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(...) Ovvero cosa l'economia non è

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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda ranvit il 29/02/2016, 15:42

:D :D :D
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda franz il 29/02/2016, 15:55

trilogy ha scritto:Scusa franz ma stiamo ricicciando con l'organicismo? L'economia è un fenomeno sociale, culturale, non un fenomeno naturale. Cosi torniamo indietro di due secoli.

Non necessariamente. Un albero di alto fusto, per esempio, è dotato di una struttura lignea e di contrafforti alla base che sono perfettamente comprensibili sulla base di ragionamenti economici (impiego di materiale rispetto al costo di costruzione/gestione dello stesso). Ogni essere vivente (individuo) è frutto di una "economicità" messa poi alla prova, selezionata dall'ambiente. Ogni essere impiega risorse e non deve sprecarle. Tu vedi esseri viventi non umani che vivono in disarmonia economica? Noi esseri umani non siamo tanto diversi. Abbiamo "solo" (ma è stata una grande rivoluzione, per cui il solo è virgolettato) aggiunto la dimensione culturale a quella genetica. Il che ha accelerato i tempi ma ha anche introdotto possibili distorsioni. Noi in effetti possiamo, sfruttando le cosiddette "esternalità" anche fare scelte diseconomiche. Come bruciare idrocarburi, per esempio. Un animale non puo'. E noi da li' partiamo.
Ma un animale è soggetto a leggi economiche. Molto piu' di noi. Quindi l'economia è alla base un po' di tutta la vita, pur sotto nomi diversi.

L'economia non è solo un fenomeno culturale, Anche se in realtà la chiamiamo diversamente (ecologia) è di base un fenomeno naturale, con uno strato recente culturale. Non facciamoci pero' ingannare da "come chiamiamo le cose".
Uno dei difetti di questo articolo, come si vede anche dopo nelle puntate II e III, è di insistere sull'economia solo come fenomeno di scambio monetario tra esseri diversi, dimenticando che prima di arrivare a questo c'è una base comune a tutti gli esseri viventi. In realtà secondo me l'articolo parla di economia monetaria, non di economia in quanto tale.

E non credo sia solo una questione nominalistica (di come chiamiamo le cose) ma di come funzionano in realtà le cose.
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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda trilogy il 29/02/2016, 21:02

franz ha scritto: [..]L'economia non è solo un fenomeno culturale, Anche se in realtà la chiamiamo diversamente (ecologia) è di base un fenomeno naturale, con uno strato recente culturale. Non facciamoci pero' ingannare da "come chiamiamo le cose".
Uno dei difetti di questo articolo, come si vede anche dopo nelle puntate II e III, è di insistere sull'economia solo come fenomeno di scambio monetario tra esseri diversi, dimenticando che prima di arrivare a questo c'è una base comune a tutti gli esseri viventi. In realtà secondo me l'articolo parla di economia monetaria, non di economia in quanto tale.

E non credo sia solo una questione nominalistica (di come chiamiamo le cose) ma di come funzionano in realtà le cose.


La penso diversamente, certi modelli di rappresentazione dell'economia e della società hanno prodotto molti danni nel passato, oltre a non produrre nulla in termini di maggiore comprensione dei fenomeni economici. Penso ci siano economisti più interessanti di quello.

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Art.1 La Nazione italiana è un organismo avente fini, vita, mezzi di azione superiori per potenza e durata a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono. E una unità morale, politica ed economica, che si realizza integralmente nello Stato fascista.
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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda franz il 29/02/2016, 21:17

trilogy ha scritto:La penso diversamente, certi modelli di rappresentazione dell'economia e della società hanno prodotto molti danni nel passato, oltre a non produrre nulla in termini di maggiore comprensione dei fenomeni economici.

Quindi siccome nel passato tanti hanno fatto cazzate e si sono bruciati attorno a fuoco, oggi dobbiamo vivere nell'oscurità?
Da, su, cerchiamo di essere concreti e di usare la testa, non la paura che deriva dagli errori del passato (pur sempre una cosa da tener presente, senza paranoie).
I modelli poi, fin tanto che ne parliamo, non fanno danni.
Li fanno quando vengono usati ma non in fase di discussione su un forum. ;)
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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda trilogy il 29/02/2016, 21:33

figurati... il tema è tornato di moda, io non condivido questo modello di analisi, e stavo "litigando" ieri con degli amici francesi in merito al titolo di un convegno... Ma sono dei teorici troppo preparati... non ho scampo :mrgreen:

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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda mariok il 29/02/2016, 22:34

Quindi siccome nel passato tanti hanno fatto cazzate e si sono bruciati attorno a fuoco, oggi dobbiamo vivere nell'oscurità?
Secondo questo ragionamento, il fatto che il socialismo reale è fallito non dimostrerebbe l'impossibilità di costruire società collettiviste.

Io penso che al contrario le esperienze del passato contano e come. Forse sono l'unico riferimento per capirci qualcosa in una realtà che si rivela sempre molto più complessa di qualunque modello.

A me sembra che il punto sia se è vero o no che l'economia di mercato da sola abbia la capacità di ritrovare sempre il suo equilibrio.

Sappiamo che è materia di discussione e talvolta di scontro da più di un secolo. Confesso di non avere le conoscenze sufficienti (e probabilmente nemmeno l'interesse) a schierarmi da una parte o dall'altra.

Ciò che mi basta è sapere che un mercato ideale (senza uno stato che sia intervenuto in vari modi condizionandone e limitandone la libertà) non si è mai visto. Manca quindi una conferma sperimentale della sua capacità di autoregolarsi. Ed è ragionevole ritenere che mai ci sarà.
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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda franz il 01/03/2016, 8:35

mariok ha scritto:Quindi siccome nel passato tanti hanno fatto cazzate e si sono bruciati attorno a fuoco, oggi dobbiamo vivere nell'oscurità?
Secondo questo ragionamento, il fatto che il socialismo reale è fallito non dimostrerebbe l'impossibilità di costruire società collettiviste.

Certo, ma non è nemmeno detto che perché in passato qualcuno non è riuscito a fare qualche cosa (per esempio a volare, come Icaro) allora la cosa sia impossibile. Ed infatti oggi voliamo.

La mia obiezione poi al post di Trilogy era tesa pero' a chiarire un altro aspetto.
Io sostengo una certa teoria (A) e qualcuno dice che in realtà si tratta di "organicismo". Ora io non lo conosco, questo organicismo, e leggendo una breve scheda non mi riconosco, nel senso che non riconosco la mia tesi (A) con quelle organiciste. Non posso contestare quello che non conosco ma posso dire a chi critica teorie di secoli fa (tra l'altro di tipo metaforico, se capisco bene) che non è detto che solo per questo una teoria sia sbagliata. Il socialismo mi pare cosa diversa. Non era certo una teoria metaforica. Voleva essere "sciantifico". Per realizzarlo ci sono stati milioni di morti. :cry:

Tornando al tema, ora introduco qui sotto la puntata numero due
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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda franz il 01/03/2016, 8:37

Perle ai porci e monetine agli sciocchi. Ovvero, che cosa l’economia non è. / II
Franco Cazzaniga·Venerdì 26 febbraio 2016

Proseguendo nella passeggiata ideale iniziata ieri, supponiamo di recarci a comprare del pane dopo essere usciti dal bar: il panettiere infila il suo prodotto in un sacchetto, paghiamo e usciamo dal negozio. Adesso fermiamoci un attimo per farci una domanda: che cosa abbiamo acquistato? La prima risposta che ci viene in mente è “del pane”, ma siamo proprio sicuri che sia proprio il pezzo di pane la cosa per cui abbiamo pagato il panettiere?

In molti manuali di economia il primo personaggio che si incontra è spesso Robinson Crusoe. Non perché vengano venduti con un coupon per un viaggio gratuito in un’isoletta sperduta nei Caraibi, ma perché Robinson da solo nella sua isola (Venerdì non è ancora comparso) è il primo esempio che viene proposto di attività “economica”. Se siete attenti vi siete accorti che ho messo il termine “economica” fra virgolette, e non lo ho fatto per caso. Nel pensiero comune produzione e scambio sono entrambe attività economiche, e, in un certo senso, questo è vero.

Se però andiamo a guardare la faccenda più da vicino, ci accorgiamo che produzione e scambio sono attività molto diverse. La prima è in un certo senso “autistica”. Robinson organizza il proprio tempo fra pesca, riposo e coltivazione di ortaggi, e lo fa ottimizzando la propria utilità, qualunque cosa essa sia, ma questo tipo di attività viene fatto sia pure in modo meno sofisticato da qualunque animale. Anche un bovino divide il proprio tempo fra il pascolare, il ruminare, il dormire e il guardare l’erba crescere. Dobbiamo per questo considerarlo un soggetto economico? Ovviamente no, eppure il nostro Robinson potrebbe coltivarsi un po’ di grano, macinarlo, impastare la farina e cuocersi il pane da sé. Qual è la differenza fra il suo pane e quello da noi acquistato dal panettiere? Fino a qui c’è qualche differenza fra Robinson e un ruminante?

La risposta sta nel fatto che quello che abbiamo ricevuto dal panettiere, o, meglio, quello che gli abbiamo pagato, non è il pane in sé, ma il servizio che ci ha fornito nel produrlo.
Questa nozione riecheggia un po’ l’idea, risalente a Ricardo e a Marx, che il “valore” di una merce sia in un certo senso proporzionale al lavoro speso per produrla. Se però pensate che questa sia la soluzione al dilemma del valore siete fuori strada perché il prezzo a cui siete disposti pagare il pane non dipende da quanto lavoro il panettiere abbia impiegato per impastarlo e cuocerlo, ma da quanto voi valutate la soddisfazione (ovvero l’utilità) che proverete nel mangiarlo. Qui sta un altro paradosso dell’economia: lo scambio è l’incontro - magico - di due autismi che si coordinano solo in base all’utilità che ne scaturisce, e l’oggetto dello scambio, ridotto alla sua essenza, è la fornitura di un servizio. Il resto, cioè l’aspetto materiale, è importante, ma il rapporto fra il mondo fisico e quello economico lo si capisce meglio al ristorante: quando ordinate un pesce alla griglia (giusto per stare sul semplice e leggero) la materia è il pesce, mentre l’economia è il cuoco che lo cucina e il cameriere che lo serve in tavola.

Proviamo ora a tornare alla moneta: finora l’ho lasciata un po’ da parte assieme al suo corollario naturale, il profitto. Qui cominciamo ad entrare in acque non perfettamente cartografate, e ci avviciniamo anche alle tempeste ideologiche che agitano il dibattito
Del profitto, in realtà, abbiamo già parlato. In finanza il profitto remunera il rischio. In economia, invece, remunera i servizi resi. Come nel caso del panettiere che cuoce il pane, ma - attenzione! - il profitto contiene sempre una componente di remunerazione del rischio: chi produce non sa a priori se venderà e a quale prezzo potrà farlo.

Anche la moneta è per molti versi un paradosso. Gli ingenui (gli sciocchi del titolo del post) la trattano come se fosse una “cosa”, ma nella prima puntata abbiamo visto che questo è lungi dall’essere vero.
Se consultate un manuale scoprirete che la moneta vi è descritta da tre funzioni.

In primo luogo è che costituisce un numerario, cioè un’unità di misura del “valore”, parolina magica dal significato incerto. In secondo luogo la moneta serve come mezzo di scambio, cioè come circolante che permette gli scambi, in terzo luogo, si dice, la moneta serve come deposito di valore. Questa apparentemente ragionevole ed ovvia definizione nasconde però al proprio interno diverse insidie.
Purtroppo, come si conviene ad ogni soap opera appena appena intrigante, la puntata non può finire che sul più bello, cioè, qui. Stay tuned!
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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda franz il 02/03/2016, 8:16

C'è qualche cosa in questo racconto che non mi convince del tutto.
Non che sia sbagliato, anzi, ma mi pare che ci sia un salto logico, che dimentica qualche cosa che sta alla base.
Il robinson di cui si parla viene impostato come "non economicus" solo perché non è in relazione di scambio con altri ma anche da soli, anche il ruminante o il predatore, lo siamo tutti. Siamo in relazione di scambio con l'ambiente.
Abbiamo delle risorse da sfruttare (mangiando) e delle azioni da fare. E lo scambio deve essere positivo.
Un predatore per esempio non puo' spendere piu' energia per cacciare di quanto ne ricaverà dalla preda.

La prima volta che ho riflettuto sul concetto di "economia" è stato osservando mia suocera, ormai già anziana, che viveva da sola in una casa in collina. La vedevo spesso portare in giro per il cortile oggetti presi da casa, mollarli su una panchina, andarsene e dopo mezzora riprendere l'oggetto per portarlo poi nel posto finale. In pratica aveva ottimizzato l'utilità (le serviva l'annaffiatoio) con lo sforzo (prima lo porto a metà strada, poi faccio altre cose, poi lo porto dove mi serve). Anche questa è economia. Forse la base stessa dell'economia. Perché se non faccio le cose "in economia" poi non potro' nemmeno scambiarle. Il panettiere che facesse il pane in modo diseconomico cercherebbe di venderlo ad un prezzo troppo alto rispetto a quanto lo puo' comprare il cliente. Non si instaura un'economia di scambio e monetaria se quanto facciamo, produciamo è fatto sprecando risorse. Quindi c'è prima un concetto di economia intesa come oculata gestione delle risorse per fare qualche cosa e poi un concetto di economia intesa come scambio di queste cose fatte. Chiaramente si verifica una competizione ed una selezione che spinge tutti (intendo anche tutti gli esseri viventi) ad impiegare il minimo di risorse per raggiungere un determinato scopo. Perché chi ce la fa meglio ha un vantaggio. Possiamo dire un "profitto", dato che potrà impiegarlo per ottenere altri scopi.

PS: trilogy, a me questo non sembra organicismo.
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Re: (...) Ovvero cosa l'economia non è

Messaggioda mariok il 02/03/2016, 11:17

C'è qualche cosa in questo racconto che non mi convince del tutto.

A me c'è molto più di qualcosa che non convince.
Ed è l'assunto di base.

Quindi c'è prima un concetto di economia intesa come oculata gestione delle risorse per fare qualche cosa e poi un concetto di economia intesa come scambio di queste cose fatte. Chiaramente si verifica una competizione ed una selezione che spinge tutti (intendo anche tutti gli esseri viventi) ad impiegare il minimo di risorse per raggiungere un determinato scopo. Perché chi ce la fa meglio ha un vantaggio.


Sarebbe troppo facile domandare: ma in quale mondo tutto ciò accade? Ma allora da dove vengono gli sprechi e la vera e propria dilapidazione di risorse alla quale assistiamo?

So bene la risposta: ciò avviene perché ci sono gli stati, l'economia ed i suoi meccanismi razionali, lasciati liberi di operare secondo i suoi principi, va spontaneamente in tutt'altra direzione.

Mi sembra un approccio un po' "intellettualmente" sospetto, ogni volta che si sperimenta un fenomeno in contraddizione con il proprio modello teorico, attribuirne le cause a fattori "esterni".

PS: trilogy, a me questo non sembra organicismo.


Concordo, a me sembra marginalismo.

"La teoria del valore sostenuta dai marginalisti è fondata su fattori esclusivamente soggettivi, basati su calcoli di convenienza dei singoli individui: il valore di un prodotto è definito sulla base "dell'importanza che il consumatore attribuisce al prodotto stesso" e cioè, più il prodotto è desiderato, più è capace di soddisfare un bisogno e più vale."[/u
https://it.wikipedia.org/wiki/Marginalismo

La scuola neoclassica o marginalista si concentra soprattutto nello [u]studio dell'allocazione efficiente delle risorse all'interno di un mercato a concorrenza perfetta e cioè all'interno di un mercato in cui vi è un'ottima diffusione di informazioni (necessarie affinché gli operatori decidano in modo consapevole); i fattori produttivi hanno la caratteristica della mobilità, nel senso che possono essere facilmente spostati; il mercato è caratterizzato dalla presenza di un elevato numero sia di venditori che di compratori in modo tale da evitare situazioni di oligopolio e monopolio.


La validità delle teorie è legata alle condizioni, le quali essendo caratterizzate da una bassa probabilità di realizzazione concreta, rendono la teoria valida a livello astratto e quindi poco applicabile alla realtà. Infatti le teorie sono tanto più vicine alla realtà, cioè sono in grado di spiegare fenomeni concreti, tanto più le condizioni sono verificabili nel concreto.

Ma non è solo questo che non mi convince, cioè la scarsa applicabilità nel concreto.

Ci sono anche delle lacune sul piano teorico su cui mi riprometto di tornare, didponibilità di tempo permettendo.
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