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Ed ora che ne facciamo delle province?

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Ed ora che ne facciamo delle province?

Messaggioda mariok il 15/01/2017, 11:26

Con la bocciatura della riforma costituzionale, le province restano in costituzione.

A questo punto che va fatto? Lasciarle languire, o rilanciarle dando loro un senso?

Intanto, pare che le aree metropolitane non funzionino: il sindaco della città capoluogo (essendo eletto dai cittadini del comune) dell'hinterland pare proprio non curarsi.

Patto per Napoli, sindaci Pd in rivolta
Sos a De Vincenti: “Noi esclusi” I Comuni metropolitani “sfiduciano” de Magistris
OTTAVIO LUCARELLI

I SINDACI Pd dell’area metropolitana chiedono al ministro per il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, di essere coinvolti nel tavolo del Patto per Napoli che si è riunito venerdì sera in prefettura. Sul tavolo 308 milioni già assegnati e da spendere rapidamente. Luigi de Magistris è presente al tavolo nella doppia veste di sindaco cittadino e metropolitano, ma di progetti per l’hinterland c’è traccia solo nell’altro patto, quello firmato dal presidente della Regione Vincenzo De Luca.
Da qui la protesta dei sindaci democratici lanciata da Vincenzo Figliolia. Il primo cittadino di Pozzuoli invia un appello al ministro De Vincenti che già da sottosegretario del governo Renzi ha costruito i patti assieme ai vertici di Regione e Città metropolitana.
«Faccio appello al ministro e al governatore Vincenzo De Luca - scrive Figliolia - a guardare Napoli nella sua grandezza di Città metropolitana. Siglare un Patto per Napoli deve poter significare il cambiamento di immagine dei Comuni che la rappresentano. Questo investimento è una grande opportunità di sviluppo per tutti i territori che abbiamo l’onere e l’onore di rappresentare in un momento difficile come quello che stiamo vivendo. Per questo invito il ministro al coinvolgimento dei sindaci dei comuni della Città metropolitana in nome della collaborazione istituzionale. Apprezzo lo sforzo messo in campo dal governo e per questo sono sicuro che la voce dei primi cittadini non resterà inascoltata ». Venerdì scorso in prefettura de Magistris ha puntato soprattutto sui progetti e i cantieri per la città a partire, oltre Bagnoli, dalla demolizione di un’altra Vela di Scampia entro giugno (operazione avviata addirittura ai tempi di Antonio Bassolino sindaco), dall’accelerazione dei lavori per le linee della metropolitana e dall’Albergo dei Poveri di piazza Carlo III fino alla raccolta differenziata dei rifiuti su cui ha puntato l’indice di nuovo anche il presidente De Luca sottolineando i ritardi dell’area urbana.
Nel Patto per Napoli nessuna traccia, invece, di interventi per l’area dell’hinterland. Progetti che spuntano, invece, nel Patto per la Campania siglato tra governo e Regione con un obiettivo di spesa di 9.5 miliardi di euro entro il 2020. Da qui la protesta dei sindaci Pd dell’area metropolitana tra i quali il segretario provinciale Venanzio Carpentieri (Melito), Antonio Carpino (Marigliano), Giuseppe Cirillo (Cardito), Marco Del Prete (Frattamaggiore), Luca Mascolo (Agerola), Antonio Pannullo (Castellammare di Stabia), Maria Rosaria Punzo (Villaricca), Luigi Sarnataro (Mugnano), Giuseppe Tito (Meta di Sorrento), Domenico Tuccillo (Afragola) e Giorgio Zinno (San Giorgio a Cremano).
«Ci auguriamo che il Patto per Napoli - scrivono i sindaci assuma nel più breve tempo possibile un respiro di dimensione metropolitana aprendo subito un dialogo intenso con il governo. Solo avviando un confronto anche con tutti i Comuni metropolitani, rispetto ai prossimi interventi da finanziare, potrà realizzarsi il potenziamento dei servizi, delle infrastrutture e delle risorse per tutta la comunità della provincia di Napoli anche oltre i confini del capoluogo. Riteniamo che questo rappresenti la modalità più vera con la quale potrà essere data attuazione al processo di riforma voluto dalla legge Delrio».
Numerose, invece, le opere per la provincia di Napoli contenute nel Patto per la Campania. Opere che vanno dall’area flegrea all’area vesuviana passando per l’area Nord con interventi per strade, ferrovie e risanamento ambientale. Dopo i tavoli per i rispettivi patti, che si sono sviluppati venerdì in prefettura, ora l’attenzione passa al prossimo incontro per Bagnoli voluto dal ministro De Vincenti per coinvolgere il Comune in un’operazione che vede de Magistris sempre contrario sulla scelta di commissariare l’area ex Italsider.
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Re: Ed ora che ne facciamo delle province?

Messaggioda Robyn il 15/01/2017, 13:30

Il problema è che la riforma del titolo V fatta dal csx aveva introdotto le città metropolitane senza abolire le province ecco che adesso ci ritroviamo un livello in più.Le città metropolitane sono meglio perche più piccole più vicine all'interland e alle esigenze del federalismo.Le città metropolitane adesso sono elette con un sistema di secondo livello ma fermo restando l'elezione di secondo livello bisogna far scegliere i rappresentanti ai cittadini nell'ambito del secondo livello,o anche elezione di primo livello.Le competenze e l'organico delle province vanno trasferite alle città metropolitane svuotando di fatto le province che rimangono un livello che semplicemente rappresenta solo il perimetro di più città metropolitane,senza alcuna indennità e competenze per chi le rappresenta.Poi bisogna incominciare a rovesciare il livello di tassazione.Il cittadino paga le tasse al comune che trattiene una parte e la parte restante và alla città metropolitana fino ad arrivare al centro passando per le regioni.Però questo meccanismo farebbe lievitare la burocrazia.Allora il cittadino paga le tasse al comune,alla città metropolitana,alla regione e al centro contemporaneamente.I costi con le città metropolitane non aumentano perche se prima il cittadino pagava X alla provincia pagherà sempre X alla città metropolitana o anche meno perche più piccola necessita cioè in relazione alla sua grandezza che è più piccola di meno risorse
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Re: Ed ora che ne facciamo delle province?

Messaggioda Robyn il 15/01/2017, 14:50

Per le città metropolitane è il sistema elettorale che non funziona.Il sindaco del comune capoluogo deve fare il sindaco del comune capoluogo.Il sindaco della città metropolitana deve essere un'altro.Per le città metropolitane è possibile un sistema di elezione di primo livello perche la città metropolitana non c'entra niente con la natura della camera delle regioni in cui non c'è più il rapporto fiduciario
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Re: Ed ora che ne facciamo delle province?

Messaggioda mariok il 15/01/2017, 17:58

Forse mi sbaglio, ma mi sembra che le uniche competenze di una certa rilevanza rimaste in capo alle province siano le strade provinciali e l'edilizia scolastica (limitatamente a scuole medie di primo e secondo livello).

La domanda a questo punto sorge spontanea: non è esagerata una sovrastruttura con tanto di consiglio, giunta, presidente e supporti amministrativi vari per gestire solo questo?

La democrazia ne esce rafforzata o non è solo uno spreco?

Tra i molti errori di Renzi, il più grave mi sembra quello di non aver spacchettato la riforma in modo da sottoporre a referendum separatamente le singole questioni riguardanti: cnel, regioni, province, senato.

Ora la frittata è fatta e non so proprio come se ne esca.
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Re: Ed ora che ne facciamo delle province?

Messaggioda Robyn il 15/01/2017, 20:40

I vari livelli servono a distribuire il potere ma quando i livelli si moltiplicano,si moltiplicano gli sprechi e la burocrazia.Si possono fare delle province più piccole facendole coincidere alle città metropolitane e restituire le competenze a queste città metropolitane che sono state trasferite alle regioni.Le città metropolitane servono soprattutto perche riescono a governare meglio l'interland cioè le periferie attualmente in stato di abbandono dove crescono microcriminalità esclusione sociale etc,e ricalcano meglio quella che è la particolarità locale tradizioni costumi esigenze di varia natura.In merito alle province queste possono rimanere belle statuine senza competenze e indennità e strutture collegate.Per tanto tempo la costituzione non è stata attuata per il federalismo per ex le province erano previste in costituzione ma non c'era una legge che le rendesse operative.Per quel che riguarda i conflitti tra i vari livelli la competenza concorrente le competenze esclusive la corte costituzionale ha fatto chiarezza sù quali sono le materie in cui lo stato fissa i criteri e i principi generali e i vari livelli legiferare stando dentro questo perimetro ,in breve bisogna prendere a riferimento quelle pronunce della corte costituzionale.La costituzione non stabilisce competenze definite per i vari livelli ma le competenze sono attribuite con legge dello stato.Quindi si possono trasferire le competenze alle città metropolitane.In breve la costituzione prevede le province ma queste possono benissimo non essere regolamentate cioè non esistere
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Re: Ed ora che ne facciamo delle province?

Messaggioda Robyn il 15/01/2017, 22:19

In Italia è possibile anche il referendum propositivo a costituzione invariata.Basta presentare contemporaneamente ad un referendum abrogativo di una legge o parte di essa un ddl di iniziativa popolare che modifica le parti abrogate.La differenza con il referendum propositivo allo stato puro è che questo abroga e fà entrare in vigore una legge alternativa senza passare per il parlamento.Il problema per la nostra costituzione rimane la mancanza del bicameralismo differenziato
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Re: Ed ora che ne facciamo delle province?

Messaggioda mariok il 17/01/2017, 0:53

Sul sito del liceo di mio figlio ho notato una comunicazione da parte del Settore edilizia della Provincia alla cooperativa che ha in gestione gli impianti di riscaldamento con la quale, a seguito delle "continue richieste da parte dei Dirigenti Scolastici, si chiede di programmare l'orario di accensione per tutte le scuole dalle ore 6:00 alle ore 13:00, escluso le palestre".

La comunicazione reca in calce la firma del "Responsabile del servizio" e del "Dirigente della sezione".

In altri termini, per modificare l'orario di accensione del riscaldamento in una scuola, il Dirigente Scolastico deve inoltrare una o più richieste alla sezione edilizia della provincia, la quale, a seguito di altre "continue richieste", da parte di altri Dirigenti Scolastici, ed all'apertura ed all'espletamento di una apposita pratica, comunica alla ditta l'orario di erogazione del riscaldamento.

Il tutto con il coinvolgimento (e si presume, l'approvazione) di due dirigenti.

Ora viene da chiedersi in quale azienda, organizzazione o famiglia, una tale procedura potrebbe mai funzionare.

Per inciso, in quel liceo, l'impianto di riscaldamento, per il quale da tempo evidentemente immemorabile non si fa manutenzione, è quasi inutile dal momento che gran parte dei radiatori sono fuori uso e che gli infissi delle aule pieni di "spifferi" causano enormi dispersioni di calore con l'immaginabile efficienza termica del sistema.

Ma se lo spostamento dell'orario di accensione e spegnimento comporta una procedura tanto complicata, figuriamoci quali probabilità ci sono di avviare i necessari lavori di riparazione e manutenzione.

Ma se questa è la realtà, discutere sul sistema di elezione dei consiglieri provinciali, mi sembra onestamente un modo per prenderci per i fondelli.

Questo è un paese che ha smarrito il buon senso ed è praticamente irriformabile.
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