato 6 giorni su una barella e noi al suo fianco su una sedia. Lo trovo assurdo. I medici qui sono bravissimi ma non si può assistere un malato in queste condizioni. È vergognoso. L’ospedale scoppia». Pasqualina, di Afragola, spinge la sedia a rotelle con il suo papà, passeggia nei corridoi del reparto di Medicina d’urgenza, al quarto piano dell’ospedale Cardarelli. Si lamenta con tutti. Ora ci sono soltanto 5 barelle nel corridoio, ma fino a domenica, erano ovunque, perfino in mezzo alle stanze con sei letti, raccontano i pazienti. «Nella stanza dove è ricoverata mia madre, 67 anni, su una lettiga all’interno di un padiglione – racconta Antonio - non si poteva nemmeno passare tra un letto e l’altro. Ora si sta meglio ma mia madre si lamenta, dice che la barella non è comoda come un materasso, le fa male la schiena ». L’emergenza del Cardarelli la fotografa la distesa di lettighe nell’Obi, il reparto di osservazione intensiva dove i pazienti attendono la degenza in reparto, dentro un’ala attrezzata del pronto soccorso. Qui si vedono gli effetti della paralisi dell’ospedale più grande del Mezzogiorno. I malati restano in attesa di un posto in reparto e la folla cresce. Cinquantotto le barelle. C’è solo un bagno e piccole sedie accanto ad ogni malato. I parenti se ne stanno, quando possono, seduti sui letti, la sedia invece fa da comodino, con l’acqua, i fazzoletti, la vestaglia e tutto quello che serve ad un malato. In pratica, piccoli accampamenti. «La mia amica Dormea sta qui da sabato – racconta Patrizia Manzi – siamo in attesa di accedere al reparto di nefrologia. Ci alterniamo con le altre amiche su questa seggiolina, è impossibile dormire. Siamo nel corridoio, assistiamo al continuo passaggio, non c’e nemmeno modo di riposare ». Se la rabbia monta contro la disorganizzazione, la voce dei pazienti però è unanime nel lodare la buona sanità dell’ospedale. «Abbiamo avuto un record di accessi al pronto soccorso nel week end – spiega il medico responsabile Fiorella Paladino – soltanto sabato sono arrivati qui 309 pazienti e questo ha provocato il caos che stiamo affrontando. C’e’ stato il picco influenzale, la psicosi meningite e diverse emergenze vascolari che hanno richiesto interventi neurochirurgici. I reparti sono intasati, non sono in grado di accettare i pazienti che stazionano al pronto soccorso. Ma noi accogliamo tutti, non trascuriamo nessuno. Facciamo una gran fatica per garantire a tutti le cure necessarie. Qui lavorano 3 medici la mattina, 3 il pomeriggio e 2 la notte. Abbiamo solo 6 infermieri. Non bastano, sono pochissimi». Al pronto soccorso alle tre del pomeriggio ci sono 25 pazienti in attesa di visita, su altrettante lettighe. C’è chi aspetta dalle 7,30 del mattino a pochi metri dall’ingresso, mentre continuano ad arrivare le ambulanze. Sono 20 i mezzi di soccorso arrivati fino alle 15. Una media alta per un giorno normale al Cardarelli. Destinata ad aumentare fino a sera. «Vedete le barelle che ora stanno qui? Tra otto ore saranno il doppio» dice un infermiere ». «Siamo al pronto soccorso dalle sei di stamattina – racconta Raffaele, di Frattaminore, assiste la giovane moglie in attesa di salire a neurologia – ci hanno visitato subito ma sento freddo e si sta scomodi, visto che sto in piedi da 9 ore, non mi sono seduto perché qui sedie non ce ne sono». Poco più in là, due panchine vicinissime alle porte scorrevoli dell’ingresso. Entrambe occupate, almeno in 10 se ne stanno seduti ad attendere il responso dei medici. «Ho portato qui mio padre per un’aneurisma- spiega Patrizia Neri – sara operato d’urgenza in chirurgia vascolare ma stiamo ancora aspettando il posto nel reparto. I medici però hanno lavorato tantissimo, gli ho perfino mandato il caffè». «Siamo qui dalle 11 – protesta Rosalba Marotta – e attendiamo da ore una Tac, vitale per mio marito che soffre di una grave forma di vasculopatia cerebrale».
«Nonostante i nostri grandi sforzi, da qualche settimana abbiamo problemi nella gestione – sottolinea Pasquale Caiazzo, primario di neurochirurgia, uno dei reparti più in difficoltà – da sabato abbiamo avuto 4 pazienti da operare per i quali non c’era la disponibilità del ricovero in rianimazione. Ho operato un giovane per una grave neoplasia al cervello e lo abbiamo tenuto, assieme ad un altro, in camera operatoria. C’e’ stato un temporaneo blackout. Ma noi viviamo nell’emergenza continua. Il Cardarelli è la Lampedusa della sanità. Quando arrivano da noi li accogliamo sempre, siamo l’ultimo baluardo, l’ultima speranza, non possiamo deludere. Garantiamo sempre la massima efficienza con la massima difficoltà».
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