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Libertà di scelta

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Libertà di scelta

Messaggioda pianogrande il 08/03/2015, 23:54

Eccolo qua.Napoli, Roma, Torino, Bologna Milano.
Il record se lo contendono da un po' tutte le parti di Italia.

http://espresso.repubblica.it/inchieste ... a-1.201432

Facciano qualsiasi cosa: aumentare le tasse ai fuori corso, mandarli a casa (no, quello non si può fare perché i motivi possono essere validissimi).
Qualsiasi cosa tranne che inflazionare le lauree per non perdere il finanziamento.

L'università non può essere una azienda (così come Gino Strada ha già ben denunciato a proposito della sanità).

Se proprio deve essere una azienda non può prescindere dalla sua ragione sociale che è istruire e selezionare.

Insomma, libertà di scelta ma su standard rigorosi e controllati dal ministero che se no non si capisce cosa ci stia a fare.
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Re: Libertà di scelta

Messaggioda franz il 09/03/2015, 8:17

flaviomob ha scritto:Le università della Calabria?


www.google.it
cercare gelmini calabria
uno dei tanti risultati: http://www.corriere.it/cronache/08_sett ... aabc.shtml
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Re: Libertà di scelta

Messaggioda annalu il 09/03/2015, 13:40

franz ha scritto:Anche pubbliche, Flavio. C'è chi si è laureato in Calabria, chi a Tirana.
Non mi pare che il problema sia questo.
Puoi anche pensare che ci sia una certa percentuale di furbi e farabutti ma la libertà di scelta noi dovremmo garantirla a tutti.
E non negarla perché ci sono furbi che se ne approfittano.

Prima di tutto, non si può mettere sullo stesso piano la scuola primaria (obbligatoria), e le scuole superiori o l'università.
E' compito della scuola primaria portare tutti ad un livello base di cultura che si ritiene indispensabile perché un cittadino possa partecipare con consapevolezza alla vita del paese, ed entrare dignitosamente nel mondo del lavoro. Questa scuola non deve mai scendere al di sotto di un certo livello, garantito dallo stato; garanzia che deve essere assicurata nelle scuole pubbliche, attentamente verificata per le private paritarie. Per chi studia a casa o in altre istituzioni private, il controllo deve essere severo e continuativo, caso per caso.
Per le scuole secondarie il discorso può farsi più complesso, la variabilità di obiettivi da raggiungere può avere una maggiore diversificazione, escludendo ovviamente i diplomifici a pagamento. Del tutto diverso infine il discorso per le università:
pianogrande ha scritto:Eccolo qua.Napoli, Roma, Torino, Bologna Milano.
Il record se lo contendono da un po' tutte le parti di Italia.

http://espresso.repubblica.it/inchieste ... a-1.201432

Facciano qualsiasi cosa: aumentare le tasse ai fuori corso, mandarli a casa (no, quello non si può fare perché i motivi possono essere validissimi).
Qualsiasi cosa tranne che inflazionare le lauree per non perdere il finanziamento.
[...]

In tutto il mondo il valore di una laurea dipende anche dall'università dove l'hai conseguita. Le università più prestigiose fanno una durissima selezione in ingresso, poi continuano a farla durante tutto il corso: gli esami vanno superati tutti entro i termini prescritti, possono venir ripetuti una volta, poi sei fuori, la laurea lì non la consegui.
Se hai motivi, anche validi, per fare un corso universitario con intensità minore, vai in un'univesità adatta, con regole diverse. La qualità della tua laurea poi non la decide un ministero ma il mercato.
Non esiste cioè il "valore legale del titolo di studio" come in Italia, dove per certe posizioni è indispensabile avere una laurea, ma non importa dove e come l'hai conseguita. E' questa situazione che incentiva le università a mantenere elevato il numero di studenti sia in corso che fuori corso, ed anche a rendere "competitive" le università in termini di facilità degli esami, più che di qualità.
Le università italiane stanno subendo un progressivo calo di qualità, tanto da scendere sempre più nelle classifiche internazionali degli atenei più prestigiosi, con relativo aumento dei piagnistei da parte proprio di coloro che ne sono responsabili.
E' un peccato, perché i nostri atenei hanno un glorioso passato, e le competenze per raggiungere livelli di eccellenza in ambito internazionale sono certo presenti, ma non si può sapere per quanto ancora, se non vengono giustamente valoralizzate.

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Re: Libertà di scelta

Messaggioda pianogrande il 09/03/2015, 15:29

Giusta la riflessione sullo standard da garantire e sui diversi obiettivi nelle varie fasi del percorso scolastico.

Giustissimo che i diplomifici sono figli del valore legale del titolo di studio.

La laurea per passare il concorso è un obiettivo molto diverso dalla laurea per fare un colloquio di assunzione e poi un periodo di prova in un posto di lavoro di livello elevato.
Nel secondo caso, se la laurea è frutto solo di una stampante e una firma compiacenti, mi ritrovo col popò a livello zero fin dal primo impatto.

Nel primo caso,sii potrebbe rimediare velocemente con il licenziamento degli incompetenti anche se hanno passato il concorso e senza fare terrorismo (ne parliamo da un'altra parte) con chi è addetto a queste valutazioni.

Alla fine, regole e mercato dovrebbero condizionarsi a vicenda per il migliore risultato.

Mi viene irresistibile il discorso dei figli di.... ma mi fermo qua.
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Re: Libertà di scelta

Messaggioda franz il 18/03/2015, 14:04

Repubblica, 18 marzo 2015: "La buona scuola di Atene"

Il governo ha finalmente approvato il disegno di legge sulla scuola. Vi si possono trovare luci e ombre, ma finché non si capiranno le intenzioni del Parlamento, sarà difficile dare un giudizio definitivo.
Un aspetto però potrebbe essere decisivo, ossia la possibilità per le famiglie che scelgono di mandare i figli alle scuole (elementari e medie) paritarie di detrarre il costo della retta.

Qui si scontrano spesso due opposte fazioni: l’una, animata dall’interesse concreto alla sopravvivenza delle scuole private e dall’ideale della libertà di educazione, propone varie forme di sovvenzione, alcune virtuose altre meno. L’altra, animata dall’altrettanto interesse concreto di mantenere intatto il monopolio educativo, il potere dei sindacati e delle burocrazie ministeriali nonché dalla mistica della scuola pubblica e dall’avversione ideologica a quella dei “ricchi”, di risorse dirottate al di fuori del circuito statale non vuol sentire parlare.

Cerchiamo di fare un po’ d’ordine. Ci sono vari modi di finanziare le scuole private. Si possono distribuire dei fondi a tutti gli istituti accreditati in riconoscimento del servizio pubblico che svolgono e questo é il modo finora utilizzato in Italia. Oppure, come succede per le charter school negli USA, si stipula un contratto con degli obiettivi e i soldi vengono erogati a seconda dei risultati ottenuti lasciando piena libertà operativa ai presidi. Alternativamente il finanziamento viene dato alle famiglie, non alle scuole, attraverso la possibilità di detrarre dalle imposte la retta o, meglio ancora, attraverso la dazione di un voucher spendibile indifferentemente in scuole pubbliche o private.

Dimentichiamoci per un attimo il fondamento etico della parità pubblico-privato, vale a dire che le famiglie devono essere libere di scegliere chi istruisce i loro figli e, visto che le tasse vengono pagate allo Stato per garantire l’educazione dei giovani, il governo non può imporre un monopolio di fatto a favore degli erogatori pubblici ma solo stabilire degli standard e garantire il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento. A me sembra un postulato prima di tutto logico ma è noto che non tutti la pensano così.

Guardiamo allora cosa assicura una migliore qualità dell’educazione e scopriamo che non tutte queste forme hanno pari efficacia ed in più il contesto normativo influenza il loro successo. Infatti, dove il titolo di studio ha valore legale, la tentazione per alcune scuole private sarà quella di fungere da esamificio di bassa qualità, abbassando la media generale dei risultati degli istituti privati.

Nei contesti, come quello italiano, dove il mercato del lavoro è ingessato, è molto difficile sia licenziare che spostare di mansioni e ruolo, tasse e contributi sono alti e premiare l’impegno non è previsto, ancora una volta le scuole libere sono svantaggiate poiché non possono far valere il loro vantaggio competitivo di flessibilità ed innovazione. Infine, se i contributi non vengono dati direttamente ai consumatori (famiglie e studenti), i quali in generale vogliono la miglior educazione possibile per i loro figli e quindi scelgono le scuole più efficienti, ma agli stessi istituti, non vi sarà alcun stimolo alla concorrenza: anzi, si corre il rischio che per risparmiare e far quadrare i conti molte scuole private non cerchino i professori più bravi e non investano nelle attrezzature. Ecco perché poi sono solo le scuole per “ricchi”, i quali pagano rette elevate, hanno un elevato livello culturale medio e perciò pretendono servizi di eccellenza, ad avere delle performance superiori.

I difensori dello statalismo scolastico brandiscono come clave i dati PISA (test che misurano le capacità degli scolari) dai quali risulterebbe che in Italia gli allievi degli istituti pubblici hanno risultati migliori di quelli liberi. Ora, a prescindere che il costo per studente è spesso più basso in questi ultimi, quindi in termini di efficienza (costo-rendimento) si potrebbe dire che la differenza si annulla, non si tiene conto che la situazione odierna è esattamente quella che i sostenitori della libertà di educazione non vogliono.

Gli stessi test PISA internazionali dimostrano che nella maggioranza dei paesi vagliati gli alunni delle private hanno risultati significativamente migliori (i ricercatori OCSE si sbracciano a dire che ciò si spiega con il livello socio-economico più elevato: appunto, bisognerebbe incrementare il numero dei meno abbienti, non precluder loro l’accesso all’istruzione libera).

Se poi andiamo a vedere le situazioni veramente significative, come alcuni esperimenti fatti con le charter school o con i voucher in America scopriamo –sorpresa, sorpresa- che coloro i quali traggono più vantaggio dalla libertà di scelta sono i ragazzi delle famiglie a più basso reddito. L’OCSE stessa conclude nel suo rapporto 2012 che i paesi che combinano gestione privata e finanziamento pubblico attraverso voucher generalizzati hanno una migliore performance accademica e riducono l’impatto della condizione socio-economica degli studenti sui loro risultati.

E’ ovvio che sia così: la concorrenza funziona sempre, è un processo di scoperta della conoscenza che, tra l’altro, migliora anche le scuole pubbliche, incentivate a non perdere studenti, e quindi classi e posti di lavoro.

La #buonascuola va nella direzione giusta? Qualche timido passo come i premi di merito, la detrazione per chi manda i figli alle paritarie e –a latere- una minor vischiosità generale del diritto del lavoro, si scorge. Il Parlamento, chiamato a migliorare il ddl governativo, rifletta su questo: Atene aveva un sistema scolastico basato sull’educazione libera e i “buoni scuola” per i figli dei caduti; Sparta aveva un monopolio ferreo dell’istruzione dei giovani spartiati da parte della Polis. Chi abbia avuto maggior influenza sulla storia della cultura e civiltà umana credo sia evidente.

Alessandro De Nicola
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Re: Libertà di scelta

Messaggioda pianogrande il 18/03/2015, 18:30

Giusto che le private abbiano il contributo dello stato visto che gli fanno risparmiare soldi.
Deduzione fiscale o contributo diretto alle scuole o voucher e libertà di scelta alla famiglia si equivalgono perfettamente se ne risulta un contributo dello stato legato esclusivamente al numero di iscritti.
Il punto più critico è sempre quello standard minimo garantito per tutti.
Secondo me, è ancora lì che si gioca la partita.

Vanno benissimo i presidi manager purché non si facciano i soliti pasticci sugli standard e sugli obiettivi; insomma, sui criteri di valutazione.
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Re: Libertà di scelta

Messaggioda flaviomob il 22/03/2015, 16:46

Università: ci sono fuori corso di diverso tipo. Chi studia lavorando, anche da giovane, perché deve mantenersi; chi sceglie in un'età più avanzata di riqualificarsi e magari ha il tempo di farlo solo la sera, perché ha una famiglia da mantenere. Chi invece lo è perché non ha voglia o si impegna poco ma comunque passa i suoi esami può avere una retta più alta da pagare, come disincentivo. Può essere equo per chi ha un reddito basso e vuole mandare i figli alle private che lo Stato preveda una detrazione pari all'equivalente del costo di una scuola pubblica equivalente, ma bisognerebbe pretendere che anche le private applicassero criteri di progressività nelle rette. Comunque nessun onere dovrebbe ricadere sullo Stato per chi ha un reddito alto e fa questa scelta. Badando bene di ispezionare e magari chiudere i "diplomifici", senza tanti complimenti.

Sul valore legale del titolo di studio, mi pare che la questione si ponga solo per alcune professioni (medici, avvocati, ingegneri, etc) in cui l'incompetenza o l'impreparazione potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza della collettività; oppure per il pubblico impiego, dato che un privato può assumere chi gli pare.
Nel primo caso è evidente che non posso mettere un laureato in epistemologia ad operare un fegato o a progettare un viadotto.
Nel secondo caso, mi pare che per essere assunti sia necessario sostenere un concorso pubblico: evidentemente è sufficiente impostare i concorsi in modo tale da selezionare i migliori e i più adatti alle mansioni richieste, magari togliendo peso al voto di diploma o di laurea. Fermo restando che dev'essere sempre garantita e verificata la qualità dell'insegnamento e della valutazione di tutte le scuole, di qualsiasi grado, pubbliche o private.


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Re: Libertà di scelta

Messaggioda franz il 22/03/2015, 19:03

flaviomob ha scritto:Sul valore legale del titolo di studio, mi pare che la questione si ponga solo per alcune professioni (medici, avvocati, ingegneri, etc) in cui l'incompetenza o l'impreparazione potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza della collettività; oppure per il pubblico impiego, dato che un privato può assumere chi gli pare.
Nel primo caso è evidente che non posso mettere un laureato in epistemologia ad operare un fegato o a progettare un viadotto.
Nel secondo caso, mi pare che per essere assunti sia necessario sostenere un concorso pubblico: evidentemente è sufficiente impostare i concorsi in modo tale da selezionare i migliori e i più adatti alle mansioni richieste, magari togliendo peso al voto di diploma o di laurea. Fermo restando che dev'essere sempre garantita e verificata la qualità dell'insegnamento e della valutazione di tutte le scuole, di qualsiasi grado, pubbliche o private.

L'abolizione del valore legale del titolo di studio non significa affatto che un idraulico puo' operare un cuore o che un imbianchino puo' firmare i calcoli statici di un palazzo. Non so chi mette in giro queste strane idee.
E' evidente che determinate professioni rimane valida la laurea ed anzi, pure il dottorato post-laurea.
Abolire il valore legale significa che nell'ambito di un concorso pubblico o dell'assunzione nel pubblico impiego le lauree, se richieste, non avranno tutte lo stesso valore (punteggio) come ora solo perché esiste un pezzo di carta, rilasciato da un'università infima ma "legale".
Chi assume un laureato oggi non puo' discriminare tra l'università dl "pinco-pallo prezzolato" di casalpusterlengo ed il MIT. Valgono tutti lo stesso "valore legale".
Domani, se abolissimo il valore legale del pezzo di carta, si'. E' proprio quello che dici tu. Ma oggi non si puo' fare. Quel "magari togliendo peso al voto di diploma o di laurea" non si puo' fare. Pioggia di ricorsi, finché il titolo di studio in quanto tale "ha valore legale".
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Re: Libertà di scelta

Messaggioda flaviomob il 22/03/2015, 23:36

Sappiamo di cosa parliamo, quando discutiamo del valore legale del titolo? Come sempre in Italia ci sono molte norme intricate e non è facile capire cosa significa, dato che non esiste una legge specifica.

Qui alcuni approfondimenti:

http://www.roars.it/online/riflessioni- ... di-studio/

http://www.lavoce.info/archives/27445/p ... la-laurea/

http://www.docentiart33.it/index.php?op ... Itemid=104


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Re: Libertà di scelta

Messaggioda franz il 30/03/2015, 9:10

“Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni.
La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato.”
(Antonio Gramsci in Nuovi Contributi).

Il danno creato dal monopolio statale dell'istruzione non e' dissimile dal danno recato da ogni altra specie di monopolio"
(Luigi Einaudi)

http://www.pressreader.com/italy/corrie ... 4/TextView
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