da franz il 01/03/2016, 8:37
Perle ai porci e monetine agli sciocchi. Ovvero, che cosa l’economia non è. / II
Franco Cazzaniga·Venerdì 26 febbraio 2016
Proseguendo nella passeggiata ideale iniziata ieri, supponiamo di recarci a comprare del pane dopo essere usciti dal bar: il panettiere infila il suo prodotto in un sacchetto, paghiamo e usciamo dal negozio. Adesso fermiamoci un attimo per farci una domanda: che cosa abbiamo acquistato? La prima risposta che ci viene in mente è “del pane”, ma siamo proprio sicuri che sia proprio il pezzo di pane la cosa per cui abbiamo pagato il panettiere?
In molti manuali di economia il primo personaggio che si incontra è spesso Robinson Crusoe. Non perché vengano venduti con un coupon per un viaggio gratuito in un’isoletta sperduta nei Caraibi, ma perché Robinson da solo nella sua isola (Venerdì non è ancora comparso) è il primo esempio che viene proposto di attività “economica”. Se siete attenti vi siete accorti che ho messo il termine “economica” fra virgolette, e non lo ho fatto per caso. Nel pensiero comune produzione e scambio sono entrambe attività economiche, e, in un certo senso, questo è vero.
Se però andiamo a guardare la faccenda più da vicino, ci accorgiamo che produzione e scambio sono attività molto diverse. La prima è in un certo senso “autistica”. Robinson organizza il proprio tempo fra pesca, riposo e coltivazione di ortaggi, e lo fa ottimizzando la propria utilità, qualunque cosa essa sia, ma questo tipo di attività viene fatto sia pure in modo meno sofisticato da qualunque animale. Anche un bovino divide il proprio tempo fra il pascolare, il ruminare, il dormire e il guardare l’erba crescere. Dobbiamo per questo considerarlo un soggetto economico? Ovviamente no, eppure il nostro Robinson potrebbe coltivarsi un po’ di grano, macinarlo, impastare la farina e cuocersi il pane da sé. Qual è la differenza fra il suo pane e quello da noi acquistato dal panettiere? Fino a qui c’è qualche differenza fra Robinson e un ruminante?
La risposta sta nel fatto che quello che abbiamo ricevuto dal panettiere, o, meglio, quello che gli abbiamo pagato, non è il pane in sé, ma il servizio che ci ha fornito nel produrlo.
Questa nozione riecheggia un po’ l’idea, risalente a Ricardo e a Marx, che il “valore” di una merce sia in un certo senso proporzionale al lavoro speso per produrla. Se però pensate che questa sia la soluzione al dilemma del valore siete fuori strada perché il prezzo a cui siete disposti pagare il pane non dipende da quanto lavoro il panettiere abbia impiegato per impastarlo e cuocerlo, ma da quanto voi valutate la soddisfazione (ovvero l’utilità) che proverete nel mangiarlo. Qui sta un altro paradosso dell’economia: lo scambio è l’incontro - magico - di due autismi che si coordinano solo in base all’utilità che ne scaturisce, e l’oggetto dello scambio, ridotto alla sua essenza, è la fornitura di un servizio. Il resto, cioè l’aspetto materiale, è importante, ma il rapporto fra il mondo fisico e quello economico lo si capisce meglio al ristorante: quando ordinate un pesce alla griglia (giusto per stare sul semplice e leggero) la materia è il pesce, mentre l’economia è il cuoco che lo cucina e il cameriere che lo serve in tavola.
Proviamo ora a tornare alla moneta: finora l’ho lasciata un po’ da parte assieme al suo corollario naturale, il profitto. Qui cominciamo ad entrare in acque non perfettamente cartografate, e ci avviciniamo anche alle tempeste ideologiche che agitano il dibattito
Del profitto, in realtà, abbiamo già parlato. In finanza il profitto remunera il rischio. In economia, invece, remunera i servizi resi. Come nel caso del panettiere che cuoce il pane, ma - attenzione! - il profitto contiene sempre una componente di remunerazione del rischio: chi produce non sa a priori se venderà e a quale prezzo potrà farlo.
Anche la moneta è per molti versi un paradosso. Gli ingenui (gli sciocchi del titolo del post) la trattano come se fosse una “cosa”, ma nella prima puntata abbiamo visto che questo è lungi dall’essere vero.
Se consultate un manuale scoprirete che la moneta vi è descritta da tre funzioni.
In primo luogo è che costituisce un numerario, cioè un’unità di misura del “valore”, parolina magica dal significato incerto. In secondo luogo la moneta serve come mezzo di scambio, cioè come circolante che permette gli scambi, in terzo luogo, si dice, la moneta serve come deposito di valore. Questa apparentemente ragionevole ed ovvia definizione nasconde però al proprio interno diverse insidie.
Purtroppo, come si conviene ad ogni soap opera appena appena intrigante, la puntata non può finire che sul più bello, cioè, qui. Stay tuned!
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)