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Un referendum di cui non si parla

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda Robyn il 15/04/2016, 20:04

Il quesito non dice nulla relativamente allo sfruttamento completo del giacimento,parla solo di abolire la concessione perpetua che è un privilegio intollerabile e ripristinare le concessioni a tempo.Se si vince la concessione bene altrimenti si và a casa e ci sarà qualcun'altro che continuerà a sfruttare il giacimento e le concessioni si ripeteranno fino a quando il giacimento sarà esaurito quindi non è vero quello che dicono i signori del no cioè che il giacimento sarà chiuso
il quesito-"limitatamente alla vita utile del giacimento,nel rispetto dei vincoli ambientali e di sicurezza"
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda flaviomob il 15/04/2016, 21:57

http://www.ilgiorno.it/milano/tessera-e ... -1.2064063

Milano, 14 aprile 2016 - Giornate difficili a Milano nei pressi dell'ufficio dell'anagrafe in via Larga. Il motivo: a pochi giorni delle urne molti cittadini si sono messi in coda per rinnovare la tessera elettorale da utilizzare per il prossimo appuntamento referendario sulle trivelle in mare e in subordine in occasione delle vicine elezioni comunali.


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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda flaviomob il 15/04/2016, 23:29

Un futuro verticale

Questa è la storia di una giovane azienda che, puntando tutto su innovazione tecnologica, sostenibilità, ricerca e sviluppo, ha saputo conquistare il mercato italiano ed estero. Il fondatore è Gianluigi Parrotto, un ragazzo pugliese che a soli 18 anni, insieme alla start-up GpRenewable di Casarano (LC) ha messo a punto un progetto rivoluzionario nel settore del mini-eolico domestico, ovvero della produzione di energia attraverso generatori eolici ad asse verticale con minore impatto ambientale. Il meccanismo di funzionamento è molto semplice perché le pale assecondano la direzione del vento e, grazie al sistema integrato del rotore e del bulbo interno della turbina, ne “catturano” una quota parte. Le turbine eoliche ad asse verticale presentano diverse forme delle pale, si trovano esempi come le Darrieus, le Savonius e le Gorlov. Questa nomenclatura si basa sulla diversa geometria dell’asse del rotore e, quindi, sulla forma stessa delle pale. Ciò che contribuisce a questo meccanismo sono i componenti di costruzione resistenti che non producono ruggine e un design conforme alla direzione del vento. La larga diffusione è dovuta alla dimensione ridotta delle pale, alla possibilità di installarle in luoghi comuni e alla capacità di produrre energia purissima. Inoltre il generatore ad asse verticale è meno rumoroso, meno ingombrante e 10 volte più potente di quello ad asse orizzontale.
airgroupitaly.it

pale.jpg
pale.jpg (39.08 KiB) Osservato 2121 volte


Pannelli solari senza sole?

È convinzione comune che i pannelli solari possano funzionare solo con il sole ma, grazie a una nuova invenzione americana, possono produrre energia anche al buio o con la pioggia, rimanendo efficaci sempre e comunque.
Le nuove tecnologie hanno portato questi pannelli a livelli di efficienza inimmaginabili fino a pochi anni fa. Oggigiorno ne esistono di due tipi: termodinamici e ibridi. Fra quest'ultimi evidenziamo soprattutto il pannello ibrido idrogeno-solare. Attraverso un processo di fotocatalisi che, per mezzo della luce permette di trasformare sostanze inorganiche nocive in componenti assolutamente innocui, i nanocristalli di questo pannello producono gas idrogeno il quale, a sua volta, alimenta le celle producendo energia.
Peraltro sono presenti numerosissimi vantaggi: la durata, di circa 40 anni; il rendimento termico, doppio rispetto ai normali pannelli; i materiali usati, di tipo organico. Lo scopo è quello di riscaldare l'acqua e di creare energia in un unico prodotto.
Una pioggia di energia rinnovabileUna pioggia di energia rinnovabileI pannelli solari sembrano non avere più limiti: oltre a funzionare al buio, grazie a un'ulteriore innovazione tecnologica sono in grado di produrre energia anche dalla pioggia.
Per rendere più efficiente il sistema fotovoltaico, negli ultimi anni gli scienziati della Ocean University of China, a Qingdao, hanno ideato un metodo innovativo per sfruttare oltre all'energia dell'irradiazione solare, anche quella prodotta dalla pioggia. I pannelli di grafene, un materiale ottenuto dalla grafite, attraverso una reazione chimica scindono gli ioni positivi da quelli negativi generando elettricità. Questo materiale infatti, a contatto con le gocce di pioggia, composte non soltanto da acqua ma anche da vari sali, separano gli ioni caricati positivamente, tra questi sodio, calcio e ammonio e producono energia. Nonostante i costi proibitivi che comporta la sua realizzazione, questa potrebbe sembrare l'alternativa ai combustibili fossili ma saranno necessari nuovi studi ed esperimenti per assicurarsi la piena funzionalità di questo progetto. I pannelli in grafene sono funzionali in tutte le stagioni.
Link approfondimento
ideegreen.it

Enomad, l'idroelettrico tascabile
Nel 2014 la casa produttrice sudcoreana Enomad ha presentato al festival SXSW di Austin (Texas) il primissimo prototipo di mini idroelettrico da zaino. Il prototipo di nome omonimo alla startup produttrice, ha una struttura d'insieme molto compatta, simile a un thermos. È composto da una batteria da 5200 m/h e da 4 mini eliche che azionato motori, protetti da un coperchio. Lo scopo del progetto è quello di permettere la ricarica di dispositivi elettronici con batteria pari a due smartphone, oppure di essere utilizzato come lanterna a led, grazie al suo coperchio. La ricarica avviene tramite portali USB. Il progetto ha già avuto una prima sperimentazione nel 2014 a Seul, ricevendo per lo più commenti positivi.
Al momento riguardo al campo del rinnovabile tascabile non si ha una vera e propria concorrenza, in quanto per i costi proibitivi dei progetti e per una mancanza di pubblicità, Enomad si trova in vantaggio sugli altri competitors e potrebbe essere una vera e propria sorpresa di mercato, soprattutto in determinati paesi in cui la distribuzione d'energia è difficoltosa e obsoleta. Enomad può fornire un’opzione energetica ecologica e rinnovabile almeno per l'illuminazione e la ricarica di tecnologie portatili. Enomad riesce a conciliare le suddette caratteristiche in un prodotto il cui costo di mercato è di 180 dollari. Questo dispositivo potrebbe cambiare la situazione di milioni di persone che vivono in paesi in via di sviluppo.
Per maggiori informazioni: http://www.enomag.com (sito in inglese)

(da Cacaonews, alcatraz.it)


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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda flaviomob il 16/04/2016, 8:27

D.P.R. 361/1957 - Art. 98: "Il pubblico ufficiale, chiunque investito di un pubblico potere o funzione si adopera a costringere gli elettori o ad indurli all'astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni"
Legge 25 maggio 1970, n. 352. - Art. 51: "Le sanzioni previste dagli articoli 96, 97 e 98 del suddetto testo unico si applicano anche quando i fatti negli articoli stessi contemplati riguardino astensioni di voto relativamente ai referendum".


*****
Dal Sole24Ore:

Trivelle sì, trivelle no? Facciamo due conti

scritto da Enrico Verga il 14 Aprile 2016

Di norma non mi appassiono alle questioni italiane, specie se parliamo di politica. Ma questo referendum sulle trivelle, toccando tematiche di materie prime e geopolitica ha attratto la mia attenzione. Votare Sì o votare No è faccenda piuttosto complessa. Il focus del dibattito è di solito sul tema ambientale o dei posti di lavoro. Io ho pensato di fare due conti. Andiamo banalmente a vedere chi ci perde e chi ci guadagna e vediamo se riesco a farmi (e offrirvi) un’idea.

Sfruttamento delle risorse sul territorio italiano implica che le aziende paghino un “affitto” allo Stato. Il termine in gergo è royalty, ovvero un prelievo diretto alla “fonte” (il contatore sta allacciato al “tubo” del gas o petrolio che vien fuori dalle piattaforme). In soldoni, se arriva una compagnia che estrae gas o petrolio in Italia, approvato il progetto, per ogni 100 euro di gas estratto (o petrolio) la società estrattiva andrà a pagare il 10% (o il 7% se petrolio) allo Stato (i numeri si riferiscono alle attività offshore). Fin qui nulla di complesso. Essendo gli impianti di estrazione costosi nella loro creazione, attivazione e messa in opera, ogni Stato prevede una sorta di sconto (chiamata franchigia). Per esempio se tu petroliere estrai 50.000 barili di petrolio, avendo sostenuto dei costi per la creazione del pozzo, ti farò una sorta di sconto. Poniamo fino a 50.000 barili all’anno, per l’installazione, non te li faccio pagare. Perché devi rientrare del tuo costo. Dal 50.001 esimo barile mi pagherai il 7% o 10% del valore di mercato del prodotto.

Fin qui lo stato dell’arte. Ora cominciamo a far i conti.

L’Italia, si sa, non ha una grande abbondanza di idrocarburi. Certo come riporta sul suo blog il capo della comunicazione di Eni, Marco Bardazzi, nel panorama italiano le riserve hanno una loro rispettabilità, anche se sullo scenario mondiale non siamo certo ricchi. Ora facciamo un paragone molto elementare. Se io sono un padre di famiglia (esempio associabile a un primo ministro) e ho un singolo appartamento, logica vuole che lo affitti al prezzo più alto possibile (compatibilmente con i prezzi di mercato), valorizzandolo al massimo. Con i soldi guadagnati ci pagherò, per esempio, le spese di famiglia dando qualcosa ai figli (che studiano, che son disoccupati, scegliete voi).

Un padre di famiglia che invece si chiama Al Maktoum (e magari non abita in Italia ma, poniamo, nella penisola araba) se ha 2000 appartamenti può concedersi il lusso di affittarli a prezzi più modesti: giocando sulla quantità li affitterà prima. Sarebbe, a mio modesto avviso, follia, se il padre di famiglia con il singolo appartamento lo affittasse a prezzi bassi. Sarebbe controproducente e porterebbe meno soldi in famiglia. Curioso notare come, dati alla mano di una analisi di Ernst & Young, l’Italia sia tra le nazioni con le royalty più basse nel mondo. Cioè, già non abbiamo molte risorse energetiche (in proporzione al mondo) e in più le svendiamo? Sono un poco perplesso da questa strategia che dovrebbe “incentivare le estrazioni di risorse scarse”.

Ora, affrontiamo il tema franchigia. È un dato di fatto che molte piattaforme estrattive restino sotto le quote di franchigia. Non ci vuole un genio con Mba ad Harvard per capire che se tu compagnia energetica resti sotto franchigia non pagherai le royalty (pur basse) allo Stato.

Votando Sì al referendum gli italiani otterrebbero limiti temporali per le concessioni definiti (in pochi anni). Quindi, banalmente, le compagnie energetiche dovrebbero (si suppone) estrarre più prodotto possibile entro i termini previsti. Sfondando le quote di franchigia e quindi pagando più royalty. Il tutto a vantaggio della comunità locale e nazionale.

Sembra chiaro (ma non voglio influenzare nessuno) che votare Sì andrebbe a vantaggio dell’Italia. Ma restano due temi che comunque, nel caso si voti Sì, è doveroso menzionare. Il primo è squisitamente economico privatistico. Votando Si possono aver luogo due eventi. Il primo è molto semplice: se obblighi le aziende a estrarre più velocemente i loro piani economici saranno sballati. Seconda cosa, da non dimenticare: in pratica scatterà l’obbligo di smantellare le piattaforme non più operative (che a leggere i dati del ministero dello Sviluppo economico sono un discreto numero). Queste piattaforme una volta smantellate non hanno valore commerciale, sono semplicemente obsolete, dei giganteschi rottami. Tutte queste spese saranno ascritte nei bilanci delle società energetiche che si ritroveranno, con la congiuntura del petrolio a prezzi bassi, ad ingoiare un bel boccone amaro. Questo scenario spingerà le aziende energetiche fossili a investire di più in Italia? Non credo.

L’altra questione è politica. Ho come la percezione che l’attuale governo abbia tentato il colpo gobbo. Con la legge di stabilità si è deciso che era lo Stato a imporre dove come quando (e perché) aprire nuovi siti estrattivi distribuendo licenze. Le royalty in sé invece verranno convogliate, salvo pochi spiccioli, nelle casse centrali, lasciando poco o nulla alle regioni. Non è un caso che questo referendum sia stato promosso dalle Regioni stesse. I governatori regionali (per lo più di area PD) si sono ribellati al loro stesso partito? No, semplicemente si parla di soldi.

Se io governatore regionale devo farmi rieleggere e mi presento al mio elettore con un piano industriale estrattivo “imposto”, da cui però non porto a casa soldi (non molti almeno) per compensare il “chiamiamolo” fastidio di avere siti complessi sul mio territorio, cosa ne guadagno? Gli elettori, oltre che darmi dell’incapace, non mi voteranno. Una soluzione differente e forse efficace sarebbe stata se si fosse optato per una minor tassazione (che comunque incide) e un più alto tasso di royalty che potevano essere retrocesse alle regioni (auspicando che tali soldi fossero usati a beneficio della collettività locale, si intende). Ma cosi non accade.

Quindi l’attuale referendum (detto per inciso: è cosa alquanto inusitata che un premier suggerisca di non esercitare il democratico diritto al voto, il presidente della Corte costituzionale ha invitato a farlo, invece) avrà due esiti: vince il Sì (sempre che si raggiunga il quorum) e ci saranno più soldi per lo Stato (magari se si alzassero le royalty non sarebbe male). In compenso si arrabbieranno le compagnie energetiche. Se non si raggiunge il quorum o vince il No il premier si inimicherà comunque una parte del suo elettorato di sinistra (avverso al “padrone capitalista” facilmente identificabile nelle multinazionali energetiche).

Io ho già in mente come voterò ma mi pongo la domanda: far le cose fatte meglio la prossima volta sarebbe possibile?

http://www.econopoly.ilsole24ore.com/20 ... fresh_ce=1

Insomma, la solita Italia (anche di Renzi): poche royalties, tante tangenti


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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda flaviomob il 16/04/2016, 13:54

Una domanda: se la questione referendaria è così "velleitaria e di sinistra", come mai anche la regione Veneto ha aderito alla proposta di referendum?


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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda pianogrande il 16/04/2016, 14:08

flaviomob ha scritto:Una domanda: se la questione referendaria è così "velleitaria e di sinistra", come mai anche la regione Veneto ha aderito alla proposta di referendum?

Perché è anche una lotta di poteri decisionali tra lo stato e le regioni.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda franz il 16/04/2016, 14:19

pianogrande ha scritto:
flaviomob ha scritto:Una domanda: se la questione referendaria è così "velleitaria e di sinistra", come mai anche la regione Veneto ha aderito alla proposta di referendum?

Perché è anche una lotta di poteri decisionali tra lo stato e le regioni.

Corretto. Regioni di destra e di sinistra, unite nel fronte populista.

Io comunque già ho votato. Non sono andato al mare.
Nessuno me lo ha consigliato ma anche se fosse preferisco votare che non votare.
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda ranvit il 16/04/2016, 14:43

http://www.huffingtonpost.it/erasmo-dan ... _ref=italy

Care Regioni, altro che trivelle, l'inquinamento del mare è colpa vostra


............riporto solo il finale dell'articolo.....

Quale livello di copertura del servizio di depurazione hanno, ad esempio, le Regioni anti-trivelle? Istat 2012 elenca: Basilicata 62.6%, Calabria 51.6, Campania 58.6, Liguria 60.9, Marche 49, Puglia 66.3, Sardegna 61.4, Veneto 48.8 e Molise 63.1.

E non certo per mancanza di soldi. Il flusso di fondi europei e nazionali per restituire fiumi e mare alla loro naturalità sono rimasti bloccati da incuria e inefficienze e disinteresse. E' una vera cascata di soldi quella dei finanziamenti non spesi negli ultimi 15 anni. Solo nel biennio 2011-12, con 3 Delibere CIPE lo Stato ha finanziato a fondo perduto infrastrutture idriche per 2,5 miliardi di euro nelle regioni del Sud (62/2011 per 695 milioni, 87/2012 per 121 milioni e 60/2012 per 1,6 miliardi). Un paccone regalo, e fuori tariffa. Cosa hanno fatto anziché accelerare la depurazione da Napoli a Palermo? Neppure l'hanno aperto il regalo del Governo. Solo in Puglia e oggi in Calabria e tra un po' in Campania vediamo i cantieri. Lo Stato centrale? Guardava col cannocchiale da lontano, ma senza intervenire, un mare insozzato da scarichi fognari ma chissà perché dimenticato dagli ultimi due referendum.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda flaviomob il 16/04/2016, 15:28

Due torti non fanno una ragione. Se le regioni difettano sul piano della depurazione delle acque (ma non è competenza dei comuni?) non per questo hanno torto a chiedere una modifica sulla norma riguardante le trivellazioni.


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Re: Un referendum di cui non si parla

Messaggioda franz il 16/04/2016, 16:11

flaviomob ha scritto:Due torti non fanno una ragione. Se le regioni difettano sul piano della depurazione delle acque (ma non è competenza dei comuni?) non per questo hanno torto a chiedere una modifica sulla norma riguardante le trivellazioni.

Appunto. Lo sblocca Italia assegna la competenza in tema trivellazioni allo stato centrale, togliendolo alle regioni. Se la produzione energetica nazionale è considerabile come strategica, io sono tutto sommato d'accordo.
Le competenze/materie strategiche devono essere assegnate al livello centrale.
Che i comuni pensino, da soli o in consorzio, ai depuratori.
Che le provincie pensino alle aree piu' vaste e le regioni all'indirizzo e la normativa di riferimento locale.

Poi ogni giurisdizione decide per le trivellazioni nel SUO territorio. E questo è tutto sommato ragionevole, se non inficiato da argomenti di pubblica utilità che la sinistra quando fa comodo apprezza al 1000%.

Ma qui si tratta di una decisione nazionale, valida per tutto il territorio.
Regioni in deficit interno sul fronte dei depuratori non hanno cero le carte in regola per insegnare agli altri gatti come arrampicarsi.
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