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I prossimi 60 anni saranno duri, ma il futuro sarà brillante

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: I prossimi 60 anni saranno duri, ma il futuro sarà brill

Messaggioda pianogrande il 03/08/2015, 22:34

Be', grazie Franz.
Mi hai sicuramente ridimensionato il problema.
Bastava rifletterci un po'.
Di carta che rappresenti un valore reale ce ne può essere molta di più dell'equivalente del PIL mondiale perché il patrimonio mondiale (passami il termine dilettantesco) è molto più alto del PIL.

Ricolloco quindi la speculazione nella casella guadagnare soldi senza aver prodotto nulla e scandalizzandomi solo per l'aspetto morale e per la sottrazione di risorse alle attività produttive.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: I prossimi 60 anni saranno duri, ma il futuro sarà brill

Messaggioda trilogy il 04/08/2015, 8:30

mariok ha scritto:
Sta di fatto che l'Italia è un paese dove si investe poco in ricerca e sviluppo. Ed un'analisi abbastanza precisa sulle cause di questa caratteristica del nostro capitalismo non l'ho mai vista, se non i soliti generici riferimenti alla pressione fiscale, che è certamente un problema ma non tale da giustificare da sola il divario che registriamo rispetto ai paesi del nord-europa, ed alla necessità di riforme "strutturali"...


Dipende da alcuni fattori strutturali, oltre che dalla pressione fiscale.

Se prendi la spesa in ricerca e sviluppo sul PIL l’Italia è attorno all’1,30%, nei principali paesi concorrenti la spesa è tra il 2,5% - 3%. Cioè spendiamo all’incirca la metà dei principali paesi concorrenti.
Se scomponi questa spesa sul PIL tra pubblico e privato, fatta 100 la spesa complessiva di ogni paese vedi che il privato copre circa il 60% , il pubblico il 40%. In Italia invece il rapporto è pressoché invertito.

Quindi l’anomalia italiana ha due elementi: spesa complessiva bassa, il pubblico spende più dell’impresa.
Da cosa dipende questa situazione? Un primo fattore è la specializzazione produttiva. I settori industriali investono in maniera differente in Ricerca e Sviluppo. Chimica, Farmaceutica, Elettronica, Aerospazio, Biotecnologie, spendono mediamente molto. Abbigliamento, alimentare, servizi, spendono meno. Noi siamo specializzati in settori a bassa spesa in ricerca. Il farmaceutico l'abbiamo venduto all'estero, il nucleare chiuso, le biotecnologie hanno grosse limitazioni normative, l'elettronica di consumo praticamente non esiste, ecc.

Un secondo fattore importante sono le dimensioni delle imprese. Le grandi imprese spendono cifre elevate perché sostengono simultaneamente più programmi di ricerca e hanno progetti a lungo termine, le piccole imprese spendono meno, hanno progetti meno ambiziosi e più indirizzati al breve termine. Se guardi la spesa di R&S di paesi come la Svezia o la Finlandia, Corea del Sud ecc. la spesa è concentrata in pochissime grandi imprese. Un’eccezione è Israele che ha un sistema di ricerca e innovazione particolare. Le nostre grandi imprese sono pressochè scomparse.

Poi in Italia ci sono ostacoli strutturali che influiscono in particolare sulla capacità di innovazione, cioè sulla trasformazione dei risultati della Ricerca e Sviluppo in prodotti da vendere sul mercato.
Questi sono: La ricerca pubblica e quella privata, lavorano in modo separato, anche se c’è qualche cambiamento in atto. E’ frutto dell’idiozia culturale italiana per cui se un ricercatore pubblico lavora per l’industria inquina la purezza della scienza è asservito all’interesse del capitale. L’interesse della ricerca pubblica per il mercato e l’innovazione è a parte alcune importanti eccezioni pressochè inesistente.
Questa cultura ha avuto conseguenze gravi in quanto il paese ha pochi progetti congiunti pubblico/privato e una mobilità inesistente tra ricercatori provenienti da università e da centri di ricerca pubblici verso le imprese e viceversa. Questo aspetto ha indebolito la capacità d’innovazione delle imprese e di tutto il paese.

L'altro aspetto è che l'incentivazione pubblica è tutta orientata al sostegno dell'offerta: "lo Stato sostiene i progetti di ricerca"; manca completamente il sostegno alla domanda: "lo Stato acquista prodotti innovativi". Ad esempio lo Stato finanzia progetti sull'innovazione urbana, la salute digitale, il risparmio energetico ecc. Poi quando acquista i prodotti fa le gare d'appalto al massimo ribasso su prodotti e tecnologie consolidate. In pratica acquista roba vecchia. Questo castra l'innovazione e favorisce le imprese che investono meno in ricerca e sviluppo. Anche se le soluzioni innovative possono presentare vantaggi economici rilevanti di medio termine elevati. Ad esempio, se ristrutturassero gli ospedali con moderne soluzioni risparmio energetico, la riduzione dei costi a medio termine per la sanità sarebbe di centinaia di milioni di euro. Ad esempio, devi ristrutturare un policlinico. Invece di fare la gara d'appalto tra chi offre meno per la ristrutturazione, fai la gara tra chi offre la maggiore riduzione dei costi di ristrutturazione e di gestione con un orizzonte di 10 anni. Questo porta all'introduzione di tecnologie innovative.

Infine, per sostenere la Ricerca e Sviluppo ed ottenere risultati in termini di innovazione occorrono risorse certe nel tempo, tempestività nelle decisioni d’investimento, un sistema di valutazione competitivo e selettivo. Tre condizioni che in Italia mancano.
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Re: I prossimi 60 anni saranno duri, ma il futuro sarà brill

Messaggioda mariok il 04/08/2015, 17:43

grazie trilogy, ora le idee mi sono più chiare

nella tua precisa elencazione manca giustamente la pressione fiscale, infatti i paesi europei a più alta pressione fiscale (Danimarca, Svezia, Belgio, Francia, Austria) sono anche tra quelli in cui è più alta la percentuale di pil investita in ricerca e sviluppo

così sgombriamo il campo da un'altra leggenda metropolitana

quanto agli altri fattori:

1) specializzazione produttiva in settori a bassa spesa in ricerca
2) dimensioni delle imprese
3) scarsa collaborazione tra imprese e università
4) assenza di politiche di sostegno alla domanda
5) mancanza di certezza delle risorse nel tempo
6) bassa tempestività nelle decisioni
7) sistema di valutazione scarsamente competitivo e selettivo

noto che nessuno di essi è presente nelle agende dei governi presente, passati o futuri (possibili), a conferma del fatto che il dibattito politico-culturale in questo paese è completamente campato in aria

stiamo ad accapigliarci su statalismo vs liberismo, su rigore vs sviluppo, su euro sì euro no, senza alcun collegamento con la realtà, cioè senza mai indicare con chiarezza gli obbiettivi delle scelte politiche che ci vengono proposte e la loro attinenza con tali obbiettivi
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Re: I prossimi 60 anni saranno duri, ma il futuro sarà brill

Messaggioda franz il 05/08/2015, 8:57

mariok ha scritto:grazie trilogy, ora le idee mi sono più chiare

nella tua precisa elencazione manca giustamente la pressione fiscale, infatti i paesi europei a più alta pressione fiscale (Danimarca, Svezia, Belgio, Francia, Austria) sono anche tra quelli in cui è più alta la percentuale di pil investita in ricerca e sviluppo

così sgombriamo il campo da un'altra leggenda metropolitana

Naturalmente bisogna anche vedere come viene impiegata la pressione fiscale.
a) politiche clientelari, spese inutili, burocrazia inefficiente, sprechi, pensioni ai cinquantenni?
b) investimenti produttivi, ricerca etc?
Tra l'altro va considerato che non occorre avere un'elevata pressione fiscale per avere un buon finanziamento pubblico dell'innovazione.

Questa è la pressione fiscale: https://www.google.com/publicdata/explo ... &ind=false

Qiesta la graduatoria dei paesi piu' innovativi: http://www.eventreport.it/stories/merca ... __litalia/

Va anche detto che il settore privato e pubbllico possono fare ricerca ed innovazione solo se la scuola (pubblica) prepara adeguatamente gli studenti sul piano della formazione professionale.
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Re: I prossimi 60 anni saranno duri, ma il futuro sarà brill

Messaggioda mariok il 05/08/2015, 9:12

Io ci aggiungerei anche la chiusura del capitalismo italiano al cambiamento ed alla sua tendenza ad operare in settori protetti dove vale più la relazione (soprattutto con il potere politico) che la capacità di competere.

Così come c'è una cattiva politica, c'è anche un cattivo capitalismo che è anch'esso espressione delle "virtù" e dei vizi di un popolo.
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Re: I prossimi 60 anni saranno duri, ma il futuro sarà brill

Messaggioda trilogy il 06/08/2015, 17:04

mariok ha scritto:Io ci aggiungerei anche la chiusura del capitalismo italiano al cambiamento ed alla sua tendenza ad operare in settori protetti dove vale più la relazione (soprattutto con il potere politico) che la capacità di competere.

Così come c'è una cattiva politica, c'è anche un cattivo capitalismo che è anch'esso espressione delle "virtù" e dei vizi di un popolo.


Si qualunque settore è espressione dei vizi e delle virtù di un popolo. L'Italia è un paese culturalmente conservatore e ipocrita e il capitalismo non fa differenza.
Bisogna poi tenere presente che in Italia di principio qualunque cosa è potenzialmente proibita o comunque sospetta.
Quando fai innovazione ci si attendra in terreni sconosciuti e quindi ad alto rischio di generare sospetti di violare una qualche interpretazione normativa.
Quindi meglio restare su terreni vecchi dove c'è un orientamento interpretativo consolidato. In Italia non c'è certezza di nulla ma così facendo è meno rischioso che introdurre cose completamente nuove.
Poi ci sono delle altre condizioni di svantaggio. Ad esempio stiamo introducendo ora il cosiddetto "patent box", quando almeno una decina di paesi europei già lo hanno. Il meccanismo consente di pagare meno tasse su redditi da brevetti.
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