Un "alter ego" per esprimere meglio il proprio pensiero
Inviato: 05/12/2009, 2:08
Molti autori si sono inventati un "alter ego" per poter discutere su concetti sociali e politici al fine di esprimere meglio il proprio pensiero.
Uno scrittore di Acri (Cosenza), Vincenzo Padula (25.3.1819 - 8.1.1893, un minore del secondo romanticismo italiano), nell’opera Il Bruzio, giornale politico-letterario, pubblicato a Cosenza ogni mercoledì e sabato dal 1 marzo 1864 al 28 luglio 1865, riportava le lettere (senza risposta) di una popolana cosentina, Mariuzza Sbriffiti, alle prese con i problemi di vita quotidiana, dopo l’Unità d’Italia.
Alla fine si scopre che Mariuzza Sbriffiti è un personaggio inventato di sana pianta dall’Autore per parlare dello stato della popolazione in Calabria.
Carlo Muscetta (*), nell’introduzione a Persone in Calabria di V. Padula, riferisce che Il Bruzio (ritenuta "Una battaglia liberale") "non era l’espressione di un gruppo politico, ma rappresentava principalmente le opinioni del suo direttore (Padula) che lo scriveva per intero … Nel manifesto del "Bruzio" squillavano sul bel principio le trombe del più assoluto fideismo illuminista nell’opinione e nel progresso…".
(*) http://archiviostorico.corriere.it/2009 ... 9112.shtml
Riporto una di queste lettere affinché ognuno si faccia un’idea della trovata giornalistica e delle condizioni sociali ed economiche di un secolo e mezzo fa. Per rendere reali le lettere concorreva la presenza di uno “scribente”, che aggiungeva le sue opinioni.
. . . . . . . . . . .
Il Bruzio, Giornale politico-letterario, a. 1 n. 45, 3 agosto 1864, pag. 2.
Accillenza Bruzio,
l’antico bene non si scorda mai. Mi trovo maestra di seta in Rossano, e ti scrivo per dirti che questa mattina è seguito un fracasso. I galantuomini correano per le vie in guanti bianchi, le milizie usciano dal quartiere in gran tenuta, le guardie nazionali galoppavano dietro un loro tamburo, ed i preti, finanche i preti, erano scappati dal coro. Che è? Che non è? Volli anche io saltar fuori, e pigiata dalla folla fui da questa trasportata verso una cosa , che si diceva un miracolo; ed era … vedi se puoi indovinarla…una fontana nuova che si è costruita, e che non dà altro che acqua! In Rossano veramente ci ha di molto olio, anzi è il paese dello olio, e lo chiamano ogghio; ma per quanto vi era abbondanza di ogghio, per altrettanto vi è penuria di acqua. Questa fontana è una bella cosa : ho bevuto dell’acqua, e l’ho trovata buona, e benedissi a coloro che han pensato a provvederne il paese. Il Sindaco fece un discorso. Io non ne capii nulla, perché parlava latino; ma perché vidi che tutti stavano a sentirlo a bocca aperta, e battettero le mani quando fu terminato, io pure volli fare qualche cosa, e gridai Bravo! Con quanto ne avea in gola. Non lo avessi mai fatto! All’accento fui riconosciuta per Cosentina, ed ecco subito una donna che avea la corporatura di una balena, mi dice con un’aria di superbia: guarda, guarda, Cosentinella: ne avete voi di quelle fontane in Cosenza? A questa domanda, Accillenza Bruzio, mi scese un velo agli occhi e le risposi: Eh! A che parlate voi altre di Cosenza, il cui nome prima di mettervi in bocca dovete pensarvi tre volte? Immagina che abbiamo la fontana di Paradiso, che a cuocere la minestra ti risparmia il sale, e te lo mette nella vescica; quella di Piazzetta, la quale di està caccia anguille, quella di Messere Andrea, onde fa capelli biondi chi gli ha neri; quella dei santi monaci di San Francesco di Assisi, per cui alle donne che vanno ad attingerla si produce un’idropsia di nove mesi. Ne vuoi più? Abbiamo quella del Pezzo, che manda fuori tanti ranocchini, che sono una grazia a vedersi, e nelle sere di està se li sentissi intuonare il rosario resteresti di stucco; abbiamo quella di S. Domenico, dove tutti i vermi della terra son venuti a dimorare, tosto che partirono i monaci, che avevano l’arte di levarli. Eh! Caro il mio bufalo (a lei dicendo, e non a voi, Accillenza Bruzio) basta in Cosenza dar del piede in terra per cacciarne acqua. Vero è si, che colà anche l’acqua si è rubata; e molti Signori se l’hanno a poco a poco deviata e chiusa in casa per lavarsi la tigna; ma ora il nostro Sindaco vi pensa; e poi, sotto la Prefettura è già per terminarsi tal fontana, che codesta vostra e mille come codeste vostre le dovranno fare di cappello. Capisci? E quando sarà finita, il nostro Sindaco non farà un discorso in latino, ma in bella poesia, chiara, armoniosa, intelligibile a tutti: e se questo non ti piace puoi darmi del naso dove, quando ero bambina, la mamma mi dava le palmatelle. Oh, Accillenza Bruzio! Io sono una cervellina; e se stando in Cosenza ne parlava male, ora che sono fuori ne dico miracoli, e se altri mi dà la baja mi sento di ficcargli due dita sotto la fronte, e cavargli gli occhi. Addio, Signorino, e dimmi se sia calato il prezzo dei pomidori, perché subito tornerò. Vi bacio la sacra,
Serva vostra,
Mariuzza Sbriffiti
Uno scrittore di Acri (Cosenza), Vincenzo Padula (25.3.1819 - 8.1.1893, un minore del secondo romanticismo italiano), nell’opera Il Bruzio, giornale politico-letterario, pubblicato a Cosenza ogni mercoledì e sabato dal 1 marzo 1864 al 28 luglio 1865, riportava le lettere (senza risposta) di una popolana cosentina, Mariuzza Sbriffiti, alle prese con i problemi di vita quotidiana, dopo l’Unità d’Italia.
Alla fine si scopre che Mariuzza Sbriffiti è un personaggio inventato di sana pianta dall’Autore per parlare dello stato della popolazione in Calabria.
Carlo Muscetta (*), nell’introduzione a Persone in Calabria di V. Padula, riferisce che Il Bruzio (ritenuta "Una battaglia liberale") "non era l’espressione di un gruppo politico, ma rappresentava principalmente le opinioni del suo direttore (Padula) che lo scriveva per intero … Nel manifesto del "Bruzio" squillavano sul bel principio le trombe del più assoluto fideismo illuminista nell’opinione e nel progresso…".
(*) http://archiviostorico.corriere.it/2009 ... 9112.shtml
Riporto una di queste lettere affinché ognuno si faccia un’idea della trovata giornalistica e delle condizioni sociali ed economiche di un secolo e mezzo fa. Per rendere reali le lettere concorreva la presenza di uno “scribente”, che aggiungeva le sue opinioni.
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Il Bruzio, Giornale politico-letterario, a. 1 n. 45, 3 agosto 1864, pag. 2.
Accillenza Bruzio,
l’antico bene non si scorda mai. Mi trovo maestra di seta in Rossano, e ti scrivo per dirti che questa mattina è seguito un fracasso. I galantuomini correano per le vie in guanti bianchi, le milizie usciano dal quartiere in gran tenuta, le guardie nazionali galoppavano dietro un loro tamburo, ed i preti, finanche i preti, erano scappati dal coro. Che è? Che non è? Volli anche io saltar fuori, e pigiata dalla folla fui da questa trasportata verso una cosa , che si diceva un miracolo; ed era … vedi se puoi indovinarla…una fontana nuova che si è costruita, e che non dà altro che acqua! In Rossano veramente ci ha di molto olio, anzi è il paese dello olio, e lo chiamano ogghio; ma per quanto vi era abbondanza di ogghio, per altrettanto vi è penuria di acqua. Questa fontana è una bella cosa : ho bevuto dell’acqua, e l’ho trovata buona, e benedissi a coloro che han pensato a provvederne il paese. Il Sindaco fece un discorso. Io non ne capii nulla, perché parlava latino; ma perché vidi che tutti stavano a sentirlo a bocca aperta, e battettero le mani quando fu terminato, io pure volli fare qualche cosa, e gridai Bravo! Con quanto ne avea in gola. Non lo avessi mai fatto! All’accento fui riconosciuta per Cosentina, ed ecco subito una donna che avea la corporatura di una balena, mi dice con un’aria di superbia: guarda, guarda, Cosentinella: ne avete voi di quelle fontane in Cosenza? A questa domanda, Accillenza Bruzio, mi scese un velo agli occhi e le risposi: Eh! A che parlate voi altre di Cosenza, il cui nome prima di mettervi in bocca dovete pensarvi tre volte? Immagina che abbiamo la fontana di Paradiso, che a cuocere la minestra ti risparmia il sale, e te lo mette nella vescica; quella di Piazzetta, la quale di està caccia anguille, quella di Messere Andrea, onde fa capelli biondi chi gli ha neri; quella dei santi monaci di San Francesco di Assisi, per cui alle donne che vanno ad attingerla si produce un’idropsia di nove mesi. Ne vuoi più? Abbiamo quella del Pezzo, che manda fuori tanti ranocchini, che sono una grazia a vedersi, e nelle sere di està se li sentissi intuonare il rosario resteresti di stucco; abbiamo quella di S. Domenico, dove tutti i vermi della terra son venuti a dimorare, tosto che partirono i monaci, che avevano l’arte di levarli. Eh! Caro il mio bufalo (a lei dicendo, e non a voi, Accillenza Bruzio) basta in Cosenza dar del piede in terra per cacciarne acqua. Vero è si, che colà anche l’acqua si è rubata; e molti Signori se l’hanno a poco a poco deviata e chiusa in casa per lavarsi la tigna; ma ora il nostro Sindaco vi pensa; e poi, sotto la Prefettura è già per terminarsi tal fontana, che codesta vostra e mille come codeste vostre le dovranno fare di cappello. Capisci? E quando sarà finita, il nostro Sindaco non farà un discorso in latino, ma in bella poesia, chiara, armoniosa, intelligibile a tutti: e se questo non ti piace puoi darmi del naso dove, quando ero bambina, la mamma mi dava le palmatelle. Oh, Accillenza Bruzio! Io sono una cervellina; e se stando in Cosenza ne parlava male, ora che sono fuori ne dico miracoli, e se altri mi dà la baja mi sento di ficcargli due dita sotto la fronte, e cavargli gli occhi. Addio, Signorino, e dimmi se sia calato il prezzo dei pomidori, perché subito tornerò. Vi bacio la sacra,
Serva vostra,
Mariuzza Sbriffiti